Cronache
'Chinatown ', a Milano il modello Riace che funziona
Quattro regole d’oro: rispetto, regolarizzazione, voglia di lavorare e danaro
Paolo Sarpi a Milano, nel cuore della Chinatown, nel giorno della sua festa. Una via colorata, controllata che emana energia positiva.
Una lunga fila di negozi : grossisti cinesi, alimentari al dettaglio cinesi e italiani, negozi di moda italiani di lunga generazione. E poi bancarelle, ad hoc per la festa, dove si alternano cucina cinese e prodotti della tradizione italiana, dai funghi al vino.
Si vedono famiglie italiane che assaggiano involtini primavera e stecchi fritti ripieni di chissachè che però, a guardare dalle facce appagate, non dovrebbero essere male.
A Milano il modello Riace. Una convivenza fruttuosa.
E signori cinesi interessati a conoscere qualche buon vino delle Langhe o curiosi di come preparare la polenta Taragna bergamasca.
Senza contare i tanti negozi di cellulari, accessori per computer, bigiotterie che convivono con negozi italiani di creme e medicinali.
Un melting pot di razze e culture che da anni vivono vicini, si rispettano e in qualche caso (rari per la verità) riescono persino ad innamorarsi e sposarsi.
Ecco, qui a Milano, vi è il migliore esempio di un modello Riace di accoglienza e integrazione superfunzionante.
A MIlano il modello Riace. Quattro semplici punti
Ma quale è il segreto?
E’ un modello che si basa su quattro semplici ma determinanti fattori : rispetto, regolarizzazione, voglia di lavorare e danaro.
I cinesi che, subito dopo gli anni sessanta, hanno cominciato a mettere radici nel quartiere di Paolo Sarpi questi aspetti li avevano tutti e quattro.
Innanzitutto hanno sempre rispettato i tanti milanesi che nel quartiere vivevano da anni, e soprattutto ne hanno rispettato usi, costumi e tradizioni religiose senza mai avere nulla da dire sulle credenze italiane.
Nessun cinese ha mai mostrato fastidio nel convivere con crocifissi o feste religiose. Il Natale cinese è una festa vissuta liberamente, e non solo a Milano, come lo è il nostro Natale.
Nessun genitore cinese ha mai messo in discussione il crocefisso nella classe del proprio figlio.
Secondo la regolarizzazione.
Magari ai commercianti cinesi qualche evasione Iva può’ scappare ( in fondo in un paese che evade quasi 100 miliardi che può’ dire?) ma la maggioranza fattura e forse più di tanti ‘nostrani’. E di clandestini non se ne vede neanche l’ombra.
A Milano il modello Riace. La voglia di lavorare.
Terzo la voglia di lavorare.
Qualcuno ha mai visto un cinese fermo o appoggiato a un palo con il cappello in mano?
Anzi per quanto riguarda la dedizione al lavoro rappresentano dei bei modelli di comportamento anche per certi nostri giovani , instancabili su Instagram o FB, ma un po’ meno quando bisogna rimboccarsi le maniche.
Quarto e ultimo aspetto arrivano qui non per stare sulle spalle degli italiani ( non si parla dei rifugiati veri richiedenti asilo) ma con soldi che la Grande Madre Cina dà alle giovani coppie insieme ai risparmi delle famiglie per investire.
E con quei soldi ‘sacri’ e con l’orgoglio soprattutto di avere successo, lavorano, si danno da fare e raggiungono in breve tempo risultati inimmaginabili.
Ecco senza voler fare paragoni con nessuno e comprendendo che in alcuni casi l'aspetto denaro potrebbe essere una chimera, vale la pena di meditare e capire perché gli italiani convivono con certi modelli Riace vincenti mentre rifiutano, o non si trovano molto comodi, con altri modelli che di vincente non hanno proprio nulla. E magari una riflessione per tutti quei paesi che, pur non essendo in guerra, in guerra scaricano facilmente ad altri il futuro di tanti loro giovani.