Cronache

Covid, "Obbligo morale scaricare Immuni. Tanti giovani si sentono immortali"

Virus, intervista di Affaritaliani ad Alberto Gambino, prorettore dell'Università Europea di Roma, membro del Comitato etico dell'Istituto Superiore di Sanità

 

 

La costante ripresa dell’aumento dei contagi da Covid-19 ha fatto boom di download dell’app di contact tracing Immuni. Nel giro di pochi giorni sono stati registrati più di 357mila download, un numero mai visto nemmeno a giugno 2020, mese del lancio dell’app. Ad oggi per l’esattezza possiamo dire che 7 milioni di persone hanno deciso di scaricare l’app sui loro dispositivi elettronici, un numero nettamente alto rispetto a poche settimane fa.
Cosa pensa sia scattato nelle menti di molti italiani? È stata solo la paura da contagio ad aver condizionato la scelta o c’è stato anche un aumento della credibilità nei confronti dell’app?
Necessità fa virtù. Il ricordo ancora fresco del lockdown, per molti professionalmente devastante, rende più accorti i cittadini. Tra le accortezze da prendere certamente c’è l’app, che consente di sapere subito se si è stati a contatto con una persona positiva al Covid, così da verificare rapidamente se si è contratto il virus con due conseguenze benefiche: se asintomatici, evitare di contagiare le persone più vicine e più care; se sintomatici, potersi curare subito.

 

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha dichiarato: “Scaricare l’app è un obbligo morale”, al fine di contrastare la seconda ondata di contagi da Covid-19. Si trova in accordo con questa affermazione?
Sono totalmente d’accordo. Da giurista, quale è Giuseppe Conte, egli sa bene che i comportamenti doverosi non discendono soltanto dall’osservanza delle leggi dello Stato ma anche da normali regole di diligenza e, in molti casi, misure di protezione per la salute dei cittadini sono assolutamente necessarie in ambienti largamente frequentati: mezzi di trasporto di massa alle scuole, fabbriche e uffici, luoghi di aggregazione sportivi; tutti contesti in cui è assolutamente fantasioso pensare che non possano esserci contatti stretti e continuativi tra le persone. Aggiungo che in questi casi si potrebbe anche configurare un obbligo, non solo morale, ma anche giuridico così da non potersi escludere a priori che una persona contagiata gravemente debilitata dal virus, un giorno decida di citare in giudizio chi ha la responsabilità nella gestione dei contesti descritti e l’adozione di un’app obbligatoria potrebbe attenuare o escludere la responsabilità per i danni.

 

Tralasciando le prese di coscienza e posizione personale e passando ai numeri e ai dati, il tracciamento dei contagi tramite l’app Immuni sta funzionando?
Funziona in termini tecnici. Ma il tema non è il funzionamento tecnologico, ma piuttosto come l’App Immuni si colloca nel contesto generale del tracciamento sanitario e nella tempistica dei tamponi e dei relativi risultati. Parliamoci chiaro: per incentivare l’uso dell’App occorre prevedere che chi la scarica ha un percorso privilegiato con immediatezza di somministrazione del tampone nasofaringeo e il riscontro in tempi brevissimi. I comportamenti virtuosi della cittadinanza vanno premiati e questo è un modo intelligente per farlo.

 

Fin da subito il dibattito riguardo Immuni fu ampio e corposo, e non privo di polemiche, soprattutto intorno a due questioni fondamentali: scelta tra Bluetooth e GPS e il modo in cui i dati vengono conservati ed elaborati. Parlando di dati, l’Italia ha scelto il sistema di tracciamento decentralizzato, che permette che l’azione di contact tracing avvenga direttamente sullo smartphone dei soggetti che usano l’app e non all’interno di un server centrale. È questa la soluzione per contrastare i maggiori timori riguardo la tutela della privacy?
Il dibattito a riguardo è nato storto. Il server centrale già esiste da tempo a livello regionale ed è previsto dalle leggi che negli anni si sono occupate di fascicolo sanitario elettronico. Dunque, un eventuale sistema centralizzato anche con riferimento al contact tracing avrebbe solo potuto arricchire la nostra cartella sanitaria elettronica con evidenti benefici per i pazienti. Purtroppo, giuristi improvvisati rilanciati da media sprovveduti e il pregiudizio verso le multinazionali del web, che da tempo fanno quotidianamente incetta dei nostri dati personali, hanno fatto il resto. Confido che si torni alla ragione e prevalga l’interesse alla salute di tutti e di ciascuno, specie dei soggetti più fragili e vulnerabili. Certamente i dati sanitari vanno protetti, ma in questo caso basta applicare le leggi che già ci sono e sono pensate anche per i dati sanitari che sono sensibilissimi. Sulla privacy mi consenta di aggiungere che la miopia del dibattito ha trascurato il fatto più significativo: proprio l’App Immuni e il sistema di notifiche automatico evitano di mettere alla gogna i soggetti positivi al Covid, i quali oggi sono costretti a dichiarare espressamente e avvertire tutti i loro contatti recenti con ripercussioni in termini lavorativi, di relazione e morali. Se tutti scaricassero l’app non ci sarebbe alcun bisogno di telefonare e avvertire i possibili contagiati. Comunicherebbero tra di loro soltanto i telefoni cellulari con codici anonimi: il destinatario dell’alert, senza sapere qual è la persona positiva che lo potrebbe aver contagiato, andrebbe immediatamente a farsi il tampone, unica cosa che davvero gli interessa. L’App – guardate un po’ – è il migliore strumento per la propria privacy sanitaria!

 

Nell’ultimo Dpcm approvato dal governo diventa obbligatorio l’uso delle mascherine all’aperto, senza fasce orarie e a prescindere dalla quantità di persone in strada. Il ministro Speranza ha ribadito che la mascherina resta il presidio di protezione più efficace in assenza del vaccino e, pertanto, deve essere indossata ovunque ci sia la possibilità di incontrare persone estranee al nucleo familiare. Come si stanno comportando gli italiani nei confronti di questo provvedimento. Francamente non lo so. Segnalo soltanto che tanti giovani non stanno facendo una bella figura in termini di solidarietà intergenerazionale, trascurando scientemente qualsiasi presidio, sentendosi sostanzialmente immortali e immuni al Covid. E’ lo specchio della società che abbiamo costruito noi più grandi. Si capisce allora perché il Governo e le Regioni siano costretti a emanare provvedimenti francamente “puerili”; il messaggio è: vi obblighiamo a indossare sempre la mascherina così evitiamo che quando serve non la indossiate.