Cronache

Coronavirus, così cambierebbe il turismo: "tesori nascosti", tecnologia e...

Intervista a Gianluca Casagrande dell'Università Europea di Roma, direttore scientifico del Greal (Geographic Research and Application Laboratory)

Le previsioni circa i programmi estivi sono discordanti. C’è chi come la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen consiglia di aspettare a prenotare le vacanze perché “non è possibile fare previsioni affidabili per luglio e agosto”, e chi, come la sottosegretaria del Mibact Lorenza Bonaccorsi, dichiara che “questa estate si andrà a mare”. Affaritaliani.it ha intervistato Gianluca Casagrande, Professore associato di Geografia e Vice coordinatore del Corso di Turismo e valorizzazione del territorio presso l'Università Europea di Roma, per saperne di più sull'estate che ci attende, e comprendere un po' le ragioni e i possibili rischi insiti nelle diverse ipotesi.

Prof. Gianluca Casagrande, quale risulterebbe essere al momento attuale, secondo lei, l’ago della bilancia?

Temo che ad oggi non ci sia una risposta a questa domanda; i primi a saperlo saranno gli esperti che in ambito medico studiano il virus, con le sue caratteristiche e soprattutto le sue dinamiche di diffusione. Ogni tentativo di organizzare la ripresa parte necessariamente da qui. Il virus non è ancora molto conosciuto, rispetto ad altri con cui conviviamo, e non si sanno molte cose fondamentali. Che tipo di immunità effettivamente deriva dall’aver superato l’infezione? Quando sarà disponibile un vaccino – se effettivamente lo sarà – e in che modo potrà essere distribuito a milioni di persone. Intanto, il dato di fatto è che noi siamo in lockdown almeno fino ai primi di maggio e alcuni paesi esteri dai cui arrivi dipende molta parte del nostro business turistico sono anche loro bloccati in modo parziale o totale. La cosa sicura è che si “dovrà convivere col virus” per un periodo abbastanza lungo, vale a dire che i servizi turistici dovranno attrezzarsi per garantire misure di contenimento e l’efficacia con cui sapranno farlo sarà il vero ago della bilancia per capire quando il settore potrà iniziare a ripartire e soprattutto in quali forme.

Prof. CavagrandeGianluca Casagrande

Si parla del ‘turismo di prossimità’ come soluzione. Ma anche di test del sangue per accedere ai villaggi turistici, distanziamento e precise fasce orarie per i soggetti a rischio. Può essere realizzabile?

In uno scenario complesso come quello che stiamo osservando, bisogna usare tutti i mezzi a disposizione. Il criterio è puntare a svolgere tutte le attività operativamente possibili garantendo che tutte le misure di prevenzione del contagio che saranno via via stabilite dalle autorità siano rispettate: la capacità di un certo servizio turistico di realizzare questo è l’elemento che permetterà a quel servizio di riprendere a funzionare prima. Certamente il virus si propaga per contagio ma anche per rilocalizzazione sicché ridurre le distanze di spostamento in teoria dovrebbe ridurre la disseminazione dei focolai; ma in una situazione come quella in cui ci troviamo, in cui il 90% della popolazione non è ancora venuta in contatto col virus, come ci diceva il Dott. Brusaferro, il “turismo di prossimità” non può costituire, da solo, una soluzione, se non vengono anche strettamente osservate misure di contenimento nelle località di vacanza.

Quali sarebbero le proposte efficaci che permetterebbero in tempi brevi all’attività turistica di riattivarsi e senza gravare sulla sicurezza pubblica? 

Il turismo deve riattivarsi al più presto possibile perché è non solo uno dei principali settori economici del nostro paese, ma anche un carattere di eccellenza dal punto di vista della nostra visibilità internazionale sul piano culturale e ambientale. Non appena vi sarà un allentamento del lockdown bisognerà, compatibilmente con quanto verrà reso possibile, potenziare le opportunità immediatamente disponibili. Se come è logico aspettarsi quest’anno si avrà una riduzione significativa dei flussi turistici dall’estero, si potrà lavorare sul turismo interno, magari esplorando, per il medio-lungo periodo anche nuove opportunità offerte dai molti luoghi di rilievo paesaggistico, ambientale, culturale di cui è costellato il nostro paese. Dobbiamo ricordare che l’Italia è sede di landmark unici al mondo, che tutti ci invidiano, ma anche di veri e propri “tesori nascosti” che possono essere integrati in percorsi utili a coinvolgere progressivamente diverse filiere. A questo possono contribuire anche le nuove tecnologie: la forte spinta all’uso di canali di comunicazione digitale, ben al di là di quanto avveniva prima del lockdown, ha creato la percezione che questi canali possono essere usati per produrre contenuti e servizi. Con le tecnologie si può far conoscere la bellezza degli spazi e delle attività che arricchiscono il nostro paese, suscitando curiosità, interesse e anche offrendo attività. Via via che le limitazioni verranno ridotte, compatibilmente con l’esigenza fondamentale che resta tutelare la vita e la salute delle persone, si potranno adottare nuove modalità e infrastrutture per visitare luoghi e goderne consentendo tuttavia un adeguato contenimento del rischio di infezioni. È difficile pensare che tutto possa rapidamente tornare come prima, ma certamente sapremo riappropriarci dei nostri luoghi. La politica dovrà fare la sua parte soprattutto per sostenere un settore che da solo impiega il 15% degli occupati in Italia e di cui le PMI costituiscono la grande maggioranza. Tutti, operatori, utenti dei servizi turistici e cittadinanza, dovremo accettare più o meno ampie riconfigurazioni del nostro modo di viaggiare e vivere anche l’esperienza turistica. La rapidità con cui si potrà ripartire dipenderà dalla nostra capacità – come sistema paese e come individui - di rendere sicuri i luoghi, i servizi, le esperienze di viaggio. Il rimboccarsi le maniche comincia adesso, dalla necessità di capire come trovarsi pronti sul piano sanitario, tecnico e operativo quando i blocchi saranno rimossi.

Treni, aerei… come si farà a muoversi? E quando, secondo lei, si tornerà a farlo? Prima tra le regioni italiane e poi anche all’estero, qual è il calendario che si prospetta?

Dal punto di vista tecnico, la gestione di cose come il rispetto delle distanze o le misure di sanitizzazione possono essere gestite relativamente bene a bordo degli aerei e almeno dei treni sui quali funzionino servizi di prenotazione dei posti: si tratta di adattare e potenziare alcuni servizi che esistono già. E’ ovvio però che è assai difficile mantenere le stesse condizioni durante l’intera sequenza di attività e movimento di un turista da quando parte da casa a quando vi rientra. Molte forme di trasporto dovranno essere ripensate, anche in modo radicale, penso ovviamente a quelle ad alta frequentazione. Altre ancora, come la smart mobility nelle sue varie forme dovranno essere adattate per far fronte a un insieme di problemi nuovi. Sul calendario è davvero difficile sbilanciarsi; il settore del turismo, come quello delle attività culturali – che vi è strettamente legato – saranno verosimilmente fra gli ultimi a potersi riattivare. Bisogna al momento cercare di garantire la sopravvivenza del tessuto imprenditoriale con interventi mirati – aspetto in cui la politica dovrà intervenire in modo importante - e lavorare molto sulle trasformazioni di cui abbiamo detto.

Elisa Scrofani