Cronache
Grazie al Tar salvi 2mila beagle (almeno fino al 16 dicembre)
Il Tar del Lazio blocca la sperimentazione su 2mila cani di una multinazionale farmaceutica con sede a Verona
I beagle sono salvi (almeno fino al 16 dicembre)
Ciclicamente, capita di leggere sui giornali l’opinione di autorevoli esponenti politici e commentatori secondo cui i T.A.R. (cioè il giudice amministrativo) andrebbero soppressi.
Le ragioni sono sempre le stesse: i T.A.R. costituirebbero un intralcio all’esercizio del potere politico ed esecutivo (ai vari livelli: statale, regionale, comunale). Uno dei terreni sui quali si concentra maggiormente questa narrazione è quella degli appalti pubblici. Secondo questa tesi, in Italia le opere pubbliche non verrebbero tempestivamente realizzate perché “bloccate” dall’intervento del giudice amministrativo.
Una narrazione priva di fondamento, dati alla mano. Infatti, dalle statistiche ufficiali (rintracciabili sul sito della Giustizia Amministrativa) solo una minuscola percentuale di appalti pubblici sfocia in un giudizio amministrativo e solo una parte di questo contenzioso si risolve con l’annullamento (o la sospensione dell’efficacia) dei provvedimenti di gara. Le cause dei ritardi dell’esecuzione delle opere pubbliche si rinvengono nella fase esecutiva.
Ma, c’è da chiedersi, cosa sarebbe successo dei duemila beagle senza il provvidenziale intervento del T.A.R. del Lazio che, con l’ordinanza n. 2817 del 25 giugno scorso, ha sospeso le autorizzazioni rilasciate ad una multinazionale farmaceutica con sede a Verona per la sperimentazione sugli animali?
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Certo, tutto è nato da un procedimento penale tuttora in corso. Ma, nel frattempo che venivano accertate, con le garanzie proprie (e i tempi) dell’ordinamento processuale penale, le responsabilità personali dei soggetti coinvolti, cosa ne sarebbe stato dei beagle?
E, si badi, il giudice amministrativo è intervenuto facendo applicazione, non di norme specifiche di qualche protocollo speciale, ma di due norme generali come l’art. 9 della Costituzione e l’art. 13 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea che tutelano il benessere degli animali in quanto esseri senzienti. E questo è l’aspetto giuridicamente più interessante, perché la decisione si fonda sulla particolare interpretazione e applicazione diretta di principi generali. Evidentemente, si è ritenuto che le concrete condizioni in cui erano detenuti gli animali e i modi con cui veniva condotta la sperimentazione sugli stessi non erano tali da assicurare le esigenze di protezione volute dalla Costituzione e dal TFUE.
Si tratta di un’ordinanza cautelare, che potrebbe essere appellata e riformata dal Consiglio di Stato, e che, comunque, varrà fino alla sentenza che sarà pronunciata dopo l’udienza del 16 dicembre di quest’anno, ma per ora i beagle sono salvi.
*Marco Palieri è avvocato amministrativista, patrocinante davanti alle magistrature superiori (Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, ecc.). Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia. Arbitro della Camera Arbitrale presso l’ANAC. Docente in master universitari in materia di appalti pubblici.