Costume

Da nemici pubblici a star su youtube, la nuova vita dei gangster americani

Di Davide Frigoli

Negli Usa diversi ex detenuti sono diventanti influencer di primo livello e stanno accumulando milioni di fan online oltre a guadagnare milioni di dollari

Da pericoli pubblici a star su youtube, la nuova vita dei gangster americani

"Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione".

Il famoso adagio di Voltaire è senza tempo e torna di grande attualità in questi giorni d'emergenza che hanno visto riemergere la questione irrisolta del sovraffollamento delle prigioni.

L'emergenza, iniziata a fronte degli episodi di rivolta in numerose carceri per protestare contro il blocco delle visite parentali, proseguita con la messa in atto delle misure per diminuire la popolazione carceraria alfine di scongiurare una bomba epidemiologica negli istituti, è culminata ora con la bufera abbattutasi sul ministro Bonafede in seguito alle scarcerazioni di detenuti eccellenti e boss mafiosi e alle dichiarazioni choc del magistrato Di Matteo sulle nomine del Dap.

Il Centrodestra ha chiesto le dimissioni di Bonafede, che nei prossimi giorni potrebbe difendersi in Parlamento dalla mozione di sfiducia individuale e presentare un nuovo decreto.

Intervistato da RaiRadio3 a "Tutta la città ne parla" Giovanni Maria Flick, Ministro di grazia e giustizia del governo Prodi I, intravede il rischio di un nuovo scontro tra governo e corte costituzionale per questo susseguirsi di decreti che potrebbe rappresentare una grave interferenza del governo nelle decisioni della magistratura: “No a qualsiasi provvedimento d'interferenza del governo nelle decisioni della magistratura, che lederebbe il sistema democratico”. “Il problema del sovraffolamento delle strutture di detenzione non può essere risolto con questo clima”.

Sulle stesso piano il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella che, in una nota pubblicata sul sito dell'associazione a proposito delle scarcerazioni denuncia l'errata direzione con la quale si sta affrontando il problema: "Si sta creando un polverone strumentale e inaccettabile. La magistratura di sorveglianza deve poter svolgere il proprio lavoro in modo indipendente applicando la legge."

Errata direzione e clima sbagliato, parlare di carcere non è facile, è un terreno insidioso, sopratutto è difficile parlarne positivamente e costruttivamente, lo dimostra il modo in cui è circolata la notizia dei boss scarcerati, amplificata in maniera "isterica" come sottolinea, sempre sullo speciale di RadioTre dedicato all'argomento, Salvatore Lupo, uno dei più quotati studiosi della mafia in ambito italiano, autore di numerose pubblicazioni sul fenomeno criminoso e di storia contemporanea: "bisogna evitare atteggiamenti vendicativi", specifica Lupo, "la rissa, invereconnda, di cui hanno dato spettacolo in questi giorni politici e media non ci porta sulla strada giusta".

Ma qual è la strada giusta per parlare di carcere? Un primo passo sarebbe lasciare spazio per parlare a chi il carcere lo vive tutti i giorni e non si parla solo di detenuti, perchè l'universo carcerario non è composto solo da criminali ma da operatori, guardie, garanti, familiari e tra questi, purtroppo, anche bambini.

Non è passato molto tempo dalla tragedia del carcere di Rebibbia del 2018, quando una ristretta detenuta insieme ai suoi figli, in un estremo atto di disperazione, ha tolto la vita a uno di loro gettandolo dalla tromba delle scale.

Il carcere, come è scritto nella Costituzione, deve tendere alla rieducazione e al reinserimento e, in uno stato democratico, è dovere di tutta la collettività impedire che rimanga una discarica sociale che rende impossibile rientrare nella società.

Rientrare nella società è uno degli aspetti piu difficili e delicati dell'esperienza carceraria ma non sempre le cose vanno male, non sempre tra la società e i detenuti, le persone rimaste indietro, i diversi, si alza quel muro invisibile di cui parlava Sartre.

Un esempio di come sopravvivere al carcere (e alla retorica su di esso) sia fuori che dentro le mura arriva dagli Usa, e può essere utile in questo periodo per riflettere su come media, editoria 2.0, problema carcerario, detenuti e opinione pubblica possano convivere positivamente e fare del bene. Ne ha parlato nell'ultimo numero Carte Bollate, il giornale redatto all'interno del carcere di Bollate.

Negli Stati Uniti che "vantano" la popolazione carceraria più numerosa al mondo infatti, diversi jail birds (la parola in slang che identifica gli ex detenuti) sono diventanti influencer di primo livello e stanno accumulando milioni di fan online oltre a guadagnare milioni di dollari.

Con 1,32 milioni di abbonati, uno di questi canali youtube “After Prison Show”, è stato avviato tre anni fa dall'ex detenuto Joe Guerrero dopo aver scontato sette anni per possesso di cocaina e armi da fuoco.

Guerrero, nell'approfondimento a lui dedicato dal New York Post, afferma che fare lo youtuber ora è il suo lavoro a tempo pieno, che gli fa guadagnare "un reddito a sei cifre".

A differenza dei documentari che affrontano i tassi di detenzione o le questioni di giustizia sociale, questi popolari spettacoli carcerari su YouTube discutono senza tabù su tutto ciò che avresti voluto sapere sul carcere ma non hai mai osato chiedere e sono prova dell'interesse positivo della società verso la realtà carceraria.

Il canale "Lockdown 23&1", che ha 471.000 abbonati, ha toccato domande che potremmo definire veri e propri evergreen tra cui "Cosa succede dopo che le luci si spengono?" e l'immancabile cliché: "Cosa succede quando qualcuno fa cadere il sapone nella doccia?" .

Il canale "Fresh Out- Life After The Penitentiary" ha un segmento chiamato "Prison Talk" con video popolari su come entrare in una banda in prigione, con 3,6 milioni di visualizzazioni e il pericolo di essere bassi e magri in prigione, con 3,7 milioni di visualizzazioni.

I video sono stati mostrati nelle aule dei college americani che studiano la giustizia penale e sono stati usati come materiale per la formazione delle guardie carcerarie a riprova del fatto che il carcere può e deve avere una missione rieducativa, a beneficio non solo dei detenuti, ma di tutta la società.