Coronavirus
Covid, pure Crisanti attacca il Cts: “La pandemia l'hanno vista solo in Tv"
Crisanti contro il Cts: "Non sono mai state prese in considerazione quelle persone che hanno affrontato la pandemia sul campo"
"La pandemia l'hanno vista solo in televisione", è l'accusa mossa da Andrea Crisanti agli scienziati del Comitato tecnico-scientifico, nella trasmissione di La7 Di Martedì. "I tecnici - ha detto - che hanno preso le decisioni, la pandemia l'hanno vista solo in televisione. Non sono mai state prese in considerazione (per far parte del comitato ndr) quelle persone che hanno affrontato la pandemia sul campo". Crisanti, che nella prima parte dell'epidemia ha affiancato il presidente di Regione Veneto Luca Zaia, ha ribadito come oggi il Paese paghi "scelte non prese nel mese di ottobre", e che, con un lockdown duro a Natale, oggi le piste da sci sarebbero aperte. Crisanti ha anche fatto notare come la task force che ha affiancato il governo è stata composta solo da "tecnici provenienti dall'apparato statale" e non da fuori. "Non ci si può lamentare se gli accademici che stanno in prima linea dicono 'ma che state a fa?", è la battuta dello studioso romano.
Quanto alle parole del consigliere del ministro Roberto Speranza, Walter Ricciardi, Crisanti sostiene che derivino da "frustrazione", perchè certe cose andavano fatte prima". Il riferimento è all'auspicio di un "locwdown totale" manifestato pubblicamente da Ricciardi.
Perché si parla di lockdown in Italia? “Credo sia dovuto all'ultima analisi Iss sulla variante inglese, che ha una capacità di trasmissibilità elevatissima: in Inghilterra sono passati da 10mila a 60mila in tre settimane". Se mi aspetto un aumento notevole dei contagiati viste queste premesse? Si, nelle prossime due o tre settimane, a meno che non si adottino misure di contenimento. Se rimaniamo con le zone gialle e si fanno addirittura bianche e riapriamo tutto potremo tranquillamente arrivare a 30/40mila casi entro metà marzo”.
Così risponde a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, il professore all'Università di Padova Crisanti. Se questo si verificasse si tornerebbe alle zone rosse: “Bisogna anticiparlo, altrimenti ci sarà un prezzo da pagare”. Le zone rosse sono però molto distanti dal lockdown che abbiamo vissuto lo scorso marzo. “Le zone rosse possono funzionare ma se abbiamo dei focolai con variante brasiliana e sudafricana questo tipo di zona non può bastare: bisogna chiudere”.
Con un lockdown totale? “In quelle zone – ha spiegato Crisanti a Rai Radio1 – servono misure draconiane, perché se si diffondono queste varianti abbiamo eliminato l'arma che abbiamo, il vaccino”. Il vaccino su queste due varianti non serve? “Sono molto meno efficaci”. E cosa consiglia di fare allora? “Una doppia strategia, di medio contenimento con zone arancioni e zone rosse, le quali potrebbero andare bene in determinate situazioni. Ma dove c'è la variante brasiliana bisogna bloccare tutto ed impedirgli di diffondersi”. In Italia sono presenti queste due varianti? “In Italia ci sono un paio di focolai, in Umbria e in Abruzzo, in questi casi - ha concluso il medico a Un Giorno da Pecora – bisogna chiudere tutto, fare un lockdown chirurgico".