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Coronavirus, sondaggio: così gli adolescenti hanno vissuto il lockdown

CORONAVIRUS E ADOLESCENZA. GLI STATI D’ANIMO PIÙ DIFFUSI DURANTE LA PANDEMIA

Coronavirus, sondaggio: così gli adolescenti hanno vissuto il lockdown

 
Siamo ormai entrati in Fase 2. Anche se non potremo lasciarci alle spalle le abitudini ormai acquisite, ci stiamo preparando cautamente a ritornare a vivere le città e i nostri spazi. Se è vero però che il virus sembrava inizialmente colpire prevalentemente gli anziani, categoria verso la quale è stata rivolta maggiore attenzione, pian piano ci si è resi conto che la portata di questa pandemia è molto più ampia, poiché include quelle conseguenze che avranno un impatto a lungo termine, sia da un punto di vista psicologico che fisico. Nessuno è escluso: i single hanno sofferto e soffriranno per la condizione di isolamento prolungato, le coppie per la forzata convivenza h24, i ragazzi per la mancanza della scuola e degli amici. Una condizione di disagio generalizzato insomma, che ha visto però alcune categorie più svantaggiate di altre: ''Da madre e formatrice posso dire che chi ne ha fatto maggiormente le spese sono stati gli adolescenti'', dichiara Nan Coosemans, family coach che da vent'anni lavora nel mondo dello sviluppo personale a contatto con bambini e adolescenti, aiutandoli nel percorso di crescita personale, autrice del libro 'Quello che i ragazzi non dicono' (Sperling & Kupfer) nonché fondatrice di Younite, azienda di formazione per le famiglie e adolescenti. ''Gli adolescenti si trovano ad affrontare quel periodo della loro vita in cui vogliono e devono scoprire il mondo, e il meccanismo di ribellarsi si acuisce ancora di più quando viene loro proibito di fare le cose che amano. Negare le loro emozioni o redarguire i ragazzi di fronte a certe reazioni in nome di un fattore condizionante esterno, rispetto al quale tutto deve assumere necessariamente minore importanza, può portare a problemi di carattere profondo, nel lungo termine'', spiega Coosemans.
 
Proprio per indagare le reazioni degli adolescenti, che oltre ai normali problemi connessi a questa fase della loro crescita hanno dovuto adattarsi a una situazione del tutto inedita e particolarmente frustrante, Coosemans ha avviato un sondaggio coinvolgendo oltre 1.000 ragazzi di età compresa fra i 10 e i 23 anni, in tutta Italia: ''L'obiettivo era chiaramente quello di capire come i ragazzi hanno vissuto questa esperienza e quali risvolti ritengono significativi sia rispetto alla conoscenza di sé che al rapporto con il mondo esterno e con i genitori''.
 
1. Alla domanda 'C'è qualche riscontro che definiresti positivo nella quarantena?' i ragazzi fra i 10 e i 14 anni hanno risposto ''Restare in famiglia'' (fra il 60 e il 90%) e ''Non andare a scuola'' (fra il 10 e il 30%). Salendo leggermente di età, fra i 16 e i 20, una grande percentuale (dal 65 all'80%) ha dichiarato di apprezzare l'"avere più tempo per sé e per la propria introspezione''. I giovani dai 21 anni in su hanno dimostrato di apprezzare in maniera equivalente sia l'''avere più tempo per se stessi'' che per ''stare in famiglia''.
 
2. Una seconda domanda ha riguardato ciò di cui più hanno sentito la mancanza durante il lockdown. Mentre alcune risposte potevano avere un esito prevedibile, fra queste, in primis, ''gli amici'', (fra il 60 e il 90% dei casi), ''lo sport'' (fra il 10 e il 30% delle risposte), ''uscire liberamente'', altre dimostrano come gli affetti famigliari, che talvolta vengono dati per scontati, non lo siano affatto. ''I nonni'' sono infatti presenti nelle risposte dei ragazzi nella fascia di età 10 - 15. Anche lo sport gioca una buona parte (ne sentono la mancanza fra il 10 e il 40% degli intervistati), mentre dai 16 anni in su avanzano ''Il fidanzato/a'', la ''vita sociale'' soprattutto nella fascia 20-23, ''il lavoro'', per il 40% dei casi dai 23 anni in su, e ancora ''i familiari''.
 
3. Alla domanda 'Qual è la prima cosa che farai appena esci dalla quarantena?', i ragazzi hanno così reagito: ''vedere gli amici'' (fra il 70 e il 90%), ''fare sport'' (fra il 55 e il 70%), ''rivedere il fidanzato/a'' soprattutto nella fascia 20 - 23 anni, ''dare abbracci'' (risposta a sorpresa nella fascia di età attorno ai 10 anni), e ''rivedere i nonni'', sempre nella fascia 10-13.
 
4. Il sondaggio si focalizza poi su un aspetto molto delicato, quello dell'evoluzione della relazione con i genitori durante la quarantena. Alla domanda 'Il rapporto con i tuoi genitori è stato d'aiuto o avresti preferito non averli intorno per niente?', i ragazzi hanno dichiarato che è stato ''di aiuto'' per l'80/90% dei casi fra i 10-15 anni, per poi calare nei consensi fra i 16 e i 21 (55%-70%) e riprendersi di nuovo nella fascia 22/23, a riprova del fatto che l'adolescenza resta il periodo più conflittuale per il rapporto genitori-figli.
 
5. La quinta domanda riguarda le attività e le passioni scoperte o ritrovate: 'Hai coltivato qualche hobby o scoperto qualche nuova passione in questo periodo di clausura forzata?' I ragazzi fra i 10 e i 17 anni hanno risposto affermativamente con percentuali via via più alte (fra il 5 e il 60%). In particolare i giovani dai 18 anni in su hanno scoperto la cucina (30%), mentre altri nella stessa fascia d'età hanno dedicato tempo al fitness (30/40%).
 
6. Il sondaggio ha poi cercato di fornire alcune risposte utili su come i ragazzi guardano al futuro e quali sono le loro aspettative al termine di questa pandemia. Alla domanda 'C'è qualcosa che ti spaventa nel ritorno alla vita normale (anche se sappiamo che per molto tempo nulla sarà più come prima) e cosa?', la fascia 10-15 si dimostra o piuttosto spavalda e dichiara di non avere particolari paure se non quella del ritorno a scuola (60/70%), mentre una percentuale minore dichiara di temere il virus (fra il 10 e il 40%). Dai 18 anni in su spuntano le incertezze per il futuro (30%), l'ansia per le (scarse) prospettive lavorative (25%) e aumenta la consapevolezza di non poter tornare alla realtà pre-virus (60%), mentre qualcuno condivide qualche preoccupazione per l'ignoranza relativa alle misure da adottare al fine di evitare ulteriori ondate di contagio (23%).
 
7. "Il questionario è anche volto a indagare se i ragazzi ritengano di poter ricavare qualche insegnamento positivo da questa situazione", ha specificato la Family Coach. Alla domanda 'Qual è la più grande lezione/ricordo che porterai con te alla fine di questo isolamento?', gli intervistati fra i 10-13 hanno risposto di aver compreso ancora di più ''l'importanza degli amici'' (70/80%), quella di ''essere responsabili'' (30/40%) e più in generale quanto conti ''la libertà'' (63%). Nella fascia d'età fra i 15 e i 20 emerge ''l'importanza delle piccole cose'' (57%), il fatto che ''non si possa dare niente per scontato'' (37%) e ''l'importanza del contatto fisico'' (22%). Sopra i 20 anni torna in gioco ''il valore della famiglia'' (20%) ed ancora il fatto che ''non si possa dare nulla per scontato'' (70%).
 
8. Il sondaggio prosegue con la domanda: 'C'è qualcosa che hai deciso di cambiare o di fare diversamente nella tua vita dopo questa quarantena?', a cui i ragazzi nella fascia 10-15 hanno risposto dichiarando di voler ''apprezzare di più quello che ho'' (42%), ''aiutare di più i miei genitori'' (34%), ''godermi maggiormente la libertà'' (20%). Dai 18 anni in su emerge l'esigenza di ''dedicare più tempo a se stessi'' (42%), ''vivere di più'' (21%), ''allenare corpo e mente'' (58%), ''vivere con più consapevolezza'' (17%), ''organizzarmi meglio'' (15%), ''non dare nulla per scontato'' (43%), e infine ''dare valore alle piccole cose'' (13%).
 
9. Alla domanda 'Vorresti tornare a scuola prima possibile?' il 69,8% ha risposto di sì - a dimostrazione di quanto i ragazzi considerino fondamentale la relazione con i compagni e anche con gli insegnanti - mentre il restante 30,2% ha risposto no.
 
10. L'ultima domanda ha voluto esplorare il sentimento prevalente provato durante il lockdown. Ai ragazzi è stato chiesto: 'Che emozione hai vissuto di più durante questa quarantena' e le risposte si sono così divise: noia 44,4% frustrazione 29%, ansia 14%, rabbia 7%, insicurezza 5,6%. ''I risultati di questo sondaggio ci aiutano a far luce su due aspetti fondamentali emersi in questo periodo storico: da una parte i genitori sono stati messi di fronte alla necessità di sostenere il proprio ruolo h24, confrontandosi molto di più con i figli, ascoltandoli, talvolta anche arrabbiandosi a causa delle loro intemperanze e repentini cambi di umore. Si sono dovuti adeguare a nuovi equilibri e mettere in discussione, rivedendo il loro ruolo alla luce di nuove esigenze. Dall'altra i ragazzi sono stati quasi 'costretti' a interfacciarsi molto di più con i genitori e a scoprire, probabilmente inaspettatamente, in loro un supporto e una comprensione che non si aspettavano, così come, grazie a stati d'animo considerati erroneamente negativi quali noia e frustrazione, a sperimentare nuove forme di creatività scoprendo passioni o talenti diversi, su cui in passato non si erano mai soffermati per mancanza di tempo o semplicemente perché non si erano mai trovati di fronte alla necessità di farlo. Possiamo così dire che la crisi contribuirà a far conoscere ai ragazzi nuove identità, o quanto meno aspetti di sé che prima ignoravano, e ai genitori a cementare un nuovo livello di dialogo e di comunicazione'', spiega la family coach.
 
Il sondaggio ha messo chiaramente in evidenza anche come questo periodo di convivenza forzata abbia prodotto un avvicinamento in altri momenti inconsueto tra genitori e figli, soprattutto se adolescenti. ''Inoltre - sottolinea ancora la coach - non va trascurato il fatto che i ragazzi, avendo a disposizione molto più tempo per stare con se stessi e riflettere, hanno avuto modo anche di rivedere le loro priorità e di realizzare l'importanza delle piccole cose, di quanto sia grande la fiducia e la libertà di cui godono in famiglia, che gli amici naturalmente, ma anche la rete sociale, la scuola, poter uscire e fare sport siano strumenti fondamentali, ritenuti scontati fino a prima del lockdown''. ''Possiamo affermare che molti ragazzi grazie a questa quarantena sono entrati forse per la prima volta realmente e profondamente in contatto con se stessi, sfidandosi ed esprimendo un potenziale fino a quel momento nascosto, e che questo li abbia aiutati a crescere, anche grazie al supporto fondamentale e ritrovato della famiglia'', conclude Coosemans.