Forteto, Grasso ha studiato male: ecco la foto
Grasso aveva detto di conoscere il Forteto, ma sbaglia il nome. E al Senato è rebus
Che il Presidente del Senato, Pietro Grasso, non sappia nemmeno pronunciare la parola Forteto (ha detto prima Fronteta, poi Fronteto, e infine ha lasciato perdere), di per sé, non è una notizia. Lo diventa nel momento in cui il 16 novembre 2016 riceve la commissione regionale d’inchiesta per farsi illustrare una vicenda drammatica, ramificata e ancora oscura in Italia. E quando, nonostante questo, il 1° febbraio 2017 fatica ad articolare il nome della comunità fondata a metà degli anni ’70 da Rodolfo Fiesoli (il Profeta) e cresciuta all’ombra della politica Toscana.
A lato, Affari Italiani pubblica la foto di un sorridente Grasso con la commissione di fronte. In quell’occasione, disse di aver vagliato le carte, esaminato la vicenda e analizzato i fatti ancor prima della breve riunione. In molti ne furono sollevati: la seconda carica dello Stato che mostra vivo interesse per una caso troppo a lungo strumentalizzato o marginalizzato non poteva non essere che un segno positivo. E tuttavia, tre mesi dopo, ha dimostrato di non aver studiato. Una leggerezza incredibile.
Giovanni Donzelli (FdI), consigiere regionale toscano e membro della commissione Forteto, ha ricordato quel giorno. «Grasso sembrò essersi preparato sul Forteto, si presentò all'incontro con i componenti della Commissione regionale d'inchiesta con un vero e proprio dossier sulla vicenda – racconta - Il fatto che in aula non abbia saputo neanche pronunciare il nome, ed abbia dunque rivelato la sua totale inconsapevolezza dei gravi fatti che vi sono accaduti, mi stimola una domanda: chi fu a preparargli quel dossier? Un particolare che ci aiuterebbe a comprendere meglio certe dinamiche». E ancora: «Quel che è certo è che lo stop del Senato è l'ennesima pagina nera di questa vergognosa storia». Gli fa eco Jacopo Alberti (Lega): «Non c'è minimamente da sorprendersi - sottolinea il consigliere toscano - che si faccia ostruzionismo, poiché quella della comunità mugellana è una ferita ancora aperta che stenta moltissimo a rimanginarsi, e dove il Pd, direttamente o indirettamente, potrebbe avere molta voce in capitolo».
Già, lo stop del Senato. Il relativo disegno di legge è stato presentato dal questore Laura Bottici (M5S) il 9 ottobre 2015. Da allora giace nei cassetti di Palazzo Madama. Il 24 novembre 2016 la questione ha ottenuto – con voto unanime – la dichiarazione d’urgenza: che, in sostanza, snellisce l’iter necessario per l’approvazione o meno dell’assemblea, ma dimezza i tempi procedurali. Come spiega la Bottici ad Affari Italiani, il testo è stato «incardinato» nella seconda commissione permanente di giustizia all’inizio di gennaio, e, in virtù della dichiarazione d’urgenza, poteva (e può) essere dibattuto – e votato – in aula entro 30 giorni. Resta però in esame nella commissione, dove la relatrice è la senatrice Rosaria Capacchione (Pd) che ha proposto alcune modifiche dall’originale stesura e ha avviato la relazione interna. Ma intanto, il 1° febbraio, qualche giorno fa, la maggioranza ha respinto (decretando un ulteriore rinvio) la calendarizzazione della discussione in aula.
Questioni tecniche, di palazzo. Ma se è vero che il Parlamento non ha l’obbligo di formare una commissione bicamerale (o monocamerale) d’inchiesta sul Forteto solo perché la commissione regionale l’ha espressamente invocata, è altrettanto vero che – nei fatti – del Forteto si cerca di non parlare. Di più: è ormai probabile che si aspetterà, comunque, la fine della legislatura. Anche perché i lavori durerebbero almeno un anno: e di tempo, elezioni anticipate o meno, non ce n’è abbastanza. Laura Bottici, però, non arretra. Portando l’aula al voto prima della fine dell'attuale legislatura vorrebbe infatti creare un precedente. Vale a dire, istituire una commissione anche nel caso questa venga sciolta dopo le elezioni. La maggioranza potrebbe infatti votare contro, o votare a favore. Nel secondo caso, la nuova legislatura – qualunque sia la composizione dell’assemblea – dovrebbe tenerne conto. E non agire di conseguenza - cioè dare poteri a un'ulteriore commissione coi tempi giusti - sarebbe difficile. Le vittime, e chiunque abbia «scoperto» il Forteto, premono affinché la politica non si tiri indietro. Tutta l’opposizione, del resto, appoggia l’idea dell’inchiesta parlamentare. E anche il vice capogruppo al Senato di Ala, Riccardo Mazzoni (originario di Prato, e quindi informato dell’accaduto), sulla questione, tagliò corto. Lo scorso novembre ammonì: «È uno scandalo nazionale».
Il video dell'errore di Grasso al Senato