Cronache
Il Cavallino rampante, il brand Ferrari, fu ispirato a un cavallo dei Borboni
Il brand Ferrari fu ispirato a cavallo dei Borboni. Il Cavallino rampante è il cavallo “persano” che i Savoia provarono ad estinguere. Era così forte che...
E' il brand più forte al mondo ed è italiano ma quasi nessuno sa che proviene dal sud Italia, dai Borboni, un simbolo che i Savoia hanno provato ad estirpare, ma paradossalmente tornato nelle mani di altri piemontesi, la famiglia Agnelli.
E' il Cavallino rampante, simbolo della Ferrari auto, che per Brand-Finance (la principale società di consulenza strategica mondiale che calcola i valori dei brand) è il più potente del pianeta, riconoscibile anche dove non ci sono strade e che per culto sfiora il religioso.
Ma il simbolo del Cavallino rampante sembra provenire da una stirpe particolare di cavalli, il “persano”, allevati in un'area agricola della provincia di Salerno tra le più grandi d'Europa, tra i fiumi Sele e Calore e le cittadine di Serre, Altavilla Silentina, Eboli e Albanella; dove si producono le mozzarelle di bufala (erroneamente dette di Battipaglia) e le insalate imbustate che finiscono sulle tavole di mezza Italia. Per vedere le similitudini tra il marchio Ferrari stilizzato e il cavallo “persano” basta osservare meglio l'equino in carne e ossa: ha una fisionomia muscolare ma asciutta, fine e sottile, il muso è allungato, infine ha il ventre che nella parte finale si fa sottile. Proprio identica al Cavallino rampante Ferrari.
Il “persano” è una razza pregiata possente e imponente, frutto della combinazione della razza “andalusa” con i cavalli del sud Italia, capace di operare su qualsiasi terreno e clima e che fu per questo utilizzata dalla cavalleria. Il “persano” poteva fungere da cavallo da combattimento come da cavallo da lavoro, rappresentando il motore di tutta l'organizzazione sociale del luogo. I Borboni li allevarono nella località di Persano, trasformandola poi in area militare. Oggi è sede della brigata bersaglieri “Garibaldi”.
Che il Cavallino rampante sia la rappresentazione stilizzata dell’antico cavallo “persano” è una scoperta dello storico giornalista locale Oreste Mottola che ne racconta l'origine, pochi giorni fa sul quotidiano locale La Città di Salerno, fino al tentativo di estinzione dei Savoia.
Enzo Ferrari nel 1923 lo adottò per la sua scuderia prendendolo da Francesco Baracca, pilota aereonautico ed eroe della prima guerra mondiale che da cavallerizzo quale era ne aveva dipinto la sagoma sul suo aereo. “Diventa 'persano' quando chiesero ad un grafico di renderlo un po’ più armonico. E quello che fece? Si ricordò delle foto del padre, un ufficiale di artiglieria che aveva prestato servizio a Persano, e si ispirò a questi esemplari nel suo lavoro”, scrive Mottola.
Il principe Alduino di Ventimiglia e lo storico Antonino Gallotta, sentiti da Mottola, concordano con l'idea che il Cavallino Ferrari sia il cavallo “persano.”
I Savoia però dopo l'unificazione vollero cancellarne l’allevamento, anche per distruggere l'organizzazione sociale del lavoro che stava dietro i Borboni. Dal 1874, insieme alle brutali persecuzione dei briganti particolarmente forti in zona, si decise che la razza doveva essere dispersa: le scuderie furono chiuse ed i puledri venduti all’asta.
Solo nel 1900 i Savoia si resero conto del grave errore commesso e ordinarono la riapertura delle scuderie e dell’allevamento del “persano” ma cambiandone nome in “Razza governativa di Persano”, con l’ausilio di “cavalli riacquistati da allevatori privati e da Vittorio Emanuele che ne aveva trattenuto per sé” degli esemplari, ricorda Mottola.
Il fato ha voluto che dopo i Savoia un'altra famiglia piemontese, gli Agnelli, abbiano acquisito il “persano” Cavallino rampante. Per il riconoscimento ufficiale delle similitudini sembra vi fossero stati rapporti proficui e sotterranei tra Sergio Marchionne e il principe Alduino di Ventimiglia che è uno degli artefici del nuovo interesse sorto tra gli amatori intorno agli allevamenti di “persano”. Ma ora, dopo la scomparsa dell'Ad italo-canadese, non sarà facile spiegare al nuovo direttore di Fca, l'inglese Michael Manley, le magnificenze del cavallo salernitano e soprattutto la controversa e dolorosa storia italiana che vi sta alle spalle.