Cronache

Baby Gang, Daspo dai locali? Meglio dai social

di Simone Guzzardi

È notizia di queste ore che due rapper e altre persone del loro enturage, in tutto sei, sono stati oggetto di un provvedimento di Daspo da parte del questore di Milano in seguito a diversi episodi di disordine e violenza chiamati via social media. In breve non possono frequentare locali pubblici.

Un luogo comune da salotto è che l’Italia sia un laboratorio politico che anticipa i tempi.
Sarà, ma dal punto di vista sociale e culturale stiamo di fatto arrivando con vent’anni di ritardo nella situazione in cui sono altri grandi paesi europei che hanno avuto un’immigrazione più importante per ragioni storiche.

Un esempio, in Francia già negli anni novanta le periferie ribollivano di disagio e violenza. Penso al film generazionale L’odio, del 1995, che raccontava la storia di tre ragazzi, di cui due figli di immigrati e un francese interpretato da un giovane Vincent Cassel, che odiano la polizia, la società borghese parigina e passano le giornate fra fumo, violenza e rap.

Erano gli anni novanta nelle banlieu Francesi, potrebbe essere esattamente il 2021 a San Siro, Milano. E in altri centinaia di quartieri periferici di tutta l’Italia.
Sappiamo qual è stata l’evoluzione: diverse aree del paese oggi radicalizzate e fuori controllo, un problema senza apparente soluzione che spaventa la Francia e l’intero occidente.

Ma cosa fare oggi in Italia? Proprio perché siamo più indietro avremmo il tempo e la possibilità per cercare di far sì che in Italia non si finisca con le banlieu fuori controllo e una generazione persa.
Se vogliamo vederla pragmaticamente è un tema non solo di sicurezza ma di coesione sociale che si traduce in PIL,  competitività del paese, sostenibilità del debito. Temi a cui l’Italia, tramite la politica, dovrebbe essere particolarmente sensibile.

In realtà anche in questo caso la politica sembra inadeguata come su molti altri temi: da una sinistra da foto opportunity che ha visto Beppe Sala invitare uno dei due rapper in questione - già pieno di precedenti - a palazzo per un vuoto proclama, al solito Matteo Salvini che invoca la leva e il servizio civile obbligatori come una soluzione a un problema molto ampio, uno slogan semplice da enunciare ma pressoché impossibile da attuare e molto semplicistico.

Quali sono le soluzioni a lungo termine? Qualcuno nei palazzi della politica sta pensando a un piano strutturato che agisca su più fronti - abitativo, culturale, lavorativo e sì, anche repressivo quando il resto non funziona-? Il PNRR potrà davvero concretamente avviare ampi processi di rigenerazione urbana e sviluppo sociale?

In attesa di queste risposte, nell’immediato cosa si può fare? È utile un provvedimento come il Daspo per sei (sei!) persone che non li fa semplicemente entrare nei locali pubblici?

Il vero tema è che non si può vincere un fenomeno che si genera e si alimenta virtualmente, sui social media, con un Daspo che vieta l’ingresso in alcuni luoghi fisici.

Il problema non è limitare la liberta di movimento di alcuni (pochi) soggetti. Sono solo la punta dell’iceberg di periferie rabbiose di giovani abbandonanti a sé stessi, alla cultura del denaro e della violenza.

Mentre si attuano soluzioni più ampie di lungo periodo bisogna fermare il meccanismo di emulazione sui social da parte di altre migliaia di giovani: ci vuole un Daspo dai social per chi pubblica immagini e proclami di violenza. Non da qualche locale pubblico. Lo potrebbero attuare anche in via preventiva le piattaforme. Del resto, lo hanno già fatto con un Presidente USA, per esattamente lo stesso motivo.

Facebook, Twitter, TikTok, ci siete? In caso contrario il Daspo social deve essere imposto dal legislatore.

Concludo con una frase del film sopracitato, L’Odio, che ben descrive un futuro molto probabile e più vicino di quello che pensiamo:

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.

Fermiamo la caduta ora che, forse, si può ancora.