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Povia, tra nostalgia e rabbia. Il nuovo disco “Imperfetto” fa discutere

"Ho concepito “IMPERFETTO” per sentirmi vivo e non crollare. L’Italia che rievoco, malgrado i difetti, funzionava. Quella di oggi NO! Ho perso mio padre. Un dolore straziante. Era buono, pieno di ironia e pazienza, un Santo.Sono spariti i cantautori, non possono tradire il partito, sono prigionieri. Io no, sono libero.Mi piacerebbe vedere gente intelligente come Fazio criticare anche il PD e non sempre i soliti, che noia…Ho perso quasi un centinaio di concerti. Vi prego, Sostenete la musica indipendente e autoprodotta!"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Povia, il nuovo disco "Imperfetto" 

Dopo aver incantato e fatto emozionare (nonché discutere) il grande pubblico con brani celebri portati al Festival della Canzone Italiana a Sanremo quali “I bambini fanno ooh…” (2005, presentata fuori concorso), “Vorrei avere il becco” (2006, Vincitrice nella categoria “Uomini” e nella classifica finale), “Luca era gay” (2008, 2° classificata) e “La Verità” (2010, 10° posto tra i big), quest’ultima ispirata alla vicenda di Eluana Englaro, il quarantottenne Giuseppe Povia – 7 dischi di platino, Leone d’argento alla carriera, premio sala stampa RadioTv nella città dei fiori, premio Mogol e premio Confindustria cultura ai Music Awards – ci parla del suo nuovo disco “Imperfetto”, opera composta da 12 brani interamente concepita durante l’anno di lockdown.

Il cantautore milanese, dal talento indiscusso, come spesso accaduto in passato, anche nell’ultimo sforzo poetico-musicale affronta tematiche sociali alquanto delicate, attuali e – talvolta – non propriamente condivise da una certa parte politica e dalla critica di settore. Ma egli va avanti lo stesso, senza curarsi troppo delle conseguenze. Dopo aver perso l’amato papà pochi giorni orsono (che Povia non esita a definire il suo Mito), e in un momento così sofferto per la categoria, l’artista lancia un appello forte alle istituzioni che suona di grido di disperazione affinchè i governanti si diano una svegliata per aiutare tutti coloro i quali, oggi, non hanno di che vivere.

Nell’album si respira aria di nostalgia, voglia di ricredere in una Nazione grande com’era negli anni Ottanta, desiderio di tornare ad una quotidianità “normale”, serena, attualmente, al di là della pandemia, perduta tra dolori personali e oblio collettivo. Parole come Padri, figli, Nonni, Patria, dignità, Italia, riecheggiano nel pentagramma di Povia, il quale “chiede” espressamente alle nuove generazioni di rammemora le stagioni in cui la loro “terra natia”, in piena Lira e tra le potenze d’Europea, aveva il coraggio di dire anche di no, sia ai propri figli che al mondo, mentre oggidì le aziende crollano, i suicidi aumentano, la disoccupazione galoppa, il regime delle banche imperversa, le tasse asfissiano e i “vincoli” sono parte integrante di un’era che ha lasciato alle spalle la cruda ma autentica vita REALE per rinchiudersi nel plastico, illusorio e chimerico scudo del web. “Imperfetto” è - in parte - il racconto di un Paese immenso che non “abbassava né lo sguardo né la guardia e che aveva un grande coraggio”.

Tracce dai nomi emblematici quali “Torneremo Italia”, “Fanculo debito”, “Tutto cambierà”, “Brutto Sogno”, “Dito medio”, “Immigrazìa” (dal sound sprint) e una sorta di “aggiornamento” di Bella ciao, alias “Italia ciao”, un singolo ove si ravvisano chiari riferimenti ai soprusi dell’establishment economico/finanziario d’oltralpe (tedesco in primis) considerati dal cantante, senza mezzi termini, hitleriani in giacca e cravatta che ci bacchettano da Bruxelles. E se c’è un valore che non è mai mancata nell’animo di questo eccellente autore, quello è la sincerità, dono rarissimo nel viziato e opaco universo della musica “nostrana”, spesso inquinato dalla viltà, dall’opportunismo e da un finto moralismo quasi sempre a senso unico.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Povia, l'intervista al cantautore milanese  

D. Povia, lei è consapevole del fatto che nel suo “mondo” se non si è “politicamente corretti” e/o allineati a “certi” cliché la vita si fa dura? Non le converrebbe abbozzare un po’? 

R. Il concetto “politicamente corretto” dovrebbe voler dire aiutare il popolo a capire cosa funziona e cosa no e sarebbe compito dei giornalisti. Se passa solo il messaggio che fa comodo, che politicamente corretto è? Molte volte autori o addetti ai lavori mi dicono “chi te lo fa fare? Perchè non canti solo cose tranquille?”. La risposta è sempre la stessa: se l’arte è libera espressione deve avere sempre il suo spazio altrimenti è vincolata. Mi piacerebbe vedere gente intelligente come Fazio criticare anche il PD e non sempre i soliti, che noia…  

D. Chitarra, suo “vecchio” amore. Se la ricorda la prima esperienza o la “suonata” d’esordio in pubblico?

R. Me la ricordo benissimo. Come dimenticarsela. Avevo 15 anni, in spiaggia ad agosto di sera. Dopo un’ora si erano formate le coppiette e io sono rimasto solo come uno sfigato. 

D. E poi arrivano i 7 dischi di platino, le 20 settimane in cima alla classifica, “I bambini fanno “ooh…”, “Luca era gay”, e “Vorrei avere il becco”, quest’ultima vincitrice del Festival di Sanremo 2006. Quale dei 3 brani le ha dato più soddisfazioni sia a livello personale che di critica? 

R. Direi tutti con una storia diversa. C’è stata anche "La Verità", Sanremo 2010 ispirata alla storia di Eluana Englaro. Ha emozionato tutti i miei sostenitori al pari delle altre. Quando sono riuscito ad avere un po’ di spazio mi sono fatto notare bene e ho raggiunto dei numeri pazzeschi.    

D. E’ uscito in questi giorni il suo ultimo disco “IMPERFETTO”, concepito interamente nell’anno di pandemia. Lavoro impegnativo sotto il profilo morale e professionale? 

R. L’ho fatto in cantina con tutti i rimbombi e le difficoltà. E' stato difficilissimo mixarlo e trovare dei compromessi tecnici di suono ma sono così soddisfatto che i prossimi dischi li farò sempre da solo. È un progetto che ho cominciato per scherzo durante il primo lockdown, per sentirmi vivo e non andare in depressione.

D. Ascoltare “IMPERFETTO” è come fare un tuffo nel passato, nei cosiddetti “anni d’oro” che lei spesso ama ricordare. Periodi in cui testuale “i padri erano duri, i figli duri”, a differenza di adesso, che definisce “molli”. Una poesia che è nostalgia pura, straordinariamente vintage e assolutamente condivisibile. C’è un brano trai i 12 al quale è più attaccato rispetto agli altri? 

R. Si si, Ce ne sono due. “Torneremo Italia” per i ricordi e “Italia ciao” per l’opposto, ovvero per dove siamo finiti. “Torneremo Italia" racconta questo Paese negli anni 70/80/90 che malgrado i difetti, funzionava. Eravamo una potenza in crescita, non c’era una politica basata solo sul consenso o sui like ma anche sulla capacità. Avevamo il controllo del sistema monetario, è ovvio che ci indebitavamo con noi stessi. Se la gente sapesse che il debito pubblico sono i soldi che abbiamo in tasca smetterebbe di credere alle scemenze. Anche dopo il 1981 quando Banca e Stato divorziarono, le cose restavano sempre in casa. Era l’Italia che non piaceva ai tedeschi mica altro.  

D. A proposito di genitori e anni Ottanta. Qualche giorno fa è venuto a mancare il suo. Abbiamo visto sui social la foto di lei in braccio a suo papà. Chi era Povia senior e che uomo è stato?

R. Mio papà è stato il mio mito e lo è ancora. Era buono, pieno di ironia e pazienza, secondo me era un Santo. Sapere che non c’è più è un gran dolore ma lui aveva previsto anche questo, perciò mi ha trasmesso la fede in Dio, per essere più sereno sapendo che vive la vita eterna. E poi era interista, come potevo non amarlo?   

D. Tornando ad “IMPERFETTO”, i brani “Fanculo il debito”, “Dito medio”, “Italia ciao” e soprattutto “Immigrazìa” vertono su temi sociali molto delicati e di sicura attualità. Poteri europei (lei dice“Hitleriani” addirittura), piaga dell’immigrazione intesa come flusso di clandestini irregolari e debito pubblico, con esso la mancata assistenza da parte dello Stato ai ceti meno abbienti, e la Cina, rea, a suo avviso, di aver distrutto l’economia mondiale, italiana compresa. “Immigrazìa”, tra l’altro, ha anche un bel sound. Temi a lei molto cari da tempo. Ce ne vuole parlare?

R. Avete una settimana? Tutto si può racchiudere in una parola: Brexit. Un grande economista, credo fosse Galbraith, diceva: “segui inglesi e finanza e capirai il futuro dei prossimi 20 anni”. La Gb ha attuato la Brexit in prevalenza per l’immigrazione, perchè alla fine è vero che i flussi arrivano in Italia e in Spagna, che sono le spiagge d’Europa, ma poi si rendono conto subito che non c’è lavoro e l’economia è in decrescita da decenni, quindi proseguono a nord finendo per lo più in Gb dove c’è vita e crescita. Per noi non basta un Italexit, ci vorrebbe una UExit. Io amo l’Europa, perchè vincolarla e rovinarla come stanno facendo? Le canzoni del disco parlano soprattutto di questo, cioè di sanità mentale e libertà. La Cina? Ha fatto un bel casino, mica lo dico io. 

D. Povia, nel suo settore c’è solidarietà per queste tematiche? Mi spiego meglio. Quanti dei suoi colleghi condividono gli argomenti da lei trattati? E se sì ci può fare i nomi?      

R. Non ho molti amici nell’ambiente e non mi sembra di leggere colleghi che trattano in modo chiaro ed esplicito questi temi. Posso dire di essere l’unico ma non è un vanto.  Credo però che in fondo siamo tutti d’accordo sul fatto che, negli anni 70/80 e primi 90, c’era un cantautorato impegnato che denunciava quello che oggi denunciano le destre. Si sono invertiti i ruoli, le sinistre sono passate a destra e le destre a sinistra. Ecco perchè sono spariti i cantautori, non possono tradire il partito, sono prigionieri. Io no, sono libero. 

D. Pandemia, Covid-19. Teatri, piazze, cinema, feste. Tutto chiuso. La musica (e non solo) ne ha risentito. Sono arrivati i fondi? E come andava gestita la drammatica situazione? Cos’hanno sbagliato i politici o il Comitato Tecnico Scientifico?

R. Sono messo molto male, le 600 euro che sono arrivate sono un granello di sabbia. Menomale che mi è venuta l’idea di fare un disco per descrivere al meglio questo assurdo momento e non andare in depressione e menomale che ci sono persone che apprezzano questi temi e che me lo hanno prenotato. Recupererò le spese e non è poco.

Il problema è solo uno: soldi. La gente magari ci sta anche a casa ma la devi pagare per ogni centesimo che perde. Si chiama Helicopter Money, cosa che potrebbe fare uno Stato che controlla l’emissione del denaro senza rendere conto ad una banca centrale a Francoforte. Il comitato scientifico si para il sedere perchè di certo non vuole le terapie intensive piene zeppe e trovarsi a decidere chi curare e chi no. E lo Stato? Non ha investito sulle strutture sanitarie ed è passato 1 anno. Tanto lo farà Draghi no?    

D. Con tutta onestà, nel campo della musica (soprattutto ad alti livelli) quanto contano le pressioni politiche? 

R. In ogni settore c’è politica, se sei agganciato bene, sei più aiutato. Senza fare nomi, negli anni ho visto parecchi personaggi imposti e messi lì da certi vertici. Sai come si dice dietro le quinte “quello è lì perché è amico di…”. Storia già vista e sempre attuale. 

D. Progetti per il futuro? Un po’ prematuro forse dirlo per via dei probabili lockdown. Ci sono comunque delle date che spera possano essere rispettate?   

R. Per ora è tutto fermo, dipende dall’evolversi della situazione e dalla narrazione mass-mediatica. Posso solo sperare perchè quest’anno ho perso quasi un centinaio di concerti.   

D. Vuol lanciare un messaggio ai nostri lettori e ai suoi fans? Perché acquistare “IMPERFETTO” e cosa si devono aspettare da questo disco? Possiamo dire che in quei brani è nato un nuovo Povia?

R. Se avete un lavoro, io non ce l’ho più e se vi piacciono le tematiche sociali, SOStenete la musica indipendente e autoprodotta, acquistate il disco ‘imperfetto’ a giuseppepovia@vodafone.it - vi voglio bene…!! Un nuovo Povia? Bisogna sempre rinnovarsi.

 

 

 

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