Cronache
Don Lorenzo Milani cattivo maestro: così ha fallito la scuola italiana
Niente competizioni, libri classici e nozioni semplificate: la sua scuola doveva essere “democratica” e cioè ostile ai “figli dei ricchi”
Don Lorenzo Milani un cattivo maestro, i suoi danni li scontiamo ancora oggi nella scuola italiana. L'analisi
Tre giorni fa tutta l’Italia si è sorbita il festeggiamento del centenario della nascita di Don Lorenzo Milani, il prete fiorentino presunto educatore di pueri nella sua mitica scuola di Barbiana. Milani fu un sessantottino ante litteram il cui libro “Esperienze Pastorali” fu dapprima pubblicato con l’imprimatur ecclesiastico e poi revocato dal Sant’Uffizio nel 1958 e solo nel 2014 ha avuto il via libera. La sua era una ricca famiglia borghese, la madre ebrea boema, confermando Idealtipo radical –chic della sinistra. Uno che infatti piace allo spasimo a Elly Schlein.
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Il ragazzo si diploma al liceo ginnasio Berchet di Milano ma è un asino ed ha scarso profitto. Il ragazzo è bizzarro e finite le scuole vuole fare il pittore ed inizia nel 1941 pure a frequentare lo studio di un artista tedesco durante la guerra. È la disperazione della sua famiglia. Quando faceva il pittore Milani si infatua di una bella ragazza dai capelli rossi, Tiziana Fantini, che era già impegnata sentimentalmente ma questo non impedì ai due di frequentarsi, anzi. Successivamente però sente il richiamo della fede e prende le distanze da Tiziana che diverrà invece pittrice.
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Nel frattempo, oltre che il richiamo dello spirito, il futuro prete sente anche i morsi della carne e “quasi si fidanza” con Carla Sborgi. Milani nel 1943 molla pure Carla che ci rimarrà malissimo, si converte, ed entra in seminario dove c’è tanto latinorum e relative conseguenze carnali e nel 1947 viene ordinato sacerdote.
Ma si tratta di un “prete matto” che comincia subito a litigare furiosamente con la Curia che lo caccia. Allora se ne va ingrugnato nel paesino del Mugello di Barbiana dove fonda la celebre scuola. La sua scuola doveva essere “democratica” e cioè ostile ai “figli dei ricchi”, il che equivaleva per lui tutte le persone normali. Gli arriva addosso una gragnuola di giuste critiche.
Per rispondere ad esse scrisse un libello dal titolo simil erotico, “Lettera ad una professoressa”, divenuto cult per tutti i radical – chic di sinistra. La sua pedagogia era quella del “professore amico” che ha prodotto danni irreparabili nella scuola italiana e ancora ci stiamo combattendo. Per lui la scuola non doveva essere competitiva, non doveva prevalere il merito ma solo l’aiuto agli studenti poveri. Quindi le nozioni dovevano essere semplificate, con il maestro che preparava la pappetta culturale masticandola prima e poi rigurgitandola.
Da qui la produzione in serie di asini che ha sfornato la scuola italiana negli anni successivi. L’attuale degrado scolastico italiano è infatti proprio il frutto avvelenato della visione di Don Milani che non voleva si insegnasse la grammatica, i classici come L’Iliade tradotta dal Monti oppure Foscolo parchè la difficoltà di questi testi avrebbe “umiliato” il ragazzo povero.