Cronache
Carne, si scatena subito la psicosi: "Vendite in picchiata del 20%"
L'allarme dell'Oms, che ha inserito le carni lavorate nel gruppo 1 per rischio tumori, scatena le ire degli allevatori e delle categorie di consumatori che denunciano il crollo delle vendite e il rischio per migliaia di posti di lavoro. Allo stesso tempo, pero', il ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin, ribadisce il no all'allarmismo e richiama all'equilibrio sul consumo dell'alimento sotto accusa. "I falsi allarmi lanciati sulla carne mettono a rischio 180mila posti di lavoro in un settore chiave del Made in Italy a tavola, che vale da solo 32 miliardi di euro, un quinto dell'intero agroalimentare tricolore", denuncia il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando che lo studio dell'Oms sul consumo della carne rossa sta creando una campagna allarmistica immotivata per quanto riguarda il nostro Paese, soprattutto se si considera che la qualita' della carne italiana, dalla stalla allo scaffale, e' diversa e migliore e che i cibi sotto accusa - come hot dog e bacon - che non fanno parte della tradizione nostrana. Nel nostro Paese i modelli di consumo della carne - sottolinea Moncalvo - si collocano perfettamente all'interno della dieta mediterranea che, fondata su una alimentazione basata su prodotti locali, stagionali, freschi, e' il segreto alla base dei primati di longevita' degli italiani, con 84,6 anni per le donne e i 79,8 anni per gli uomini. Per la Coldiretti, dunque, questo allarme avra' ripercussioni negative sui consumi e sulla produzione di carne italiana a causa dei toni "allarmistici" con cui e' stato diffuso "esattamente come accadde con l'aviaria".
Per il presidente di Fiesa Confesercenti, Gian Paolo Angelotti, dopo la notizia dell'Oms "le vendite delle carni rosse sono calate di circa il 20% nelle macellerie tradizionali. "In questo momento - spiega all'Agi - regna una grande confusione: la gente e' spaesata e confusa e chiede spiegazioni proprio ai commercianti". Angelotti sottolinea che "non possono essere sempre e comunque i macellai a metterci la faccia come quando scoppio' il caso della mucca pazza. Ci vogliono sicurezze alimentari che vanno ben oltre". E mentre il Codacons propone di inserire sulle confezioni di carni rosse lavorate le avvertenze sulla salute al pari di quanto gia' avviene per le sigarette, l'Assocarni si dice convinta che lo studio dell'Oms "andra' a raffozare il Made in Italy". "Al netto di una minima flessione" iniziale, la ricerca dell'Oms non portera' quindi - secondo Assocarni - a una riduzione dei consumi interni. Piuttosto, gli italiani saranno sempre piu' intenzionati ad acquistare prodotti di qualita' e premieranno cosi' carne e insaccati nostrani, a discapito di quelli a basso costo di origine straniera". Anche Confagricoltura riscontra "un allarmismo inutile, con ripercussioni sui consumi che potrebbero essere peggiori del periodo della BSE. Si sta facendo una pericolosa caccia alle streghe". Per il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, non ci deve essere alcun allarmismo sull'allerta tumori legata al consumo di carne rossa: "Le ricerche non devono fare paura. Lo abbiamo sempre saputo che mangiare troppa carne rossa fa male alla salute. Il segreto e' la dieta mediterranea, ovvero un corretto apporto nutrizionale: corretto uso di carboidrati, tanta frutta e verdura, legumi, pesce e poca carne rossa". Insomma, puntualizza, "bisogna mangiare poco di tutto". E sulle carni lavorate osserva: "In Italia abbiamo un sistema di lavorazione di alta qualita'. Da noi c'e' una grande attenzione alla qualita' del prodotto, che viene lavorato in modo naturale. Inoltre noi consumiamo molti meno insaccati rispetto ai paesi 'incriminati' come gli Stati Uniti". E conclude: "Stiamo comunque valutando lo studio dell'Oms e avremo modo di dibatterlo".
Il settore carne e insaccati vale 180mila posti di lavoro ed e' un settore chiave del Made in Italy a tavola, che vale da solo 32 miliardi di euro, un quinto dell'intero agroalimentare tricolore",includendo sia la parte agricola sia quella industriale. Le tre filiere principali - bovina, avicola e suina - generano un fatturato di circa 20 miliardi di euro l'anno, derivanti prevalentemente dall'industria della trasformazione. Il settore agroalimentare italiano difatti contribuisce a circa il 10-15% del prodotto interno lordo nazionale annuo, con un valore complessivo pari a circa 180 miliardi di euro. La filiera bovina Nel 2013 e' stata stimata una presenza di circa 6 milioni di bovini (da latte e da carne) allevati per la maggior parte (70%) nelle regioni del Nord Italia. Dei 3 milioni di capi macellati nel 2013, circa il 60% proviene da vitelloni, il 24% da vitelli a carne bianca, il 15% da vacche (il restante 1% e' rappresentato da tori/buoi). Per quanto riguarda gli scambi con l'estero, il tasso di auto-approvvigionamento del nostro Paese si attesta al 57,6%. Le esportazioni hanno un ruolo marginale e sono costituite prevalentemente da carni fresche e refrigerate dirette verso Paesi europei.