Il futuro dell’Italia? Parla l’imprenditore Martino de Rosa
Una carriera tra resort di lusso, holding ed enogastronomia
Di Chiara Giacobelli
Castiglione della Pescaia – Martino de Rosa si ricava qualche minuto di pausa nel verde dell’Andana Resort, un cinque stelle meraviglioso realizzato in una villa un tempo appartenuta al Granduca di Toscana Leopoldo II. È stato lui stesso a ridargli vita insieme alla moglie Carmen Moretti e al celebre Chef Alain Ducasse, eppure questa è solo una delle sue imprese ardite che hanno avuto successo.
Dopo anni alla guida prima di Contadi Castaldi, poi tra i vertici di Terra Moretti e in prima fila nella scena imprenditoriale con la società genovese Wiish, de Rosa ha infine deciso di dedicarsi quasi esclusivamente a ciò che più di tutto lo appassiona: l’enogastronomia e la ricezione turistica made in Italy. Così, oltre all’Andana è impegnato all’Albereta, in provincia di Brescia, e recentemente ha fondato la società AtCarmen.
In realtà il suo curriculum professionale va ben al di là di queste poche righe e servirebbero pagine intere per dare un’idea del suo eclettismo sempre vincente, ma tanto basti per comprendere quanto la sua voce sia influente nel panorama italiano attuale, in questi giorni non troppo stabile. Eppure, de Rosa è fiducioso e vede un grande potenziale ancora inespresso in questo nostro Paese in apparenza sull’orlo del baratro. Affari Italiani lo ha intervistato per proporre una voce autorevole in materia.
Giorni difficili per l’Italia, che si ripercuotono inevitabilmente nell’economia e nell’imprenditoria. Lasciando da parte la politica, qual è secondo lei la chiave per risollevarsi, con particolare attenzione all’enogastronomia e alla ricezione turistica, pilastri nel Pil del nostro Paese?
“Io penso che la chiave del successo stia nel riuscire a risolvere le criticità attuali. Dal mio punto di vista abbiamo ancora un margine di crescita enorme, specie nel settore del made in Italy e dell’enogastronomia, poiché il percepito è molto superiore al realizzato. Quali sono queste criticità? La prima sta nel parlarsi troppo addosso e nel compiacersi eccessivamente, soprattutto se si tratta di cucina, marchi vitivinicoli, alberghi e resort. In generale bisognerebbe chiacchierare meno e fare di più. La seconda sta nel fatto di avere tantissimi piccoli/medi imprenditori di ottima qualità, che però non fanno rete tra loro. Ciò determina un management più debole rispetto ad altri Paesi, con una conseguente impossibilità di creare grandi catene e dunque fatturati più alti”
La soluzione sarebbe quindi seguire un modello estero, dando vita a delle realtà più complete e strutturate?
“Esattamente. Provi a immaginare un’attività in cui le eccellenze di vari settori si uniscano tra loro: finanza, development, gastronomia, marketing ecc; tutto cambierebbe. È fondamentale riuscire a costruire dei concept che siano replicabili e anche esportabili all’estero, creando un vero e proprio sistema italiano di investimenti, logistica, profitti, relazioni, stampa, opportunità. Per fare questo ci vogliono volontà e organizzazione”
Come mai l’Italia è così indietro in ciò?
“Perché non fa parte del nostro background culturale e della storia stessa del Paese. Da sempre ci reggiamo su realtà piccole di cui solo una minima percentuale riesce a raggiungere alte vette; non siamo abituati all’idea del sistema e dell’azienda organica o della maison, come ad esempio accade in Francia per lo Champagne. Abbiamo i prodotti migliori del mondo, ma non siamo mai stati forti nella distribuzione. L’Italia è un luogo bellissimo con grandi potenzialità, purtroppo fortemente segnato da una storia di divisioni e accesi contrasti da nord a sud, come pure tra vicini di casa”
È ottimista in merito alla ripresa del nostro Paese?
“Lo sono perché è proprio in questa direzione che ci porteranno i mercati, nonché la mentalità delle nuove generazioni, abituate a viaggiare e a toccare con mano modelli diversi dal nostro. Alla fine dei conti penso che come sempre sarà la convenienza a cambiare le cose: questo i giovani lo capiscono già ben al di là delle leggi di economia e finanza, ormai abituati a un concetto di entertainment che prevede appunto la fusione di molteplici esperienze in proposte commerciali e turistiche più ampie, articolate. La mia idea è che presto o tardi tutto ciò succederà, poiché il mercato vince sempre”
Essendo sempre stato un innovativo, qual è la sua personale sfida per i prossimi anni?
“Devo ammettere che ho imparato a conoscermi un po’ tardi e quindi sto vivendo meglio da poco tempo. La mia vocazione è occuparmi di turismo e di enogastronomia, ho un paio di progetti interessanti per le mani, ma di base in questo momento sono concentratissimo sugli Stati Uniti. Il mio obiettivo è quello di portare AtCarmen al di là dell’oceano, gestendo e sviluppando una realtà legata all’enogastronomia e all’agroalimentare in America. La sede sarà a Miami, sebbene viaggerò molto. In tutta sincerità non vedo l’ora di iniziare!”
Per maggiori informazioni: www.albereta.it