Cronache
Cara di Mineo, tutti i punti oscuri di uno scandalo italiano
Dagli appalti pilotati ai rapporti della coop La Cascina con Alfano e Lupi. Dalle raccomandazioni della giudice di Palermo Silvana Saguto ai poliziotti messi a tacere. I punti oscuri dello scandalo Cara di Mineo sono tanti e non ci si fa mancare nulla, in una vicenda che ha ben poco di edificante.
IL SISTEMA - Alla base di tutto c'è l'appalto vinto dalla cooperativa La Cascina, secondo i magistrati in maniera irregolare. A rivelarlo è Luca Odevaine, l'uomo di Mafia Capitale "addetto" al business degli immigrati. “La mia parte? Era di 10mila euro al mese anche se la richiesta complessiva era di 20 mila euro. Ma non erano solo per me: mi servivano per le cooperative sociali che presiedevo”, ha affermato Odevaine, ammettendo di aver favorito la vittoria delle gare per la gestione del centro. Un grande business da cento milioni di euro all'anno, grazie ad appalti, fornitori e le migliaia di immigrati ospiti. La figura centrale per il Cara di Mineo è, secondo i pm, quella di Giuseppe Castiglione. Lo stesso Odevaine afferma di aver ritoccato il bando insieme a lui. “Il bando era scritto in modo da rendere certa la vittoria dell’Associazione temporanea d’imprese: la decisione fu presa congiuntamente da Paolo Ragusa, da me, da Castiglione e da Ferrera (direttore del Cara, ndr)". Ragusa è descritto come un grande elettore di Ncd e per Odevaine si interessa attivamente la scelta dei fornitori dai quali acquistare e gestiva le convenzioni con i privati. privati presso i quali gli ospiti del centro potevano spendere 2,5 euro al giorno con una tessera”.
IL FORTINO NCD - Secondo quanto rivela Luca Odevaine i rapporti della cooperativa coinvolta nel caso appalti, La Cascina, aveva rapporti diretti con l'Ncd di Angelino Alfano. “La cooperativa La Cascina finanziò nascita Ncd. Il bando era scritto in modo da rendere certa la vittoria dell'Associazione temporanea d'imprese. A livello nazionale credo che il Ncd ha preso il 3 o 4 per cento, in quella zona ha preso il 40 per cento: i comuni del consorzio più o meno di centrosinistra, diventano, tranne uno, di centrodestra" , fa mettere a verbale Odevaine. Il Cara di Mineo, infatti, oltre a denaro sonante produce anche consenso elettorale. “Il vantaggio che ha avuto Castiglione è di natura elettorale", afferma Odevaine ai magistrati. "Sostanzialmente possiamo parlare di scambio di voti“. Dopo l’apertura di Mineo, infatti, la zona del Calatino, intorno al centro richiedenti asilo, cambia radicalmente convinzioni politiche. “Castiglione aveva preso il posto di suo suocero, il senatore Firrarello. I comuni del consorzio più o meno di centrosinistra, diventano, tranne uno, di centrodestra“. Un vantaggio ottenuto, secondo Odevaine, grazie all'offerta di lavoro elevata, visto che il Cara impegna 400 dipendenti in un'area certamente non così densamente popolata. E queste sono cose che possono spostare gli equilibri.
I RAPPORTI CON ALFANO E LUPI - Le testimonianze di Odevaine, chiaramente tutte da verificare e smentite con forza dai diretti interessati, portano anche ai nomi di Alfano e Lupi. “Quando incontrai di nuovo Castiglione gli dissi che era necessario individuare una struttura in grado di gestire pasti, per cui gli consigliai di rivolgersi alla Cascina", dice ai pm. "In più di un’occasione Menolascina (dirigente della cooperativa, ndr) mi ha detto che La Cascina ha stretto rapporti con Lupi, Alfano e Castiglione e che finanziava la nascita di Ncd“. E sarebbe proprio Menolascina il collante tra il sistema e il mondo politico. Sullo stesso punto ha parlato anche l'altro indagato eccellente, Salvatore Buzzi. Il quale afferma di aver saputo da Ferrara che "noi lì c'avemo tutto, c'avemo Castiglione, c'avemo Lupi", uomo legatoi a Cl come La Cascina. Non solo. Continua Buzzi. “Avevano un rapporto diretto addirittura con il ministro, con Alfano (…) avevano creato un sistema giù in Sicilia intorno a Mineo che è un sistema perfetto, perché la gara che congegna poi Odevaine consente di distribui’ i soldi a pioggia sul territorio. Nel senso che i comuni venivano premiati con circa due, tre milioni di euro, non lo so, però è tutto in chiaro, un centro di accoglienza di quelle dimensioni in un territorio così piccolo”.
RACCOMANDAZIONI E FAVORI - Ma i favori non si sarebbero limitati agli abitanti del luogo. Secondo il Fatto Quotidiano, infatti, nella vicenda Cara di Mineo trova spazio anche un capitolo che riguarda Silvana Saguto, la giudice che si occupa di beni confiscati a Palermo già nell'occhio del ciclone nell'inchiesta sulla gestione degli stessi beni. In questo caso la figura centrale è quella di Carmelo Provenzano, professore universitario alla Kore di Enna e amministratorie giudiziario spesso chiamato in causa dalla stessa Saguto. Secondo gli inquirenti Provenzano, dopo aver scritto la tesi di laurea del figlio della Saguto, avrebbe tentato di farsi raccomandare dalla giudice per il ruolo di commissario del Cara di Mineo. La segnalazione viene fatta al prefetto di Palermo. “Ti volevo dire che ieri, davanti a me, ha telefonato quella da Roma per chiedere i dati al prefetto”, dice a la Saguto a Provenzano in un'intercettazione. Il professore gongola: “Mamma mia se è così, prima di festeggiare, un bacio in bocca ti do guarda. Sei una potenza”. Ma la Saguto gravita nell'orbita del Cara di Mineo anche quando trova lavoro a suo marito Lorenzo Caramma.
POLIZIOTTI MESSI A TACERE - In questo scenario quantomeno preoccupante c'è anche un capitolo che riguarda la Polizia. Significativo in tal senso il racconto reso ad Affaritaliani.it del poliziotto Daniele Contucci. "omincia quando facevo parte dell'U.R.I., l'unità specializzata di rapido intervento sull'immigrazione, dipendente dalla Direzione centrale di polizia di frontiera che coordina tutti gli uffici immigrazione in Italia e la missione Mare Nostrum ora Triton. Venivamo impiegati in tutte le località italiane per emergenza immigrazione. Il nostro intervento è stato fondamentale per velocizzare le pratiche dei permessi di soggiorno che avevano un arretrato incredibile. Eravamo in una ventina, spesso impiegati al centro di accoglienza del Cara di Mineo, uno dei centri richiedenti asilo più grandi d'Europa. Facevamo "interviste" che duravano circa 20 minuti durante le quali ricostruivamo tutta la storia del migrante: generalità, stati attraversati e tutto il resto. Di fianco a noi c'era un interprete e veniva compilato un modello chiamato C3, che veniva poi inserito nel database e inviato alla commissione territoriale locale che dopo una serie di accertamenti decideva se concedere o meno l'asilo politico". Grazie a questa unità i tempi si riducono notevolmente. "I tempi della procedura di richiesta asilo si erano abbassati da 18 a 6 mesi. Tutto ciò ha comportato anche un grosso risparmio. Considera che ciascun migrante costa circa 45 euro al giorno. Moltiplicando la cifra per 4 mila volte, la capienza del Cara di Mineo (con una presenza media costante di 3500 migranti), si potrà avere un'idea di quali cifre stiamo parlando. Peccato che l'emergenza faccia business. Lo hanno dimostrato recenti inchieste giudiziarie: c'è chi lucra sull'emergenza dei migranti. Ormai è diventato un business più redditizio di quello della droga". E così accade che, come racconta Contucci, l'unità venga praticamente stoppata. "E' stata praticamente smantellata. Io e i miei colleghi siamo stati tutti demansionati e mandati a svolgere altri compiti". E ora l'agente Contucci denuncia di subire "ritorsioni" per il suo atto di coraggio.