Giornata della memoria: In Italia lezioni di antisemitismo all'Università
Nella Giornata della memoria Bds Italia ha organizzato l’incontro “Israele e lo sfruttamento dell'Olocausto”: falsi e assurdità palesi. Aleggia l’antisemitismo
Antisemitismo all'Università. Si fanno anche questi capolavori in Italia per “ricordare” nel giorno della memoria l'Olocausto degli ebrei. All'Università di Torino, nel campus universitario Luigi Einaudi, lo scorso 24 gennaio Bds Italia, sezione italiana per il movimento a guida palestinese che propaganda il boicottaggio di Israele, proprio per celebrare il giorno della memoria, ha organizzato un incontro dal titolo “Israele e lo sfruttamento dell'Olocausto”, ovvero le responsabilità dei sionisti nello stermini della seconda guerra mondiale. Cioè gli ebrei sionisti sarebbero in parte anche responsabili dello sterminio nazista. Come sottotraccia dell'incontro il secondo tema: come Israele strumentalizzi lo sterminio per fini politici.
Distribuito all'incontro un pamphlet in cui dalle “manovre” e manipolazioni per far nascere lo Stato di Israele si passa ai numeri degli immigrati trasferitisi in Israele nel secondo dopoguerra, utilizzando come fonte accreditata wikipedia (che è un semplice raccoglitore di informazione dei lettori, spesso non verificate), fino a cercare di sminuire il genocidio elencando tutti gli Olocausti avvenuti con l'umanità (da quelli dei nativi americani, degli aborigeni australiani, ecc.), introducendo lo scritto con un capitolo dal titolo surreale: “La banalità del male da Ben Gurion a Minniti”.
Difficile non capire la specificità dell'Olocausto ebraico rispetto agli altri stermini consumati nel corso della storia. Per la prima volta (e per semplificare), con il nazismo, è stata tentata l'eliminazione di un popolo con metodica e meticolosità industriale effettuando esecuzioni di massa quotidiane, calcolate con la diligenza di un'azienda moderna.
L'incontro del 24 gennaio è stato anticipato da un precedente incontro, tenutosi sempre all'Università di Torino, al Luigi Einaudi, il 16 gennaio scorso: una settantina di studenti universitari ha assistito all'esposizione della tesi che Israele, per sottomettere i palestinesi, sarebbe uno Stato simile al Sudafrica dell’apartheid, quello che teneva in carcere Nelson Mandela. Contenuto inserito anche nel solito pamphlet.
“In assenza di qualsiasi contraddittorio” -, racconta Riccardo Ghezzi sul giornale L'Informale, che racconta la cultura israeliana e il Medio Oriente -, “con assurdità prive di ogni senso. Israele è stato definito come un paese razzista, in cui gli arabi non hanno gli stessi diritti degli ebrei e i neri sono discriminati dai bianchi”.
Falsi clamorosi e palesi che sembrano più mossi da uno strisciante antisemitismo che da esempi concreti. Anche le escrescenze più cruente del conflitto denominato “arabo-israeliano” non possono essere interpretate con palesi manipolazioni. In Israele gli arabi siedono in Parlamento, svolgono professioni di ogni tipo, anche di giudici presso la Corte Suprema, sono attori, funzionari o anchorman televisivi o compongono l'esercito. Per capire quanto le tesi sostenute siano demenziali basti ricordare che nel 1999 è diventata miss Israele una ragazza di origini arabe, Rana Raslan. Benjamin Netanyahu, primo ministro anche in quel momento accolse la notizia così: "Sono molto orgoglioso. Una scelta, quella dei giurati, che mostra con chiarezza l'uguaglianza e lo spirito di collaborazione che esiste tra ebrei ed arabi nel Paese. Siamo fieri che sia Rana a rappresentare Israele in tutto il mondo". Non proprio parole da apartheid
Ma l'accusa più grave è che Israele avrebbe “sfruttato l’Olocausto” per il proprio dominio politico.
Non è la prima volta che queste tesi vengono presentate, con dibattiti senza contraddittorio, all'Università di Torino. Anche l’anno scorso, sempre in occasione del Giorno della Memoria, stesso copione e stesso campus, Einaudi, parlando di Sionismo come corrente culturale collusa con il nazismo. Dalle istituzioni locali e universitarie nessun commento. Forse per loro è un modo normale per ricordare la Shoah.