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Stress? L'intervista allo psicologo Pietro Trabucchi: "Resisto quindi sono"

Stress e ansia? I consigli dello psicologo Pietro Trabucchi. Il segreto della "resilienza"
Di Giuseppe Vatinno
Pietro Trabucchi (è uno psicologo ma anche sociologo che si occupa di prestazioni sportive e in particolare di discipline di resistenza. È stato psicologo della Squadra olimpica italiana di Sci di Fondo alle Olimpiadi di Torino del 2006 ed attualmente lavora ancora con squadre nazionali.
Professore incaricato presso l’Università di Verona e appassionato di alpinismo ha scalato l’Everest dal versante Nord nel 2005.
Da anni tiene corsi di formazione sulla gestione dello stress. Ha scritto, tra gli altri, “Resisto dunque sono” (Corbaccio, 2007) con cui ha vinto il Premio Coni 2008, “Perseverare è umano” (Corbaccio, 2012) e poi l’ultimo libro, “Tecniche di resistenza interiore” (Mondadori, 2014).
D: Nei suoi libri lei parla di “resilienza” che è un concetto più raffinato di quella di “resistenza”. La “resilienza” è infatti non solo la capacità di resistere ma letteralmente di “risalire” su una barca che si è rovesciata o almeno questo intendevano i latini (dal verbo “resalio”). Praticamente è un termine che deriva dalla metallurgia ed indica la capacità di un metallo di resistere alle forze. Lei ha applicato il concetto nello sport, soprattutto l’alpinismo e la maratona, ma si può applicare anche al quotidiano?
R: Certamente. Anzi è nel quotidiano che l’uomo moderno deve combattere la sua battaglia più impegnativa lottando contro lo stress di cui l’ansia è l’effetto più tangibile.
L’ ansia in sé non è negativa avendo un valore adattativo ma lo diviene se viene attivata fuori dal contesto per cui è nata e cioè come segnalatore di un pericolo per i nostri progenitori ancestrali. Nella società moderna non ci sono più fiere e predatori e l’ansia è attivata dalla quotidianità, la fila in auto, la fila in un negozio, la gestione della gente.
Ormai l’uomo moderno ha spesso l’ansia attivata perennemente e deve saper “staccare” perché è un’ansia disfunzionale che produce stress che ha effetti fisiologici.
La mia definizione di resilienza (psicologica) è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino.
D: Secondo lei quali sono gli sport più impegnativi dal punto di vista psicologico?
R: Gli sport individuali sicuramente producono una tensione maggiore, quindi il tennis, il golf, la marcia, l’alpinismo. Gli sport collettivi permettono invece una maggiore condivisione di responsabilità.
D: Ma è vero che l’ansia spesso sparisce misteriosamente quando c’è una situazione obiettivamente difficile? Ho letto che a Londra durante i bombardamenti tedeschi, durante l’ultima guerra mondiale, ci fu un crollo dei ricoveri negli ospedali psichiatrici…
R: È vero. Lo scrivo in un mio libro. È come se il pericolo vero facesse passare in secondo ordine il resto e quindi le patologie magicamente scompaiono.
D: Infatti, ricordo che un grande giornalista, Indro Montanelli, quando fu imprigionato dai tedeschi non soffri più di alcuni disturbi psicologici che lo avevano accompagnato fino ad allora e che ripresero dopo la liberazione. Passando ad un’altra domanda, possiamo dire che l’uomo moderno non è più abituato alla fatica?
R: Certamente. Una volta la nostra società, tipicamente contadina, costringeva in un certo senso a muoversi, impegnarsi, consumare calorie, spostarsi a piedi perché non si poteva fare altrimenti mentre ora nessuno rinuncia alle comodità, alle auto. La tecnologia non è negativa ma l’abuso può indebolire la forma fisica ed anche quella psicologica.
La resilienza infatti non è solo un aspetto fisico ma anche psicologico; la resilienza deriva da un processo cognitivo, cioè di come noi interpretiamo il mondo, i fatti che accadono. Lo stesso evento può essere interpretato dalla nostra mentre sia come positivo che come negativo.
D: Ma l’uomo moderno non è neppure più abituato a gestire piccoli disagi…
R: È così. Una volta c’era una tolleranza maggiore all’ansia e alla frustrazione e perché le condizioni dell’esistenza erano molto più difficili.
D: È il famoso bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto…
R: Proprio quello. Ci sono test di laboratorio che lo dimostrano. Lo stesso evento produce effetti molto diversi su persone diverse.
D: Il suo metodo che utilizza negli allenamenti sportivi può essere portato quindi nel mondo di tutti i giorni?
R: Sì. Anzi è un modo per migliorare la qualità della propria esistenza. È un modo per affrontare i disagi e quelle che ci appaiono solo come negatività che spesso fanno solo parte di quello che accade; sta a noi darne una interpretazione positiva ma non ingenuamente positiva come il Candido di Voltaire.
Quello è ottimismo a buon mercato, qui invece è un atteggiamento mentale ben ponderato che porta al raggiungimento di precisi obiettivi.