Cronache

Cei/ Galantino attacca di nuovo la politica

Nunzio Galantino insiste. Contesta le "scelte, individuali e pubbliche" del nostro tempo, che, dice, "sono guidate per lo più dal perseguimento di interessi e fini immediati e poco meditati, dettati spesso dalla ricerca dell'utile e meno da un progetto consapevole e a lunga scadenza". E chiede che "chi sperimenta qualche forma di difficoltà venga integrato e non scartato" e che "quanti sono ai margini dello sviluppo siano coinvolti e le loro potenzialità messe a frutto". L'atteso discorso che il segretario Cei pronuncia al Meeting di Comunione e Liberazione è un ragionamento antropologico, ma in controluce nasconde tutte le risposte alle polemiche dei giorni scorsi, dopo le sue frasi che hanno innescato una fibrillazione nei rapporti con il mondo politico e all'interno della stessa Conferenza episcopale.
 
Il presule scherza con i fotografi ma scansa i cronisti nel giorno del suo ritorno in pubblico, dopo il forfait all'appuntamento trentino dedicato ad Alcide De Gasperi nel quale il suo messaggio scritto etichettava la classe politica contemporanea come un "harem di cooptati e furbi". E se aveva fatto discutere in precedenza l'appellativo di "piazzisti da quattro soldi", rivolto a chi "specula sul dramma dei migranti", a Rimini Galantino parte teorizzando un umanesimo basato sull'equilibrio tra senso del limite e fascino delle frontiere, ma arriva, in forma più felpata e filosofica, a ribadire il concetto di accoglienza e condivisione come contraltare all'"istinto a difendersi dagli altri". Si tratta, spiega, di costruire una società che "non considera i gruppi e gli Stati per quanto sanno produrre o per le risorse finanziarie di cui dispongono, e tenta anzitutto e con i mezzi di cui realisticamente dispone di risollevare i poveri, per non creare un mondo a due velocità".
 
Come nei giorni scorsi, Galantino sottolinea ancora che è il Vangelo a "intendere gli ultimi non più come scarti ma come persone da sollevare e delle quali condividere la sorte". Un messaggio che Galantino chiede di attualizzare. "A noi sta di coglierne i riflessi per l'oggi e di tradurla nel nostro tempo", dice il presule, subito prima di invocare "attenzione a tutti i poveri, a quelli che non hanno il lavoro o lo hanno perso, a quelli che provengono da zone più povere ed economicamente arretrate, a quelli che non sono in grado di difendersi perché attendono di nascere e godere della vita".
 
Con lo stesso stile e sempre riflettendo sul concetto di limite come risorsa, il numero due della Cei regola anche le scosse sismiche sotterranee che si registrano all'interno dell'episcopato italiano. Chiarisce di essere in sintonia con il pontefice affermando che "una Chiesa che fa del limite una risorsa, assume lo stile missionario tanto invocato da papa Francesco divenendo sempre meno dispensatrice di servizi e sempre più 'ospedale da campo', chinata sugli ultimi". E in questo senso affonda il colpo affermando la volontà di proseguire sulla linea del cambiamento. Proprio dall'antropologia del limite, incalza infatti Galantino, "anche la Chiesa è sollecitata a rinnovarsi nelle sue strutture, nelle dinamiche decisionali e nelle prassi delle comunità". E aggiunge: "Le comunità ecclesiali e le associazioni già sono, per il nostro tempo, un mirabile segno della presenza di Dio e della carità che da lui promana. Queste giornate di incontro e riflessione ne sono un esempio. Tuttavia, ancora tanto dobbiamo fare nella via della testimonianza".
 
Non c'è da scoraggiarsi, lascia poi intendere in un altro passaggio Galantino, davanti a chi contesta la posizione dei credenti rispetto al relativismo.  "A partire dagli anni Settanta - osserva il presule - abbiamo assistito a un radicale mutamento del paradigma antropologico, che ha contribuito a mettere al centro, talvolta enfatizzandola in maniera esclusiva, la libertà individuale, quasi rappresentasse l'unico vero valore" e oggi, aggiunge, "è tacciato di essere retrogrado, repressivo e fuori dal tempo chi tenta di metterlo in discussione e mostrare, argomentando, che la persona non è solo libertà assoluta". L'uomo però, insiste l'ex vescovo di Cassano, "è tante altre cose ancora: ricerca di Dio e della verità, responsabilità, accettazione del sacrificio, alle quali è intimamente legato il raggiungimento di una libertà vera". Ed è in questo senso, appunto, che viene mostrato il concetto di limite che "non è semplicemente sinonimo di imperfezione ma è la radice stessa dell'apertura dell'uomo" perché porta al "fascino delle frontiere": "Il limite allora è una scuola capace di insegnarci quale sia il segreto della vita. Chi è appagato non cerca, né lo fa chi è disperato. Cerca invece chi è povero, cioè chi percepisce il limite come caratterizzante la natura umana e ne fa motivo di crescita".