Ici "arretrata". Non c’è solo la Chiesa, coinvolto anche il non profit
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 6 novembre rischia di presentare un conto salato anche al mondo del terzo settore
No, non è solo la Chiesa italiana l’unica che potrebbe essere coinvolta nel caso dei rimborsi dell’Ici per il periodo che va dal 2006 al 2011. Ad essere interessato dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 6 novembre c’è anche il mondo del non profit. Sebbene non siano mancati articoli e commenti dedicati esclusivamente al coinvolgimento della Chiesa, la questione è ben più complessa e potrebbe riguardare tutti gli enti non commerciali, dai partiti alle associazione sportive. Non solo quelli facenti capo a organizzazioni religiose, quindi, con conseguenze difficili da immaginare e calcoli, politici e matematici, che si preannunciano come un nuovo grattacapo per l’attuale governo.
Prima di tutto, occorre specificare che la sentenza non riguarda l’attuale Imu (considerata regolare da parte della stessa Corte di giustizia dell’Ue e anche dalla Commissione europea), ma la vecchia imposta comunale sugli immobili (Ici). Imposta che dal 2012 è stata sostituita dall’Imu, appunto, ovvero l'imposta municipale unica. Per questo, il periodo in questione è quello che va fino al 2011. L’istituzione dell’Ici, tuttavia, risale al 1992, ma è con il governo Berlusconi che amplia le esenzioni finite poi sotto processo. Per questo, il periodo a cui si riferiscono gli “arretrati” parte dal 2006. La vicenda arriva alle istituzioni europee per via di alcune denunce che hanno contestato la legittimità di questa esenzione. Successivamente, il Tribunale dell’Ue e la Commissione europea nel 2012 definirono l’esenzione in questione come un aiuto di Stato, ma allo stesso tempo riconobbero l’impossibilità, da parte dello Stato Italiano, di recuperare l’Ici non versata.
Decisione nuovamente impugnata con un ricorso e finita, così, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Ue. Secondo i giudici di Lussemburgo, però, il governo italiano avrebbe potuto trovare altri modi per recuperare le vecchie imposte. E probabilmente dovrà farlo adesso. La sentenza, però, apre un nuovo fronte. La Commissione europea, per prima, dovrà prendere una nuova decisione alla luce della recente sentenza. Poi la spinosa questione arriverà a Roma. Secondo Stefano Parati, su Sussidiario.net, però, la sentenza della Corte di Lussemburgo “non è applicativa e richiede allo Stato una legge apposita”. Tuttavia, se l’Italia non dovesse recuperare l’Ici non versata, potrebbe andare incontro ad una procedura di infrazione. Prospettiva con cui dovrà fare i conti l’attuale esecutivo che in piena prova del nove, ovvero con una discussione non certo senza scossoni sulla legge di bilancio, dovrà prendere una posizione. Per Parati, l’auspicio è che non sia proprio la prossima legge di bilancio a dover mettere una pezza, perché il rischio sarebbe quello di veder inserite “pretestuosamente” delle “facili soluzioni demagogiche ad un problema che richiede tempo e attenzione”.
Da Redattore Sociale
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