Cronache
Doping, archiviato il caso Schwazer. "Il test delle urine fu alterato". Giallo
Schwazer: "L'archiviazione del caso è una grande gioia, come l'arrivo di un figlio"
“Finalmente c’è scritto nero su bianco che io sono innocente, è da quattro anni e mezzo che aspetto questo giorno, arrivato solo perché non ho mai smesso di lottare”. Sono le parole, quasi commosse ma con tanta felicità, di Alex Schwazer mentre parla con l’AGI alla notizia dell’archiviazione del procedimento penale a suo carico da parte del Gip del Tribunale di Bolzano, Walter Pelino, perché il “fatto non sussiste”. Quale ‘fatto’? Quello della torbida vicenda della positività del 2016 che ha sempre custodito tanto mistero e spaccato il mondo dell’atletica leggera in Italia.
“Alex Schwazer non ha fatto uso di doping, anzi, le sue urine risultate positive sono state alterate”. È questo quanto si evince nel dispositivo odierno di 87 pagine, fitte, che argomentano una complessa vicenda da ‘spy story’, con annesso un complotto e minacce. Un capitolo che mette fine, almeno sotto l’aspetto penale, allo scottante procedimento N.5809/16 reg. del Gip. Quella del giudice Walter Pelino era un’ordinanza attesa da settimane e che oggi ha messo a nudo i rapporti autoreferenziali tra l’Agenzia mondiale antidoping (Wada) e la federazione internazionale di atletica leggera (ex Iaaf, oggi World Athletics). Sandro Donati, interpellato dall’AGI, ha parlato di “giudice coraggioso”.
Il gip Pelino ha argomentato l’intricato caso che sin dalle ore successive dalla deflagrazione, il tardo pomeriggio del 21 giugno del 2016, aveva lasciato intravedere aspetti molto torbidi. Il giudice bolzanino non si è limitato a dire che il “fatto non sussiste”. Al punto 5, ‘Conclusioni’, si legge che il giudice “ritiene accertato con alto grado di credibilità che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer l’1.01.2016 siano stati alterati allo scopo di risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore Sandro Donati”. Non solo, nei punti successivi il giudice menziona ed argomenta il “falso ideologico” e la “frode processuale” ricordando le “pressioni esercitate sul laboratorio di Colonia come emergono dalle mail intercorse tra Ross Wenzel (consulente legale della World Athletics, ex Iaaf), Thomas Capdevielle (responsabile settore antidoping World Athletics) e Hans Geyer”, direttore del laboratorio di Colonia dove erano custodite le provette contenenti le urine dei Schwazer di quel controllo incriminato dell’1 gennaio 2016.
A pagina 76 dell’ordinanza di archiviazione, Pelino scrive accuse pesanti nei confronti di Wada e World Athletics: “nell’odierno sistema Wada e Iaaf (oggi World Athletics) operano in maniera totalmente autoreferenziale ed il presente procedimento ha eloquentemente dimostrato come esse non tollerino affatto controlli dall’esterno ed anzi siano pronte a tutto per impedirlo, al punto di produrre dichiarazioni false e porre in essere frodi processuali”.
Sandro Donati, maestro dello sport, storico paladino della lotta al doping, allenatore di Schwazer dall’aprile del 2015, ha detto, “abbiamo vinto questa grande battaglia per la verità, adesso ci sarebbe la battaglia sportiva per sanare il misfatto” aggiungendo ponendo una domanda agli organismi sportivi, “ora tutto lo sport italiano deve fare le sue valutazioni, ma anche a livello internazionale devono rendersi conto, che quanto accaduto come potrà essere evitato in futuro?”.
"A livello sportivo direi che sia il mio giorno più bello in assoluto. Senza ombra di dubbio. Questo decreto di archiviazione è più importante anche della medaglia d’oro vinta all’Olimpiade di Pechino, nel 2008. Questa è una vittoria di gran lunga più faticosa. Molto più faticosa", praticamente "è stato come la nascita di un figlio". Usa queste parole, Alex Schwazer, in un'intervista al Corriere della Sera in edicola oggi, per raccontare la sua odissea sportiva e giudiziaria, che si è conclusa con il deposito, da parte del gip del Tribunale di Bolzano, Walter Pelino, delle 87 pagine del dispositivo di archiviazioni delle accuse nei suoi confronti, che invece puntano il dito contro Wada e Iaaf (oggi World Athletics), accusate persino di falso ideologico, frode processuale e diffamazione.
Dunque, non fu doping nel 2016, ma "un complotto", scrive il Corsera, "che gli impedì di partecipare all’Olimpiade di Rio de Janeiro e gli spazzò via la carriera". L'atleta spiega: "Avrò bisogno di alcuni giorni per metabolizzare il tutto. Sicuramente ero molto contento perché aspettavo questo momento da quattro anni e mezzo. Finalmente tutti gli sforzi compiuti avevano determinato un risultato importante".