Coronavirus

Covid, "Brescia in terza ondata già da gennaio. Perché non è stata chiusa?"

di Arturo Artom e Roberto Battiston

Su Affari il duro j’accuse dell'imprenditore Arturo Artom e di Roberto Battiston, professore di Fisica Sperimentale presso l'Università di Trento

Da lunedì 1° marzo la Lombardia, come Piemonte e Marche, diventa nuovamente in zona arancione. La decisione del ministero della Salute si basa sulle indicazioni del comitato tecnico-scientifico, con riferimento ai dati del monitoraggio periodico dell’Istituto superiore di Sanità: una strategia in vigore ormai da cinque mesi che, a detta di molti, dovrebbe essere rivista e basata su due pilastri: la raccolta e l’analisi dei dati su base provinciale e una maggiore reattività all’andamento del valore dell’Rt, il cui andamento deve essere analizzato giornalmente.

A un anno dall’inizio della diffusione della pandemia nel nostro Paese, “reattività” dovrebbe essere la parola chiave per un cambio di passo nella gestione delle risposte alla diffusione del contagio, ancora caratterizzata dalle polemiche fra governo e regioni e dalla scarsa trasparenza sulla raccolta e sull’analisi dei dati. A questo riguardo ogni giorno in maniera trasparente e leggibile su www.robertobattiston.it sono pubblicati i grafici sull’Rt basati sul calcolo di un indice riproduttivo semplificato, derivato da un modello epidemico classico usando i dati pubblici della protezione civile e, applicato a diversi livelli territoriali, fino a raggiungere le province. Questa analisi è ora recepita  anche da AGENAS - Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali, nell’ ambito di  un collaborazione con l’ Osservatorio del dato epidemiologico dell’ Università di Trento,  tesa a supportare la gestione delle risorse sanitarie territoriali sfruttando i dati  pubblici  sul COVID.

Riteniamo che l’analisi quotidiana dei dati di contagio, nella forma più efficace anche da un punto di vista comunicativo,  debba essere un fattore fondamentale a disposizione di tutti i cittadini a partire, a maggior ragione, del Governo e del Premier,  come primo dato la mattina ed ultimo la sera. Tutti dobbiamo essere informati sull'andamento tendenziale dell’epidemia, con un dettaglio che deve passare dal livello regionale a quello provinciale, e, ove possibile, a quello comunale. L’analisi, inoltre, deve essere condotta in modo tale da rendere semplice ed efficace la lettura della situazione attuale e della sua evoluzione a livello locale, attraverso il ricorso a grafici che mostrino l’andamento del contagio nei territori più a rischio, consentendo la massima tempestività e la massima localizzazione delle risposte.  

Evidentemente questo ad oggi non è successo o è successo in modo molto parziale. Prendendo, per esempio, in esame il grafico dell’andamento giornaliero dell’Rt in Lombardia, emerge chiaramente, fin da gennaio,  una sistematica permanenza dell’ indice su valori maggiori di 1 e, corrispondentemente,  una crescita del  numero degli infetti attivi  nelle Provincie di Bergamo e Brescia. Impressiona in modo particolare il caso della Provincia di Brescia ed  il fatto che solamente tre giorni fa si sia deciso di attivare una zona arancione a Brescia quando la tendenza verso l’attuale esplosione del contagio, era evidente  anche dopo la stretta di capodanno. Guardiamo insieme il grafico: a Brescia la terza ondata era chiara ed evidente da Dicembre, la curva degli infetti (punti rossi) cambia pendenza ed inizia a crescere in  maniera impressionante già da Capodanno, in un corrispondenza di un netto salto in Rt che poi si è mantenuto sopra 1, in controtendenza con l’ andamento regionale.  Perché la decisione di chiudere non è stata presa almeno tre-quattro settimane prima, anzi si è seguita tranquillamente la sequenza di passaggi dal rosso al giallo come per il resto della Lombardia, peggiorando così la situazione? Ogni giorno di ritardo nell’adozione di misure contenitive sul territorio consente alle persone di entrare uscire dalla provincia, permette contatti personali per lavoro, nei bar e nei ristoranti, con un rischio non confinato entro la stessa provincia ma potenzialmente esteso alla popolazione dell’intera regione: questo è proprio quello che è successo in Lombardia, che ora paga le conseguenze di una colpevole mancata chiusura di Brescia e di altre aree in cui fino a ieri si poteva entrare ed uscire liberamente e non erano adottate alcune restrizioni.

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Prendendo poi in considerazione l’intero territorio nazionale, possiamo dire che ci sono almeno 10-15 province i cui dati, da giorni, evidenziano una  crescita marcata dell’ epidemia. Per aumentare la capacità di reazione di fronte a tali situazioni, dovrebbero essere resi disponibili quotidianamente all’opinione pubblica non solo i numeri assoluti, che spesso  impressionano ma spesso non aiutano a capire,  ma anche i grafici tendenziali dei parametri  che possono fornire la necessaria visione di insieme che permette di capire il fenomeno epidemico separandolo dalle fluttuazioni casuali. Questo tipo di analisi  aiuterebbe i governatori nel valutare decisioni tempestive, localizzate su specifiche aree. Il  governo dovrebbe, inoltre,  basare le proprie decisioni su strumenti di analisi che  possano tempestivamente mostrare in maniera chiara ed efficace l'andamento tendenziale del contagio a livello provinciale, adottando principi di valutazione omogenei a quelli regionali: non si capisce infatti come sia stato possibile chiudere tempestivamente alcuni comuni che presentavano un alto numero di varianti, mentre non siamo stati in grado di chiudere una provincia che presenta dati allarmanti da settimane.

Riassumendo, l’analisi quotidiana dei contagi con dettaglio a livello provinciale, unita a una maggiore omogeneità di valutazione e a una maggiore rapidità di reazione a livello regionale e centrale è a nostro modo di vedere un elemento imprescindibile per contrastare la diffusione del contagio nei prossimi mesi, in attesa che finalmente la campagna vaccinale possa dispiegare i suoi effetti.