Coronavirus

Covid, il 18 marzo e quei morti bruciati a Bergamo: i dubbi sulle cremazioni

l'opinione di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

Da Antigone noi occidentali ci prendiamo cura dei defunti, ci son voluti Conte e Speranza per abrogare con atti amministrativi il rispetto dovuto ai cadaveri

Un anno fa a Bergamo una fila di automezzi dell’esercito trasportava i primi morti verso il forno crematorio. Era il 18 marzo e quella scena commosse il mondo, monatti – non più turpi ma gentili – trasportavano i cadaveri non più al Lazzaretto ma verso l’inceneritore, fuori regione. Non ci sono più posti nei cimiteri, quindi cremiamoli: senza l’ultimo saluto, senza l’ultimo occhio d’un figlio o d’una madre e senza un conforto religioso. Già, anche le Chiese erano chiuse. I supermercati aperti con file kilometriche all’esterno, Chiese chiuse. Abbiamo assistito anche a questo, alla fine della piètas. È dai tempi di Antigone che noi occidentali ci prendiamo cura dei defunti, soprattutto durante guerre e pestilenze, ma ci son voluti Conte e Speranza per abrogare con atti amministrativi il rispetto che si deve ai cadaveri.

Fino ai primi di aprile la cremazione era stata “suggerita” dal governo non solo per contenere le capienze cimiteriali ma anche per evitare nuovi contagi, quindi furono raccolte regolarmente - così si dice - le autorizzazioni dei famigliari per la pratica crematoria. La Legge n. 130/2001 prevede che la cremazione è lecita solo per atto di volontà del defunto (non necessariamente scritta ma anche espressa oralmente ai propri familiari) ovvero su decisione del coniuge, o, in difetto, dei parenti più prossimi. Possibile che tutti, ma proprio tutti, abbiano espresso regolarmente una tale autorizzazione?

In realtà nessuno ha voluto fare luce su questa vicenda, servirebbe infatti che i parenti delle vittime - o chiunque abbia un interesse ad agire – la presentazione di una istanza di accesso agli atti di cui alla Legge n. 15/2005. Ci ha provato una volta una farmacista bergamasca, ma poi non si è saputo più nulla. La verità è che il governo ha voluto in questo modo evitare le autopsie, dalle quali sarebbero emerse non solo le reali ragioni dei decessi (magari non tutti a causa della Covid-19) ma soprattutto i farmaci somministrati e il modus operandi delle prime settimane. “