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Conclave, il nuovo Papa: Parolin favorito. Zuppi? pesa l’ombra di Sant’Egidio. Attenti a Erdo e Tagle se...
Il successore di Papa Francesco? Se la Chiesa decidesse di cambiare strada e continente, allora Luis Antonio Tagle potrebbe dare voce all'Asia. La situazione

Conclave, nuovo Papa: Parolin favorito. Zuppi? pesa l’ombra di Sant’Egidio. Attenti a Erdo e Tagle
Proviamo a ragionare un po’ di votazioni, anzi, di scrutini del Conclave. Se le valutazioni che sono state fatte nei giorni scorsi sono vere, allora le forze in campo sono così ripartite (usiamo lo specchietto – ben fatto – di Salvatore Cannavò per il Fatto Quotidiano del 24 aprile):
- 12 “super innovatori”, con posizioni più avanzate rispetto a Francesco (9,7%);
- 47 bergogliani in continuità con Jorge Mario Bergoglio (35,33%);
- 36 bergogliani moderati (27%);
- 13 moderati (9,8%);
- 26 conservatori (18,8%).
Parliamo di 133 votanti (due elettori sono a casa per motivi di salute, la posizione del cardinale Giovanni Angelo Becciu sarà discussa dopo i funerali di Francesco), quorum dei 2/3 a 89 voti (precisamente 88,6: se ci fosse anche Becciu il dato sarebbe 89,3, arrotondiamo lo stesso a 89). Questo richiede per forza un’ampia convergenza, visto che certo il blocco dei bergogliani è preponderante ma è altrettanto vero che prima di tutto ci dev’essere unità nei vari gruppi. Da notare che qui si parla di una divisione, diciamo così, “ideologica”: è interessante valutare che la pattuglia italiana, con 19 porpore, è essa stessa la più preponderante e potrebbe aggregare – se fossero tutti d’accordo – un bel po’ di voti attorno a sé. Ma questo è tutto da vedere.
Parolin può unificarli tutti
Ipotizziamo adesso che le prime due votazioni siano, diciamo così, d’assaggio. Potrebbe essere un momento utile per contarsi, vedere chi spinge per chi. Pietro Parolin, dato come il più favorito di tutti, non sarebbe così sprovveduto da tentare tutto subito ma certo dopo le prime votazioni potrebbe provare a essere lui il candidato unificante. Può farcela: è un moderato in continuità che potrebbe fare blocco insieme ai moderati, convincere un po’ di conservatori e ottenere anche voti dai bergogliani in continuità. Questo gli permetterebbe di superare quota 89 in modo abbastanza agevole: spingerebbero per lui il servizio prestato in modo discreto come numero due della macchina vaticana, le ampie conoscenze internazionali (se sei cardinale in Mongolia, con 1300 fedeli, chi è il tuo unico legame con Roma? Il Segretario di Stato. Se vivi a Tonga e Roma non l’hai vista nemmeno in cartolina, a chi ti affidi? All’unica figura ufficiale romana che di fatto conosci, ossia il capo della Segreteria di Stato, cioè Parolin).
Erdő se Parolin fa da kingmaker
Si è detto, in questi giorni, che Donald Trump potrebbe provare a fare pressione per un Conclave capace di eleggere un successore più vicino alle idee del presidente americano o comunque meno incline a condannarle. In questo caso l’uomo ci sarebbe: Peter Erdő, l’Arcivescovo di Budapest, 72 anni ben portati. Erdő è un canonista di vaglia, è un conservatore serio ma non eccessivamente duro, viene dall’Ungheria di Viktor Orban e questo, agli occhi di Trump, potrebbe essere un importante plus. A Erdő l’Armata Rossa bruciò casa nel 1956, durante l’occupazione dell’Ungheria: diciamo che difficilmente potrebbe mettersi su posizioni di sinistra e certo con l’inquilino della Casa Bianca potrebbe parlare su posizioni non di parità (Donald è noto per avere un fortissimo ego) ma quantomeno di simpatia, mettiamola così. Da solo Erdő non va da nessuna parte ma, essendo un giurista di valore, alla Curia andrebbe bene perché potrebbe ulteriormente riformare la macchina vaticana dopo le fughe in avanti delle riforme bergogliane; e magari con un po’ di mediazione di Parolin potrebbe raggranellare consensi, specie se anche i più progressisti scegliessero di giocare da posizioni più serene di dialogo col capo della superpotenza americana, superando quindi le forti contrapposizioni che invece videro Francesco dall’altro lato della barricata specie in tema migranti.
Zuppi, pesa l’ombra di Sant’Egidio
Matteo Zuppi, l’Arcivescovo di Bologna dato anch’egli come favoritissimo, in effetti appartiene al gruppo più numeroso, quello della continuità con Bergoglio. Partirebbe dunque con un bel pacchetto di voti, ma certo il fatto di venire da Sant’Egidio e la continuità col predecessore non lo aiuterebbero con Trump. Detto questo, quando è andato a mediare tra Ucraina e Russia non ha cavato un ragno dal buco, eppure vi era stato mandato dal Papa per essere messo in evidenza davanti agli altri confratelli. Niente da fare, ahimè: e poi c’è il fatto che la Comunità di Sant’Egidio da cui egli proviene, l’Onu di Trastevere, la diplomazia vaticana parallela, ha comunque un risvolto squisitamente politico. Si può accettare un candidato simile? Andrebbe bene alla diplomazia vaticana ufficiale che è, come si sa, la migliore al mondo? Sant’Egidio a oggi ha funzionato perché veniva usata da Roma come balon d’essai dal Vaticano: se andava bene arrivavano i diplomatici di carriera, se il tentativo andava male la cosa finiva lì (e con la Cina, soprattutto, questo rapporto è stato bene evidenziato dai cablogrammi della diplomazia americana pubblicati da Wikileaks). Insomma, avrebbe un bel po’ di gente da convincere e non sarebbe facile. Con un ultimo caveat: quando gli italiani in Conclave si dividono, arriva sempre lo straniero.
Tagle aspetta
In tutto questo non dobbiamo sottovalutare la scelta geopolitica. Se la Chiesa decidesse di cambiare strada e continente, allora Luis Antonio Tagle potrebbe dare voce alla Chiesa in Asia, rappresentando anche una sfida alla Cina: ha origini cinesi e, parlando nel 2022 con Vatican news del rinnovo dell’accordo provvisorio Vaticano-Cina sulla nomina dei vescovi, ha sottolineato: “La scommessa anche in Cina può essere quella di attestare che la appartenenza alla Chiesa non rappresenta un ostacolo a essere un buon cittadino cinese. Non c’è contraddizione, non c’è un aut-aut, e anzi proprio il camminare nella fede degli Apostoli può aiutare a rendere i bravi cristiani anche dei bravi cittadini”. E nel 2024, in un messaggio per il convegno di Shangai dedicato ai 100 anni del Concilium Sinense, il primo Concilio della Chiesa cattolica in Cina, si è spinto ancora più avanti: “Il Concilio ha posto le basi per la fioritura di una Chiesa cattolica pienamente cinese, guidata da vescovi cinesi. E anche questo intento non è stato guidato da tattiche o calcoli umani, ma dal mistero della Chiesa nel suo pellegrinaggio nel mondo”, e a questo Roma vuole arrivare anche se il cammino sarà lungo e faticoso. Se la Chiesa decidesse di spingere verso Pechino, l’uomo potrebbe essere pronto a raccogliere non pochi consensi pur mancando di esperienza diplomatica. Sarebbe ancora un pastore a guidare la Barca di Pietro, ma con un ovile ambizioso da conquistare.