Cronache
Caso Cucchi, carabiniere intercettato: "Magari morisse"
CASO CUCCHI: CARABINIERE INTERCETTATO, 'SUL CASO FACEMMO RIUNIONE TIPO ALCOLISTI ANONIMI'
Caso Cucchi, carabiniere intercettato: "Magari morisse"
"Magari morisse, li mortacci sua". E' quanto afferma un carabiniere che, a quanto si legge nei nuovi atti istruttori depositati oggi dal pm Giovanni Musarò durante il processo sulla morte di Cucchi sarebbe Vincenzo Nicolardi (imputato per calunnia) parlando con il capoturno della centrale operativa del comando provinciale tra le 3 e le 7 del mattino del 16 ottobre del 2009. Nei dialoghi si fa riferimento alle condizioni di salute del geometra 31enne che era stato arrestato poche ore prima e si trovava nella stazione di Tor Sapienza. "Mi ha chiamato Tor Sapienza - dice il capoturno della centrale operativa -. Lì c'è un detenuto dell'Appia, non so quando ce lo avete portato se stanotte o se ieri. E' detenuto in cella e all'ospedale non può andare per fatti suoi". Perentoria la risposta di Nicolardi: "E' da oggi pomeriggio che stiamo sbattendo con questo qua".
CASO CUCCHI: CARABINIERE INTERCETTATO, 'SUL CASO FACEMMO RIUNIONE TIPO ALCOLISTI ANONIMI'
Otto giorni dopo la morte di Stefano Cucchi, il 30 ottobre 2009, ci fu una riunione "tipo gli alcolisti anonimi" al comando provinciale di Roma, convocata dall'allora comandante, generale Vittorio Tomasone, con i vari carabinieri coinvolti a vario titolo nella vicenda della morte del geometra romano. Lo afferma Massimiliano Colombo, comandante della stazione dei Carabinieri di Tor Sapienza parlando con il fratello Fabio secondo quanto emerge dalle carte depositate oggi dal pm Giovanni Musarò al processo bis in corso alla I Corte d'Assise del Tribunale di Roma.
"Il 30 ottobre, la mattina ero di pattuglia con Colicchio. Soligo mi chiama, mi chiede 'fammi subito un appunto perché poi dobbiamo andare al comando provinciale perché siamo stati tutti convocati, 'cioè tutti coloro dall'arresto di Cucchi, a chi lo aveva tenuto in camera di sicurezza. Tu che sei il comandate della stazione, anche se non hai fatto nulla, il comandante della compagnia Casilina, il maggiore Soligo, comandante di Montesacro, il comandante del Gruppo Roma, stavamo tutti quanti. Ci hanno convocato perché all'epoca il generale Tomasone, che era il comandante provinciale, voleva sentire tutti quanti. Abbiamo fatto tipo, hai visto 'gli alcolisti anonimi' che si riuniscono intorno ad un tavolo e ognuno racconta la sua esperienza, così abbiamo fatto noi quel giorno dove però io non ho preso parola perché non avevo fatto nessun atto e non avevo fatto nulla".
Colombo ha chiarito la vicenda anche durante l'interrogatorio tenuto la scorsa settimana davanti al pm Giovanni Musarò. A quella riunione presero parte anche "il comandate del Gruppo Roma, Alessandro Casarsa, il comandate della compagnia Montesacro, Luciano Soligo, il comandante di Casilina maggiore Unali, il maresciallo Mandolini e tre-quattro carabinieri della stazione Appia. Da una parte c'erano il generale Tomasone e il colonello Casarsa, mentre gli altri erano tutti dall'altra parte. Ognuno a turno si alzava in piedi e parlava spiegando il ruolo che avevano avuto nella vicenda Cucchi. Ricordo che uno dei carabinieri di Appia, che aveva partecipato all'arresto, aveva un eloquio poco fluido, non era molto chiaro. Un paio di volte intervenne il maresciallo Mandolini per integrare cosa stava dicendo e per spiegare meglio, come se fosse un interprete. Ad un certo punto Tomasone zittì Mandolini dicendogli che il carabiniere doveva esprimersi con le sue parole perché - ha concluso Colombo - se non fosse stato in grado di spiegarsi con un superiore certamente non si sarebbe spiegato con un magistrato".
CASO CUCCHI: MOGLIE CARABINIERE, 'FILM VEDILO DOPO MANGIATO ALTRIMENTI NON MANGI PIU''
La moglie del carabiniere Gianluca Colicchio, Inez Dagostino, dopo aver visto il film sul caso Cucchi 'Sulla mia pelle', insieme con una sua amica, Simona, telefona al marito per commentarlo. "Le ho detto di guardarlo dopo mangiato perché altrimenti dopo non mangi più, perché ci sono scene molto forti, 'fa scurari o cori'" sottolineando in dialetto catanese come il film sia angosciante. La donna dice al marito che il film punta chiaramente sulle responsabilità dei carabinieri nella morte del geometra 31enne, e in particolare i militari della stazione Appia. Dalla telefonata fra i due coniugi si capisce che loro sanno cosa è successo e lo hanno anche detto alla loro amica Simona. "Quando lo arrestano gli occhi ce li ha normali e quando lo portano a Tor Sapienza è tutto viola. E poi il film finisce che la sorella, madre e il padre lo guardano morto sul lettino" riferisce la donna al marito. E se ti guardi questo film - dice Inez a Colicchio - c'è lui che è un poverino e i carabinieri che fanno schifo". "Sì, infatti sì" interviene Colicchio. Il carabiniere, commentando infine l'attore che interpreta il suo ruolo nel film, dice: "O, io sono più bello, però". E la moglie interviene: "Sì, ci sei tu che all'inizio parli in italiano e poi in napoletano". "Con Simona ci siamo divertite, abbiamo bloccato il film e abbiamo fatto una foto, mamma quanto è brutto con quei capelli, quanto abbiamo riso&".
CASO CUCCHI: CARABINIERE A PM, SU NOTE FALSIFICATE 'REGIA' GRUPPO ROMA
"Per quello che percepii io, il maggiore Luciano Soligo non si trovava in una situazione molto diversa dalla nostra, nel senso che anche lui stava dando esecuzione ad ordini provenienti dalla sua gerarchia. La 'regia' in quel momento veniva dal Gruppo di Roma, circostanza confermata dal fatto che Soligo non cambiò i files delle due annotazioni sul posto (cioè presso il Comando di Tor Sapienza) ma i files furono trasmessi al Gruppo e tornarono modificati dal Gruppo". Lo ha detto il carabiniere Gianluca Colicchio, sentito come persona informata sui fatti cinque giorni fa dal pm Giovanni Musarò nell'ambito dell'inchiesta sul depistaggio e le false annotazioni relative allo stato di salute di Stefano Cucchi, redatte dopo la sua morte. "Il 27 ottobre del 2009 il maggiore Soligo mi chiamò, mi mise davanti una copia dell'annotazione di servizio su Cucchi non firmata e mi disse di firmare - ha detto Colicchio al pm - La firmai ma rileggendola mi resi conto che era stato cambiato un passaggio importante, per cui feci presente al maggiore che non era l'annotazione che avevo redatto il giorno prima, non era 'farina del mio sacco'. Presi in mano il foglio che avevo appena firmato e dissi che non volevo che l'annotazione modificata fosse trasmessa perché ne disconoscevo il contenuto. Soligo cercò di farmi calmare, ma io non volevo sentire ragioni. In quel momento il maggiore stava parlando al telefono con il tenente colonnello Cavallo per cui me lo passò dicendogli 'il carabiniere è un pò agitato'. Parlai dunque con Cavallo, il quale mi chiese per quale ragione non volessi firmare l'annotazione e dissi a lui quello che avevo già detto a Soligo e cioè che non era 'farina del mio sacco' e ne disconoscevo il contenuto. A questo punto Cavallo mi evidenziò che rispetto all'annotazione che avevo redatto la sera prima, era stato cambiato solo un passaggio, ma io non volevo sentire ragioni perchè mi ero reso conto che quella piccola modifica cambiava completamente il senso di quello che intendevo attestare. Per cui presi l'annotazione e la portai via".