Cronache
Coronavirus, Carlo Cracco: "Nulla sarà più come prima, due anni per ripartire"
Lo chef stellato: "Prima delle distanze, preoccupiamoci di fare i tamponi ai dipendenti"
Coronavirus, Carlo Cracco: "Nulla sarà più come prima, due anni per ripartire"
L'emergenza Coronavirus in Italia ha travolto tutto e tutti. Anche uno chef stellato come Carlo Cracco è rimasto spiazzato da questa malattiae ora prova a pensare a come ripartire, ma prevede tempi lunghi: "Ci vorranno almeno due anni per tornare alla normalità. Ripartiremo - spiega a Repubblica - ma con grandissima difficoltà. In tanti dopo due mesi di stop assoluto e soprattutto dopo altri mesi futuri di poco lavoro dovranno chiudere. Si salverà chi è nei piccoli borghi, che ha avuto minori problemi sanitari e ha costi minori di gestione. E chi ha attività familiari. Ma prima di ogni considerazione voglio parlare di un problema vero. La sicurezza. Nostra e del cliente. Voi pensate - prosegue Cracco - che si risolva tutto così? Bisogna prima di tutto fare i tamponi ai dipendenti dei ristoranti. Perché io devo assicurare a chi viene da me la massima sicurezza sanitaria così come gliela assicuro sul cibo. Stiamo parlando di trasparenza, di salute. C’è gente che ha perso i propri cari, chi sta soffrendo per amici in difficoltà. E la risposta per ripartire è la distanza?".
"Ci vorrà tempo, tanto. Nulla sarà più come prima, serviranno un paio di anni almeno per ripartire bene. Ma - spiega Cracco a Repubblica - non per questo ci dobbiamo fermare. In questo momento si deve trasformare l’esperienza in forza, la pausa obbligata in pensiero costruttivo, inventandosi delle cose. Io e ragazzi abbiamo pensato: che cosa possiamo fare come tributo alla Lombardia, la terra più colpita dal virus? E ci siamo inventati il Pan Mugnaga, pane dolce all’albicocca rivisitato. E subito sono arrivate richieste. Ho scoperto il mondo digitale come strumento per far conoscere il nostro cibo ovunque, senza la presenza fisica. Sarà una delle sfide future, il negozio online, noi delle grandi città dovremo fare i conti per un po’ con la sparizione del turismo che tanto ci aveva dato. Se la gente non può venire da noi dobbiamo essere noi ad arrivare da loro. Penso a un delivery nazionale e internazionale".