Cronache
Da oggi via le mascherine, ma restano le regole sul burqa: rischio di ricorsi
Coprirsi il volto non è più obbligatorio, ma si può fare... però non con il velo islamico. Un pasticcio che rischia di vanificare le eventuali multe
Da oggi si può camminare all’aria aperta senza la mascherina, a meno che non ci si trovi in un luogo particolarmente affollato, come alla fermata di un mezzo pubblico o all’ingresso di un ufficio postale. La tanto attesa “liberazione” dal rettangolino di stoffa che ci accompagna ormai da un anno e mezzo crea però un curioso problema di interpretazione delle numerose leggi che regolamentano il comportamento degli italiani.
Facciamo un passo indietro. Prima che scoppiasse la pandemia, la Regione Lombardia e alcune altre amministrazioni locali avevano adottato dei provvedimenti per vietare la circolazione a volto coperto. Tali decisioni vennero accompagnate da vibranti polemiche, in quanto molti le giudicarono una forma di discriminazione contro le persone di religione islamica e in particolare contro l’utilizzo del burqa e del niqab da parte delle donne. In maniera esplicita la deliberazione della Giunta lombarda n. X/4553 del 10.12.2015, con Presidente Roberto Maroni, originava dalla necessità di prevenire il terrorismo, con palese riferimento ai timori nei confronti degli islamici in seguito all’11 settembre.
La magistratura ha però dato ragione alla Regione Lombardia: nel 2019 la Corte di Cassazione ha stabilito che tale provvedimento non era discriminatorio e che invece era corretto evidenziare l’impossibilità di identificare una persona, in quanto con il volto coperto, richiamando inoltre la legge 152/1975 (c. d. legge Reale, dal nome del suo autore), che già negli anni di piombo vietava l’uso di caschi, sciarpe e foulard per “rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”. Una specifica, quest’ultima, di fondamentale importanza, perché è ovvio che un motociclista alla guida del suo mezzo abbia non solo il diritto, bensì il dovere, di indossare un casco che, per proteggerlo, lo rende irriconoscibile.
Poco dopo la pronuncia della Cassazione, è scoppiata la pandemia e, con essa, la necessità di munirci di mascherine per prevenire il contagio da Covid-19. Nessuno ha più tenuto a mente il divieto di coprirsi il volto e comunque la suddetta specifica sul “giustificato motivo” si calava perfettamente sul caso specifico: anche nei luoghi pubblici, dove solitamente era d’obbligo essere identificabili, ragioni sanitarie di forza maggiore imponevano l’obbligo della mascherina.
Lo imponevano, appunto. Da oggi l’obbligo non esiste più e quindi ciascuno è libero di fare quello che vuole. Ma questo, come dicevamo, pone qualche problema interpretativo. Anche dove non ci sono assembramenti, chiunque può decidere di indossare lo stesso la mascherina, magari perché immunodepresso, perché ha una malattia delle vie respiratorie oppure semplicemente perché continua ad avere paura del Coronavirus, cosa che va rispettata. Oppure, per stare nello specifico lombardo, perché ci sono livelli di smog, fattispecie che complica ulteriormente il ragionamento.
Per questo motivo, è assai probabile trovarsi nella situazione in cui ci sono due persone accanto all’altra, una con la mascherina e una col burqa. Chi va multata? Solo la prima? Solo la seconda? Nessuna delle due? Oppure tutte e due? Scommettiamo che al primo caso di multa a una donna col burqa ci sarà un ricorso perché chi invece indossa la mascherina – per sua scelta – non viene multato? E se qualche buontempone si inventasse un burqa FFP2, capace di filtrare le particelle del virus?
Ci sono quindi tutte le premesse per il solito pasticcio all’italiana, perché ora gli elementi per sollevare un sospetto di discriminazione ci sono: se si può dubitare del fatto che dietro un velo islamico possa nascondersi una terrorista, perché non pensare che dietro una mascherina si possa celare un rapinatore? O davvero pensiamo che nessuno si approfitterà della possibilità di coprirsi il viso? Insomma, forse è davvero il caso di rimettere mano alla norma, che altrimenti rischia di risultare inapplicabile.