Coronavirus

Covid, quanto siamo immuni? Lo si può sapere con un semplice test del sangue

di Antonio Amorosi

Un gruppo di ricercatori a livello internazionale ha sviluppato un test rapido per misurare l'immunità al COVID-19 e capire cosa fare prima di...

Immuni al Covid? Ecco chi lo è e come si può capirlo. Il test dqTACT

 

Dalle analisi del sangue potremo presto sapere se siamo immuni al COVID-19. E lo capiremo in 24 ore, con costi davvero limitati.

Dei ricercatori, primi firmatari del Dipartimento di Scienze Oncologiche dell’ospedale Mount Sinai di New York e della Duke-NUS Medical School di Singapore (ma ci sono scienziati da ogni parte del mondo, compresa l’Italia) hanno creato un test per verificare la risposta delle cellule T al COVID-19. Questo perché quando il virus entra nel corpo per infezione o si è fatta una vaccinazione l’organismo fa due cose: la prima è creare anticorpi, come parte dell'immunità umorale, e la seconda è attivare un tipo di globuli bianchi chiamati cellule T che funzionano per fermare il virus, cioè dal farlo diventare “troppo aggressivo” e arrivare ad esiti gravi o addirittura alla morte.

I linfociti T, che sono prodotti per combattere i virus, possono rimanere presenti nel corpo per anni e quindi molto più a lungo degli anticorpi, il che li rende un migliore indicatore a lungo termine dell'immunità della persona.

La ricerca è stata pubblicata qualche giorno fa su Nature Biotechnology. Ora il dqTACT, questo il nome del test specifico del sangue, per finire sul mercato verrà sottoposto all’approvazione dall’FDA degli USA nei prossimi mesi. Verrà poi probabilmente sottoposto ad altri enti, come l’EMA e quelli nazionali.

"Anche se qualcuno viene infettato”, ha dichiarato ai giornalisti del gruppo Changing America del giornale USA The Hill Ernesto Guccione, tra i ricercatori coinvolti e professore di scienze oncologiche e farmacologiche al The Tisch Cancer del Mount Sinai, “fintanto che esiste una solida immunità secondaria, queste persone elimineranno il virus entro pochi giorni o una settimana e poi continueranno a vivere la loro vita".

Per i ricercatori il test potrebbe aiutare a capire meglio il rischio di una persona di contrarre l'infezione e la frequenza con la quale soprattutto le persone immunocompromesse possano avere effetti.

Il test ovviamente funziona anche con le varianti perché le cellule T si attivano sempre negli esseri umani che non hanno disfuzioni particolari. E’ una scoperta importante perché prima di questo studio la misurazione delle risposte dei linfociti T era stata eseguita raramente a causa dei costi elevati e dei problemi tecnici associati.

“Queste cellule T”, ha spiegato sempre Guccione, “hanno un ruolo importante nella protezione dai ceppi mutanti emergenti, quindi potremmo immediatamente misurare l'impatto che le mutazioni virali potrebbero avere sull'immunità cellulare".

Lo studio è stato condotto utilizzando i servizi diagnostici del laboratorio di Synlab di Castenedolo in provincia di Brescia e quelli della Hyris System TM (britannici) e con la tecnologia qPCR sempre di Hyris.