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Cronache
Caso Moro, "pronti ad entrare in azione. Era coinvolta la P2: mi fermarono"
Aldo Moro

Caso Moro, la missione del generale Juzzi fermata dai poteri forti. Così saltò la liberazione

Sul caso del sequestro e poi dell'omicidio di Aldo Moro, emerge un retroscena inedito. Esce allo scoperto il generale a capo della squadra che avrebbe dovuto liberare il presidente della Dc. "Il mio più grande rammarico sul caso Moro - confessa Roberto Jucci, ora 98enne a La Repubblica - è quello di non avere capito che venivo strumentalizzato. Nel senso che mi avevano messo nell’angolo e mandato via da Roma per non vedere e non operare...". Jucci mantiene una memoria di ferro: ricorda tutto, ogni dettaglio della straordinaria carriera che lo ha visto protagonista della Prima e Seconda Repubblica. "Ero solo un generale, ma per la mia esperienza internazionale quando si trattava di risolvere una questione delicata, ad esempio in Libia all’indomani del golpe di Gheddafi, o aprire un canale riservato di trattativa tra Stati Uniti e Cina negli anni Settanta, mi chiamavano. Nel 1978 ero capo del Secondo reparto dello Stato Maggiore dell’Esercito che si occupava di sicurezza, più spesso noto con la sigla Sios".

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"Cossiga - prosegue Jucci a Repubblica - mi chiese di creare un reparto dell’Esercito che potesse intervenire per liberare Moro quando fosse stata individuata la sua prigione. Dovevano operare con una precisione millimetrica per non rischiare la vita dell’ostaggio. Mi diede una settimana di tempo. Io ho preso gli incursori del leggendario Col Moschin, ho acquistato armi sofisticate in Gran Bretagna e in Germania e li ho fatti addestrare senza sosta in una base segreta all’interno della tenuta presidenziale di San Rossore".

"A Cossiga dissero di fare questo reparto ma non so se lo fecero per togliermi fuori dal campo a Roma. Mi tolsero di mezzo. E non so se questo fu fatto apposta. Perché allora gran parte dei vertici delle Istituzioni militari erano della P2. E su quella loggia io oggi ho molti pensieri: perché la P2 era espressione di un gruppo di potere di un Paese straniero, amico sicuramente ma che aveva altri interessi. Abbiamo - conclude Juzzi a Repubblica - una lista di membri della loggia, ma sono convinto che l’elenco sequestrato a Licio Gelli non sia completo. Altri nomi vennero tenuti segreti forse perché avrebbero dovuto coprire quelli inclusi nella lista".

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