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Costume
Vini, è boom di quelli sostenibili

La sostenibilità – in particolare quella ambientale -rappresenta ormai un vocabolo di uso comune e un obiettivo condiviso a livello planetario da cittadini, imprese e politici (ad esclusione forse di Trump) e anche nel caso del vino la sensibilità degli stessi consumatori verso questa tematica aumenta di giorno in giorno. Complici anche gli effetti dei cambiamenti climatici che, a differenza di quanto stimato dagli esperti, si possono ormai toccare con mano quotidianamente (e non solo nel lungo periodo), sono svariati i programmi di sostenibilità attivati in giro per il mondo, dall’Australia alla Nuova Zelanda, dal Sudafrica al Cile, dalla Francia agli Stati Uniti. Nel caso della contea di Sonoma in California (la seconda dello Stato per estensione del vigneto dopo San Joaquin), ad oggi il 60% della superficie vitata è certificata “sostenibile” (circa 14.000 ettari) ma l’obiettivo è di arrivare al 100% entro il 2019.

Alla luce di questo scenario e delle prospettive di mercato che possono avere i vini sostenibili, Nomisma Wine Monitor, in collaborazione con i referenti di VIVA, il progetto del Ministero dell’Ambiente per la sostenibilità nel settore del vino, ha organizzato un workshop dedicato alle imprese vinicole nel quale, oltre alle diverse testimonianze di aziende italiane che hanno deciso di seguire la strada della sostenibilità, ci saranno quelle di operatori commerciali legati a mercati interessati a questa tipologia di vini, come la Norvegia e la Svezia. Senza appunto dimenticare gli Stati Uniti, per i quali saranno invece presentati i risultati di un’indagine originale di Wine Monitor* su percezione e disponibilità all’acquisto dei vini sostenibili da parte dei consumatori americani.

Come sottolineato da Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma “la survey ha messo in evidenza come la sostenibilità ambientale rappresenti, dopo il terrorismo e l’assistenza sanitaria, il terzo motivo di preoccupazione più sentito dagli americani. Ed è anche sull’onda di questa sensibilità che si inserisce l’acquisto dei diversi vini sostenibili – per la maggior parte di origine californiana e australiana – comprati oggi da 2 consumatori statunitensi su 10”. Ma al di là degli attuali acquirenti, è soprattutto la prospettiva e l’interesse ad un loro consumo futuro che riguarda un’analoga percentuale di acquirenti che ancora non consumano questi vini per diversi motivi, tra cui una ridotta diffusione e promozione oltre che alla difficile identificazione (per via di un’etichetta poco chiara o che si confonde tra le diverse certificazioni esistenti). Senza tralasciare che tra chi oggi non li compra, il 56% si dichiara disposto a spendere di più per un vino sostenibile, mentre ben l’86% dichiara comunque un interesse potenziale all’acquisto.

“La profilazione del consumatore americano di vini sostenibili”, aggiunge Pantini “ha fornito l’identikit dell’acquirente tipo, rappresentato dal Millennials, di genere maschile con titolo di studio e reddito elevato”. Un profilo che si discosta completamente da quei baby boomers che, sempre la survey Wine Monitor, ha indicato come i più avversi a qualsiasi forma di comportamento sostenibile e presso i quali, probabilmente, Trump ha trovato terreno fertile per la propria elezione a presidente degli Stati Uniti.

 *survey realizzata su un campione di 1.500 consumatori di vino risiedenti negli Stati di New York, California e Florida. Si tratta dei 3 Stati che congiuntamente incidono per oltre il 50% sul valore delle importazioni complessive di vino negli USA.

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