Cronache
Coronavirus, Clorochina prodotta anche in Italia, ma i test mettono in guardia
Anche in Italia si sperimentarà questo medicinale per l'artrite. Lo faranno i militari dello stabilimento chimico di Firenze
Coronavirus, Clorochina prodotta anche in Italia, ma i test mettono in guardia
L'emergenza Coronavirus non dà tregua all'Italia, bisogna sperimentare nuovi metodi di cura, il vaccino manca e mancherà per molto tempo, così tutti gli stati sono chiamati ad inventarsi qualcosa. Ecco allora la nuova idea, produrre Clorochina, contatti tra ministero alla Salute, Aifa (Agenzia italiana del farmaco) e lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. I militari - si legge su Repubblica - hanno manifestato la disponibilità a realizzare la clorochina, mancano alcuni passaggi formali e non e poi possono partire. La struttura, del resto, già nel 2009, ai tempi dell’influenza cosiddetta “suina”, aveva messo in produzione un medicinale antivirale (poi rimasto praticamente inutilizzato).
Per la nuova emergenza l’unico centro italiano autorizzato a coltivare cannabis per uso terapeutico aveva già iniziato a lavorare, ma solo per preparare dei disinfettanti. Adesso si dovrebbe passare a un contributo più significativo. C’è da riprodurre una molecola a brevetto scaduto, nata nella seconda metà del ‘900 per contrastare la malaria e poi diventata importante per alcune persone che soffrono di malattie autoimmuni come il lupus eritematoso e l’artrite.
Ancora, però, - prosegue Repubblica - deve essere scientificamente provata la sua capacità di fermare il virus pandemico. Aifa, che ha deciso ormai da tempo di riunire permanentemente la sua Commissione tecnico scientifica proprio per ricevere e valutare in tempi brevi le proposte di studi sui medicinali, il 17 marzo ha autorizzato l’uso off-label, cioè al di fuori delle indicazioni già individuate, della clorochina e dell’idrossiclorochina, ovviamente dietro prescrizione. Osservazioni cliniche preliminari suggeriscono che i medicinali potrebbero dare benefici ma portano con sé anche effetti avversi, in particolare sul cuore. Per questo Aifa ha chiesto a chi prescrive "una valutazione attenta del paziente» e ricordato che il loro utilizzo è approvato «unicamente per il trattamento e non per la profilassi del Covid-19".