Cronache
Energia, inflazione, siccità: olio d’oliva a picco, persa una bottiglia su tre
Costo delle materie prime alle stelle, problemi a trovare i materiali. Olio produzione fondamentale del made in Italy in ginocchio. Eppure è top per la salute
Olio d’oliva, produzione in crisi per il carovita: persa una bottiglia su tre
Circa 70.000 imprese agricole del nostro Paese, quasi il 10% del totale, sta lavorare in perdita a causa del carovita determinato dai prezzi dei carburanti e delle materie prime.
Ora che partono le prime raccolte delle olive, un report realizzato da Coldiretti e Unaprol, “2022, la guerra dell’olio Made in Italy”, spiega come questa situazione stia distruggendo la produzione di olio in Italia. Secondo il rapporto il crollo è così radicale da ridurre la produzione nazionale di un terzo: dovremo dire addio a quasi una bottiglia su 3 di olio extravergine made in Italy. Il “sistema economico olio” vale oltre 3 miliardi di euro, grazie al lavoro di un sistema di 400.000 imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione che producono un alimento fondamentale per la salute che non può mancare dalle tavole degli italiani. Ne consegue un problema economico non irrilevante.
Gli aumenti? Dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne, mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno e si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti e Unaprol. Olivicoltori e frantoiani sono costretti a fronteggiare l'incremento dell'elettricità, i cui costi sono quintuplicati. La situazione non può non tradursi nell'aumento dei prezzi per tutti, produttori, distributori e consumatori.
“Con l’esplosione dei costi”, hanno spiegato Coldiretti e Unaprol, “quasi una su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura, secondo dati Crea”.
Il potere antiossidante ed antinfiammatorio dei polifenoli contenuti nell’olio d’oliva extravergine ha la capacità di migliorare tutti i parametri delle cellule umane, di incidere sulla longevità e sulla salute. E nel 2020 si è scoperto che l'olio extravergine di oliva ha addirittura la capacità di ringiovanisce il cervello, grazie all'idrossitirosolo. Lo spiega uno studio dell'Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) e dell'Università della Tuscia. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Faseb Journal.
"L'assunzione orale di idrossitirosolo per un mese conserva in vita i nuovi neuroni prodotti durante tale periodo, sia nell'adulto che ancor più nell'anziano, nel quale stimola anche la proliferazione delle cellule staminali, dalle quali vengono generati i neuroni", ha raccontato all’agenzia di stampa Agi Felice Tirone, ricercatore del Cnr che ha guidato lo studio, "inoltre l’idrossitirosolo, grazie alla sua attività antiossidante, riesce a 'ripulire' le cellule nervose, perché porta anche ad una riduzione di alcuni marcatori dell'invecchiamento come le lipofuscine, che sono accumuli di detriti nelle cellule neuronali".
Ma i parametri dell’olio sono al collasso in Italia specialmente in Puglia dove all’inflazione e al caro energia si sono sommati altri fattori. La regione motore dell’olivicoltura italiana, rischia un taglio fino al 50%, a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi della siccità. Senza dimenticare la presenza della Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale.
Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità hanno spiegato Coldiretti e Unaprol.
Ma già inizio 2022 l’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari) ha spiegato la crisi oggi accentuata dal carovita. Le scorte di olio d’oliva in Italia erano già diminuite dell’11,1%.
Oltre la metà della giacenza nazionale di olio di oliva (55%) è detenuto dalle regioni del Sud. Ai primi posti le regioni Puglia e Calabria (37,5% e 10,1%). Sono queste due regioni più la Toscana a raggiungere il 62,7% dell’intera giacenza nazionale.
A livello provinciale il 16,8% delle giacenze sono nella provincia di Bari, il 9,4% nella provincia di Barletta-Andria-Trani e il 7,8% in quella di Perugia.