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Cronache
Coronavirus, L'Aquila: i buoni spesa sono sospesi

Le persone che versano in stato di bisogno e dimorano nel Comune dell’Aquila non potranno beneficiare del contributo stanziato dal Governo per l’acquisto di generi alimentari, il cosiddetto “buono spesa”. E’ questo l’effetto della contesa accesa tra le associazioni del territorio e il Comune poiché quest’ultimo, tra i criteri che avrebbero consentito l’accesso al beneficio ha inserito il requisito della “residenza”. 

Questa prescrizione è stata intesa come discriminatoria nei confronti dei “cittadini provenienti da paesi terzi che siano titolari di permessi di soggiorno” e ha portato all’attivazione di un contenzioso con il quale, oltre all’annullamento del provvedimento, è stato richiesto anche la sospensione immediata. E proprio in virtù di quest’ultima richiesta, con un’ordinanza del 22 aprile, il TAR Abruzzo ha sospeso l’efficacia immediata della deliberazione del Comune e conseguentemente interrotto l’erogazione del “buono pasto” a 30.000 richiedenti.

Certamente la questione sollevata è degna di pregio, tant’è che è trattata nelle linee guida del Dipartimento per le pari opportunità emanata all’indomani della pubblicazione dell’ordinanza 658 della Protezione civile che disponeva lo stanziamento delle somme. Ma è opportuno rilevare che il riconoscimento della “residenza” è riservato anche alle persone “senza dimora”. Con la circolare 29/1992, infatti, l’ISTAT ha stabilito che ogni Ufficio Anagrafe deve registrare la persona senza tetto o senza dimora nel registro della popolazione residente, istituendo – in caso di assenza di domicilio o residenza – una “via fittizia” che non esiste dal punto di vista territoriale/toponomastico ma ha equivalente valore giuridico e nelle quale la persona elegge il proprio recapito. Peraltro, la delibera impugnata (211/2020) in alternativa al requisito della residenza richiede il “permesso di soggiorno di lunga durata”.

Ma, senza volere entrare nel dettaglio delle ragioni che hanno consigliato il ricorso, vale la pena di evidenziare che, la richiesta di “sospendere” l’efficacia immediata della deliberazione, piuttosto che attendere l’esame del merito, ha prodotto il grave effetto di impedire l’erogazione del “buono spesa” anche per quei “cittadini” o “dimoranti con permesso di soggiorno” che avrebbero soddisfatto il requisito richiesto.

C’è da augurarsi che tale scelta, il cui effetto è quello di discriminare tutti gli aquilani, senza distinzione, rispetto agli abitanti delle altre città italiane non sia stata dettata da ragioni di contrapposizione politica, vista la delicatezza delle questioni in gioco e il rischio di aggravare la situazione di chi versa in stato di povertà.

Ma qualche dubbio sorge se si considera che, a titolo di esempio, la deliberazione emanata dal Comune di Firenze, il 5 aprile, all’articolo 2, reca: “Possono accedere alle misure del presente avviso i nuclei familiari iscritti nell’anagrafe della popolazione residente nel Comune di Firenze al momento della richiesta”.

Si potrebbe anche rilevare un eccesso interpretativo del TAR dell’Abruzzo che, ordinando la sospensione, avrebbe riscontrato le condizioni di “fumus” e “periculum” per la possibile mancata erogazione a chi sarebbe stato escluso, trascurando la reale esposizione al “periculum” per chi (circa 30.000), avendo bisogno, rientrando tra i requisiti previsti e avendo fatto richiesta, confidava legittimamente sul contributo per l’acquisto di generi alimentari.

Certamente, laddove ci fossero reali casi di discriminazioni, sarebbe stato giustificabile il ricorso, ma non si comprende per quale ragione sia stata richiesta la sospensione per tutti. Certamente non per ragioni umanitarie o dettate da solidarietà, visti gli effetti che ha prodotto.

Quando si tratta di questioni delicate che attengono alla sopravvivenza e alla dignità delle persone, improvvisamente costretta a richiedere aiuto, vale la pena di mettere da parte le contrapposizioni che hanno solo l’effetto di accrescere le tensioni sociali, proprio tra chi ha più bisogno.

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