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Cammini di rinascita: storie di resilienza, bellezza e turismo nell’Appennino Centrale tra i Monti Sibillini e il Gran Sasso
Castelli: “Abbiamo bisogno di esperienze, di sentieri che raccontano storie, di sapori che parlano di tradizione, di borghi che sanno farsi casa anche solo per un weekend”

I Cammini di Rinascita dell'Appennino centrale raccontano un nuovo modello di sviluppo tra accoglienza autentica, cucina di tradizione e natura da riscoprire
Dove un tempo c’erano solo le crepe del terremoto, oggi si intravedono i primi sentieri di rinascita. È nei paesi incastonati tra i Monti Sibillini e il Gran Sasso che prende forma una delle sfide più ambiziose del post-sisma 2016: ridare vita a un territorio fragile ma tenace, puntando sul turismo di qualità, sull’identità locale e su un’accoglienza che sa di autenticità.
A guidare questa rinascita c’è il Commissario straordinario per la ricostruzione, Guido Castelli, che sottolinea l'importanza di "una progettazione che guarda al futuro senza tradire la memoria dei luoghi". La missione è chiara: non si tratta solo di ricostruire edifici, ma di riaccendere comunità, dare nuove opportunità a chi ha scelto di restare, e attrarre chi cerca esperienze vere, lontane dal turismo standardizzato.
Camminare per rinascere. È questa la scommessa dei territori dell’Italia Centrale colpiti dal sisma del 2016, che oggi puntano con forza sul turismo lento come leva di rilancio economico, sociale e culturale. Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria condividono una vocazione naturale a questa forma di viaggio lento, esperienziale e sostenibile, fatta di sentieri, spiritualità, natura e autenticità. Una vocazione che ora diventa strategia, grazie a un piano interregionale sostenuto da 47 milioni di euro messi in campo dalla Struttura Commissariale guidata da Guido Castelli, con l’obiettivo di trasformare la mobilità dolce in un modello stabile di sviluppo.
Valorizzare sentieri, borghi e cammini storici come la Via Lauretana, il Cammino Francescano della Marca, la Ciclovia del Fiume Nera e il Cammino di San Francesco, attraverso interventi per la sicurezza, l’intermodalità bici-trasporto pubblico, l’accessibilità universale e l’ospitalità diffusa. Le Marche guidano gli investimenti con 30 milioni di euro, seguite da Abruzzo, Lazio e Umbria con 5,6 milioni ciascuna, puntando a rafforzare le economie locali e l'accoglienza nei territori colpiti dal sisma.
Un sostegno concreto a un fenomeno in espansione: nel 2023 si sono registrati oltre 1,3 milioni di pernottamenti e un +25% di pellegrini lungo i cammini italiani. “Non è solo un provvedimento economico, ma culturale e sociale”, ha dichiarato il Commissario Castelli, sottolineando come il turismo lento sia oggi uno strumento reale di rinascita per comunità che hanno scelto di restare e reinventarsi. Una dimostrazione di resilienza dei territori colpiti dal sisma del 2016 è dato dal Ristorante Guaita Sant’Eutizio situato a Piedivalle, nel cuore dell’Umbria, gestito da Anita e Domenico.
I due coltivano la passione per la ristorazione fin da giovanissimi, iniziando a lavorare nel settore già all’età di 15 anni. Dopo anni di esperienza, nel 2012 decidono di realizzare il loro sogno aprendo il Ristorante Guaita Sant’Eutizio, con l’obiettivo di valorizzare la cucina locale attraverso una proposta attenta alla qualità delle materie prime e alla tradizione gastronomica del territorio.
Nel 2016, il terremoto che ha colpito il Centro Italia danneggia gravemente la loro struttura, costringendoli a una pausa forzata di circa due anni. Nonostante le difficoltà, nell’aprile 2018 riescono a riaprire il ristorante in una sede temporanea in legno, situata a soli 100 metri da quella originaria. Grazie alla dedizione e alla qualità della proposta culinaria, il Ristorante Guaita Sant’Eutizio è stato inserito nella Guida Nazionale del Gambero Rosso a partire dal 2020, presenza confermata anche negli anni successivi fino al 2024, consolidandosi come un punto di riferimento gastronomico nel cuore dell’Umbria.
“Dopo il sisma, ciò che ci ha spinti a restare a Sant’Eutizio, nonostante le innumerevoli difficoltà e i sacrifici, è stato un amore profondo e incondizionato per questo territorio così martoriato, ma al tempo stesso così bello e unico. Un luogo che davvero attrae persone da tutto il mondo per la pace, il verde, la natura e la sua unicità” racconta Anita.
“A questo si aggiunge una grande passione per la cucina, per i prodotti genuini che si trovano qui e per la tradizione gastronomica delle nostre nonne. E non ci siamo sbagliati: le persone continuano a tornare, nonostante tutto, nonostante le macerie, nonostante la polvere dei cantieri. C’è chi percorre anche due ore di macchina solo per venire a mangiare qui”.
“Purtroppo”, dice Anita, “il turismo oggi è ancora un po’ ‘mordi e fuggi’, ma pian piano stanno riaprendo molte strutture ricettive, permettendo di accogliere i visitatori anche per periodi più lunghi. Anche noi siamo riusciti, con grande impegno, a riaprire le stanze: fortunatamente, ora le persone possono godere delle bellezze locali anche per più giorni. Siamo fiduciosi e ottimisti: crediamo di essere riusciti a non far morire questo posto meraviglioso, che ci ha dato, e continua a darci, davvero tanto a livello emotivo”.
Un esempio luminoso di questo riscatto è il ristorante Il Tiglio di Enrico Mazzaroni, a Isola San Biagio, nel comune di Montemonaco. Una stella Michelin che brilla non solo per la qualità dei piatti, ma per ciò che rappresenta: la resilienza di un uomo e di un’intera comunità. “La stella non è mia”, racconta lo chef, “è di chi ha creduto che anche tra le macerie si possa rinascere”. Nel borgo, tra capre, camere d’albergo e cucina sperimentale, prende forma una nuova idea di sviluppo: lento, radicato, consapevole.
Ma la rinascita non è mai solitaria. Accanto a Il Tiglio, una trattoria storica a Sant’Eutizio, un albergo diffuso che recupera case abbandonate per trasformarle in strutture ricettive, e la DMO dei Sibillini, che mette in rete operatori turistici e culturali, raccontano una filiera che funziona solo se è condivisa. Il turismo, qui, è un patto tra chi accoglie e chi arriva, tra natura e cultura, tra storia e innovazione.
“Abbiamo bisogno di esperienze, di sentieri che raccontano storie, di sapori che parlano di tradizione, di borghi che sanno farsi casa anche solo per un weekend” ribadisce Castelli in una prefazione da lui scritta per una guida turistica dei Monti Sibillini.
La rinascita dell’Appennino Centrale come una risposta corale, un invito a camminare, fisicamente e simbolicamente, lungo le faglie della memoria, verso un futuro abitabile. Percorsi naturalistici e spirituali, escursioni tra valli e gole, turismo religioso e outdoor, ma anche storytelling e innovazione digitale. Non è solo trekking: è riconoscere il valore di ciò che era, per costruire ciò che sarà.
In Umbria, il ponte tibetano di Sellano, il più alto d’Europa, ha attirato oltre centomila visitatori in un solo anno. Intorno, sono nate attività commerciali, nuove idee, nuove vite. Un modello, quello dell’“effetto calamita”, che si può replicare.
I Monti Sibillini, i “monti azzurri” che incantarono Leopardi e ispirarono Tolkien, oggi parlano una lingua nuova, fatta di leggende, progetti e sostenibilità. Il Lago di Pilato, la Madonna dell’Ambro, l’antro della Sibilla, ma anche e-bike, parchi avventura, terrazze panoramiche e itinerari enogastronomici. In equilibrio tra sacro e profano, il territorio si reinventa, con garbo e visione.
"Il Pil locale si costruisce con le storie, non solo con i numeri", dice qualcuno tra i promotori di queste iniziative. E non è solo una frase: è una filosofia. La vera scommessa, allora, non è solo economica, è culturale, è spirituale, è sociale. La rinascita dell’Appennino centrale è una forma di resistenza attiva, che parte dai passi di chi ancora crede che vivere tra queste montagne sia una scelta, non un ripiego, e che dopo il dolore può venire la bellezza.
Un modello significativo di valorizzazione del turismo esperienziale nell’Appennino centrale è il Giardino delle Farfalle, un’attività a conduzione familiare situata a Cessapalombo, in provincia di Macerata, nel cuore delle Marche. Gestito con dedizione da Fabiana e Patrizio sin dal 2011, il Giardino è un luogo incantevole, immerso in un paesaggio dal fascino antico, dove natura ed educazione si incontrano. Riconosciuto come Centro di Educazione Ambientale del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, rappresenta un punto di riferimento per chi desidera avvicinarsi alla biodiversità e vivere esperienze autentiche a contatto con l’ambiente.
“Il Giardino delle Farfalle è un luogo dove le farfalle e, più in generale, gli insetti, vivono liberi in natura. Qui è possibile osservarli mentre si nutrono o depongono le uova, in un ambiente che rispetta i loro ritmi e le loro abitudini. Questo è il grande valore del nostro progetto: educare al rispetto della natura, comprendere il ruolo fondamentale che ogni essere vivente svolge nell’ecosistema e imparare ad accettare i tempi della natura, legati alla stagionalità e alle condizioni meteorologiche” afferma Fabiana.
“Il nostro obiettivo è offrire a tutti i visitatori un’esperienza emozionante a contatto con la natura. Sebbene bambini e famiglie rappresentino il nostro pubblico principale, crediamo che la natura sia per tutti e che la meraviglia davanti alle piccole cose generi benessere a qualunque età. Nel corso degli anni”, prosegue Fabiana, “in particolare dopo il sisma del 2016, ci siamo trovati più volte a dover scegliere. Abbiamo però deciso di restare nel luogo originario del progetto, perché alcune condizioni ambientali e caratteristiche uniche si trovano solo in certi luoghi. Abbandonarlo avrebbe significato rinunciare ai valori di rispetto e armonia con la natura che hanno sempre guidato il nostro lavoro”.
Fabiana conclude affermando: “Siamo riusciti a restare fedeli ai nostri principi, e nel 2018 abbiamo ripreso le attività con una struttura alternativa, adiacente al giardino. I bambini rappresentano il nostro futuro: a loro vogliamo trasmettere rispetto, amore per la natura e la speranza in un domani migliore per tutti gli esseri viventi del pianeta”.
Tra le storie di chi ha scelto di restare e costruire opportunità, c’è anche quella di Francesco Di Gialleonardo, proprietario di Bikestorm, realtà abruzzese dedicata al cicloturismo. Nelle aree tra il Gran Sasso e la Majella, Francesco promuove un turismo lento e immersivo, fatto di escursioni in e-bike lungo sentieri che attraversano borghi, boschi e pascoli d’alta quota.
Francesco afferma: “Le escursioni in e-bike valorizzano in modo significativo il territorio, poiché rappresentano una forma di turismo lento. Tutti i luoghi attraversati in bicicletta hanno l’opportunità di essere osservati in maniera più attenta e dettagliata rispetto a quanto accadrebbe spostandosi in auto”.
“Purtroppo”, prosegue Francesco, “nelle aree montane la segnaletica è ancora scarsa, così come le possibilità di far conoscere il nostro territorio ai visitatori. Potremmo certamente diventare una regione di riferimento per il cicloturismo, grazie alla varietà del nostro paesaggio: è possibile spostarsi agevolmente dal mare alla montagna, percorrendo itinerari che vanno da molto semplici a decisamente impegnativi. Potremmo così offrire un ventaglio di escursioni realmente ampio, adatto a ogni tipologia di viaggiatore”.
I Cammini di Rinascita rappresentano oggi il simbolo di un’Italia che sceglie di ricostruire partendo dalla lentezza, dalla bellezza e dalla comunità. Nell’Appennino centrale, ferito dal sisma del 2016, ogni sentiero diventa un gesto di resistenza e speranza. Qui il cammino non è solo viaggio, ma cura del territorio e riscoperta di sé. È lungo questi passi che prende forma un futuro più sostenibile, umano e condiviso.