Costume
Funky Tomato, a Scampìa uno spaccio di pomodoro sui terreni della camorra
L'oro rosso diventa l'alimento del riscatto del quartiere napoletano di Gomorra. Grazie all'azienda "La Fiammante" viene trasformato e conservato in barattolo
Il pomodoro, simbolo dello sfruttamento del lavoro bracciantile in agricoltura, diventa l'alimento del riscatto di Scampia, quartiere periferico della città di Napoli noto per lo spaccio della droga, grazie al progetto Funky Tomato project che prende il via con la firma di un contratto di rete tra Funky Tomato Project, Cooperativa (R)esistenza, La Fiammante e Storytelling Meridiano.
In un lotto di via Ghisleri, dove un tempo agivano contemporaneamente venticinque piazze di spaccio, viene infatti istituita la sede logistica e distributiva di Funky Tomato, il pomodoro coltivato nel primo bene agricolo confiscato alla camorra, il Fondo Rustico “Amato Lamberti”, che, grazie alla presenza de La Fiammante, viene trasformato e messo in barattolo in maniera organizzata e strutturata.
I proventi della vendita serviranno a promuovere, anche attraverso la nascita di una piattaforma editoriale, la cultura di una filiera agricola sana che garantisca dignità del lavoro.
“Scampia volta pagina. Finalmente cominciamo a ragionare in termini di economia sociale”. Così Ciro Corona della cooperativa (R)esistenza che gestisce il primo bene agricolo confiscato della città di Napoli, il Fondo Rustico “Amato Lamberti”, commenta la firma dell’iniziativa. “Qui oggi -prosegue Corona- si comincia a creare un'alternativa lavorativa per chi prima si dedicava allo spaccio. Si comincia a dire alle persone: non vi diamo i guadagni storici della camorra, ma vi diamo un lavoro onesto. Scampia non è più il quartiere di Gomorra”.
E Paolo Russo, coordinatore di Funky Tomato, aggiunge: “Stiamo sviluppando un processo di reinserimento lavorativo per i detenuti del carcere di Secondigliano affidati a cooperativa (R)esistenza”. Un processo reso possibile grazie all'interessamento dell'imprenditore Francesco Francese, amministratore delegato de La Fiammante, un’azienda che dal 2011 sostiene una filiera etica che dica no al caporalato attraverso l'organizzazione Produttiva Mediterraneo: “Rinunciamo a una parte dei nostri margini per lasciare qualcosa al territorio. Un'impresa deve sì produrre utili ma ha anche il dovere di favorire la crescita e lo sviluppo della regione in cui opera. Noi sentiamo questa responsabilità sociale e siamo convinti che questa possa essere una grande occasione di recupero per i ragazzi di Scampia che hanno avuto problemi con la giustizia e auspicano oggi un reinserimento del mondo del lavoro”.
“E’ la prima volta che la cultura -aggiunge Francesco Martusciello di Storytelling Meridiano- viene finanziata dal cibo stesso di cui deve narrare . La nostra volontà è quella di realizzare una contronarrazione del cibo sui territori campani e del sud che sono troppo bistrattati da pregiudizi che non hanno ragione d'essere”.
A tenere a battesimo lo spaccio sano di Scampia anche il pizzaiolo Gino Sorbillo e il cibosofo Federico Valicenti.