Cronache

Impagnatiello e gli highlights dell'Inter dopo l'omicidio di Giulia

di Eleonora Perego

Parla in aula per la prima volta l'ex barman dell'Armani cafè, imputato per omicidio volontario pluriaggravato. Il ragazzo rischia l'ergastolo

Alessandro Impagnatiello, oggi per la prima volta in aula parla il fidanzato omicida di Giulia Tramontano. La diretta di Affari 

Tribunale di Milano - A un anno esatto dall'omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne uccisa a Senago dal suo fidanzato di cui aveva scoperto il tradimento, in aula a Milano, l'omicida reo confesso Alessandro Impagnatiello è stato interrogato per la prima volta. Prima di lui la testimonianza del carabiniere che guidò le indagini. Ecco la diretta di Affaritaliani.it dall'aula del tribunale di Milano. 

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Alessandro Impagnatiello, il racconto del carabiniere che guidò le indagini: le ricerche dell'imputato

L'ultimo testimone, il luogotenente dei Carabinieri presso il comando provinciale di Milano, parla delle ricerche e delle chat analizzate nel corso delle indagini preliminari, quelle di Giulia, quelle dell'imputato e quelle di altre persone.

La ricerca sull'ammoniaca: dal momento in cui Giulia rimane incinta avverte la mamma e la suocera di sentire un forte odore di ammoniaca nell'acqua comprata. E dal telefono dell'imputato emergono diverse ricerche in merito: "ammoniaca feto", "uccidere feto". Emerge anche nella chat con lo stesso Impagnatiello che Giulia manifestasse questo disagio.

La ricerca sul veleno: Giulia si confida con la mamma e con la suocera dicendo di sentire lo "stomaco secco". Questa problematica dello stomaco prosegue nel tempo, e questo lo si capisce da una ricerca di Giulia del 21 marzo "risolvere problemi di stomaco in gravidanza". In un periodo antecedente alle lamentele di Giulia l'imputato cercava "veleno topi feto", "veleno topi in gravidanza'". Le ricerche sono sempre andate a intervalli da ben prima del 14 dicembre. Il 7 gennaio Impagnatiello cerca "quanto veleno per topi necessario per uccidere una persona". Altre ricerche riguardano "veleno calore perde efficace", per capire se il veleno fosse o meno termosensibile: con riguardo a quest'ultima si può ipotizzare che il veleno sia stato sciolto in una bevanda calda. Altre ricerche sono state fatte per capire se il veleno è inodore e insapore, per capire se Giulia potesse accorgersi di tutto (17 gennaio).

La ricerca sul cloroformio è stata fatta il 5 febbraio, mentre il 5 marzo Impagnatiello ricerca "veleni mortali fatti in casa", e visualizza i "cinque veleni letali". Al 2 maggio risale l'ultima ricerca su "aborto spontaneo al settimo mese".

Durante la perquisizione in casa a Senago è stato rinvenuto in cantina: un rotolo di nastro americano grigio, lo stesso ritrovato sul cadavere di Giulia, e una bottiglia di cloroformio, con il sigillo di sicurezza aperto e privo di una quantità (le ultime ricerche, infatti, riguardano: "cloroformio sapore", "cloroformio fazzoletto"). Si è parlato poi delle modalità di acquisto della bottiglia di cloroformio, da circa 23 euro, acquistata con l'account PayPal di Impagnatiello. Il nome "Andrea Valdi" e la creazione di un account fasullo sono stati utilizzati per comprare la bottiglia. Tra il 2 e il 5 febbraio, in concomitanza con il suo ritorno a Napoli, Giulia voleva interrompere la gravidanza, ma in quel momento non era già più possibile. Quando Impagnatiello scopre che l'interruzione di gravidanza non era più possibile, iniziano le ricerche sui "veleni letali". Ma lo stesso 25 maggio cercava di convincere Giulia a non lasciarlo.

Durante la testimonianza del carabiniere è giunta in aula la famiglia Tramontano, il fratello Mario, la mamma Loredana, il papà Franco e la sorella Chiara. Impagnatiello rimane impassibile, mentre la mamma e il fratello di Giulia sono visibilmente commossi.

Alessandro Impagnatiello, il racconto del carabiniere che guidò le indagini: la ricostruzione del giorno dell'omicidio

Il 27 maggio c'è il primo contatto telefonico tra A. (l'altra donna) e Giulia. La conversazione dura circa 8 minuti, e da quella telefonata inizia uno scambio di whatsapp tra le due donne, con tanto di prova dell'esame di paternità falso. Giulia esce da casa alle 16.20, accompagnata dalla suocera, e incontra A: durante l'incontro Giulia fotografa anche il telefono di A., e la manda ad Impagnatiello. Giulia mentre torna a casa inizia furiosa a scrivere a Impagnatiello. Rientra a casa alle 19.06. Alle 19 Impagnatiello cerca "ceramica bruciata vasca da bagno", quindi prima del rientro della fidanzata. Dalle 19.06 alle 20.29 nessun messaggio di Giulia. A quel punto partono dal telefono della ragazza dei messaggi, di tenore completamente diverso e indirizzati ad A. Alle 21.29 risponde alla mamma "sì madre", il che fa capire come sia stato lo stesso Impagnatiello a mandare il messaggio.

L'ultimo messaggio di A. è alle 22.21. Il telefono di Giulia è ancora acceso, ma questo messaggio non verrà mai consegnato. Questo perché il telefono è in un posto dove non aveva capacità di scaricare il dato. Dopo questi eventi Impagnatiello scrive ad A. ma lei non vuole sentire ragioni. A. videochiama Impagnatiello tre volte. Alle 00.19 Impagnatiello si allontana e va sotto casa di A., e durante l'attesa guarda la sintesi delle partite di calcio e gli orari del tram. Alle 03.14 torna a casa, e sotto il braccio sinistro porta qualcosa all'interno di un panno, che mette nel baule dell'auto. La mattina seguente esce alle 7, deposita lo zaino marrone in auto, torna a casa e riesce con due sacchi della spazzatura. La mamma di Giulia incomincia a chiamare la figlia, ma il telefono è spento; allora Loredana chiama la suocera preoccupata, e quest'ultima dice che in casa Giulia non c'è. Da qui partono le ricerche di Giulia: il 28 maggio arriva la denuncia di scomparsa. Dal telefono di Impagnatiello si iniziano a registrare dei messaggi diretti a Giulia, fin dalla mezzanotte del 27 maggio, ma lei ovviamente non risponde. L'ultima chiamata che finge di fare a Giulia risale il 29 maggio. Il 31 maggio mattina viene convocato Impagnatiello per comprendere la vicenda.

Alessandro Impagnatiello, il racconto del carabiniere che guidò le indagini: l'occultamento del cadavere 

Si è poi tornati a parlare dell'occultamento del cadavere, e delle ricerche fatte da Impagnatiello mentre è già attenzionato dagli inquirenti: "odori che possono far infastidire i cani", "come rimuovere le macchie di sangue".
Il cadavere è stato in casa, in cantina e nel box. Successivamente, il 29 maggio e il 30 maggio ci sono delle testimonianze di tracce di sangue fuori casa e fuori dal box, oltre che di tracce di bruciato.

Alessandro Impagnatiello, il racconto del carabiniere che guidò le indagini: la scena del crimine 

Si è passati poi a esaminare la scena del crimine. È stato probabilmente utilizzato del materiale per alleviare il flusso di sangue che usciva durante l'omicidio, così come il divano risulta essere stato coperto, e il tappeto appoggiato successivamente all'omicidio.

Alessandro Impagnatiello: il primo interrogatorio

"La persona che ero allora non lo sono adesso. Io sono qui oggi per esprimere la mia più vera realtà, forte del fatto che oggi sono una persona consapevole e lucida".
Conferma quanto dichiarato la notte del 1 giugno?
Confermo quanto detto.
Ha ucciso Giulia?
Sì.
Ha occultato il cadavere?
Sì.
Quando l'ha uccisa?
La sera del 27 maggio.
Quando ha conosciuto Giulia?
Nel gennaio 2021, ero a casa dal lavoro. Ci conoscemmo via social network, senza amici in comuni. Dopo qualche settimana Giulia mi chiese di incontrarci. Da lì abbiamo iniziato a volerci; circa a inizio di marzo 2021 abbiamo iniziato la relazione. Nel novembre 2021 abbiamo iniziato a convivere, anche per un discorso economico, ma durante i mesi precedenti ci vedevamo comunque. Incontrai A. nell'estate del 2022, e Giulia iniziò a sospettare della mia relazione a Novembre 2022.
Il 27 maggio 2023 entrambe hanno avuto la certezza luna dell'altra. A fine novembre 2022 Giulia mi comunicò di essere incinta, mentre A. mi disse di essere incinta a gennaio 2023.

Quando Giulia mi disse di essere incinta iniziò un'altalena di stati d'animo: da un lato ero felice, dall'altra c'erano motivazioni personali e di coppia che lo ostacolavano... . In quel periodo pensavamo di accendere un mutuo, poi c'erano questioni legate al mio lavoro. Giulia lamentava la mia forte presenza al mio luogo di lavoro, io ero molto stimato, io potevo crescere nel mio lavoro, mi appagava. Mi preoccupava questo rispetto alla gravidanza, perché Giulia si lamentava. Io avevo cercato di venirle incontro cercando di assecondarla, ma Giulia mi contestava la mia assenza durante il weekend o durante le sere. E questo lo faceva non nei primi mesi in cui ci siamo frequentati, ma nei mesi successivi si. Io e A. lavoravamo in outlet completamente diversi, con orari non coincidenti; il nostro rapporto non è mai stato una frequentazione, non siamo mai usciti liberi: noi ci frequentavamo solo in ambito lavorativo, solo appena prima e appena dopo il lavoro.

Io a Giulia non ho mai fatto credere di essere pazza. Mi sono reso conto di aver costruito un castello di bugie nel cui io stesso sono annegato. A. fin dall'inizio sapeva della presenza di Giulia, così come tutti i miei colleghi. All'inizio A. sapeva che avevo una relazione, mentre a febbraio le dissi che si stava interrompendo anche se avevamo ancora contatti. Queste ovviamente erano bugie che dicevo ad A. Quando andai in vacanza con Giulia dissi ad A. che andavo con un amico, mentre per quanto riguarda la gravidanza dissi ad A. che non ero il padre del bambino, ma che lo era una persona a me sconosciuta, un ragazzo di Napoli. Ad A., forte della gravidanza di Giulia, per mantenere in piedi questo castello di bugie, dissi che rimanevo vicino a Giulia per esserle di supporto, e che aveva difficoltà mentali, problemi, per cui dovevo aiutarla. Mostrai ad A. il documento falso sulla gravidanza a fine aprile, dopo il viaggio a Ibiza con Giulia.

Anche dopo aver ucciso Giulia continuai ad alimentare questa mia doppia realtà, questa doppia vita. Continuavo a dire che non ero il padre di Thiago.

Ricostruisca il 27 maggio

Andai al lavoro intorno alle 10.30/11, era un sabato; quel mattino facemmo colazione insieme. Nel pomeriggio, intorno alle 14.30/15 Giulia mi chiamò dicendo che l'aveva contattata A. Giulia propose di vederci tutte e tre nel mio luogo di lavoro, quindi all'Armani Cafè. Io proposi di incontrarci il giorno dopo fuori dal lavoro, perché quello era un ambiente in cui avevo un certo responsabile, ci tenevo particolarmente alla mia immagine, alla stima dei miei colleghi sul posto di lavoro. L'essere umiliato sul mio posto di lavoro avrebbe fatto crollare la mia immagine. Si parlava anche di una mia promozione sul lavoro, e in quel momento vedermi distrutto davanti ai colleghi era qualcosa che mi faceva andare fuori di testa. Loro insistevano, ma io verso le 17.30 rientro a casa sottraendomi alla loro richiesta.

Da quel momento è una serie sconnessa di azioni. Ho fumato una canna, ho passeggiato nel parco sotto casa. Per me era tutto un trauma: dal lavoro alla mia immagine distrutta davanti alla mia famiglia e a quella di Giulia. Questa spaccatura abissale non mi permetteva di capire. Io giravo per casa, non ho spostato nulla a casa, nessun arredo come invece è stato detto.

Giulia nel frattempo mi scriveva infuriata dell'incontro con A., dei dettagli emersi settimane prima tipo il rossetto trovato sull'auto, che per come era fatto non sapevo di chi fosse. A Giulia dicevo che non sapevo di chi fosse, ma poi appunto emerse che era stata Allegra a metterlo. Più o meno alle 19 arrivò Giulia. Sapevo che era arrabbiata e voleva finire la relazione. In un clima freddo, anonimo e distaccato iniziammo a parlare brevemente senza toni accesi o altro. In quel momento non potevo trovare altre bugie, altre false verità. Cercai di esprimere la mia totale vergogna per ciò che era accaduto. Nonostante tutto Giulia era il mio futuro, la donna della mia vita. Disse che se ne sarebbe andata, che di quel bambino non avrei mai avuto notizie. Il confermarmi che la relazione era terminata, e che quel bambino non avrebbe mai avuto modo di conoscermi ha distrutto l'ultimo appiglio a cui volevo aggrapparmi per poter andare avanti con la relazione.
Andai in doccia per ripulirmi da tutte quelle certezze, la distruzione della mia relazione, della possibilità di questo bambino, del mio lavoro, più o meno erano le 19.20/19.25. Dopo la doccia cercai di mangiare, di distrarmi in qualche modo per tenermi occupato per qualche minuto, per poi lasciare spazio a Giulia in cucina. Giulia entrò in cucina e io uscii, vagando per casa per poi stabilizzarmi in sala. Giulia stava preparando qualcosa per sé quando sentii un piccolo lamento perché si era fatta male. 

Lei andò verso il cassetto dei medicinali in salotto. Gli chiesi cosa si era fatta e non mi rispose. Glielo richiesi ma lei faceva finta che non esistessi visto che per lei in quel momento ero invisibile ai suoi occhi. Mentre era abbassata con il sacchetto io ero in piedi, andai verso la cucina presi il coltello, mi misi alle spalle di Giulia in attesa che si rialzasse. Quando si rialzò per andare in cucina la colpii all'altezza del collo. Il numero di fendenti non è mai stata un'informazione a mia disposizione. L'ho saputo dopo che avevo inferto 37 coltellate. Giulia si voltò verso di me presumibilmente per tornare in cucina e nel momento in cui ci trovammo davanti... . Era frontalmente verso di me. Non ha potuto difendersi, non c'è stata occasione. Cademmo a terra. 

Dopo averla uccisa era come se io cercassi di nascondermi, e nascondere tutto ciò che si era manifestato quella sera. Avvolto da uno strato di insensata follia e di pazzia totale tentai di fare sparire letteralmente il corpo di Giulia, tentando di dare fuoco al suo corpo. Trascinai il corpo dalla sala alla vasca da bagno, utilizzando prodotti di pulizia infiammabili insieme a dell'alcol. Tentai nuovamente di dare fuoco al corpo di Giulia spostandola dal bagno al box. In mezzo a quelle azioni c'era una piccolissima parte di me che cercava aiuto, che sperava di essere visto da qualcuno. Spostai il suo corpo attraverso quattro rampe di scale. Quando Allegra chiamò io ero sul balcone a fumare. In quel momento il cadavere era nel box, e avevo già ripulito l'appartamento dalle tracce di sangue, tranne il bagno. Il divano o altre parti di arredo non sono mai state coperte. Il divano poteva anche essere stato macchiato, ma ho pulito tutto l’appartamento, divano compreso, utilizzando prodotti non invadenti. I sacchetti che invece ho portato via la domenica mattina contenevano materiale di cui mi dovevo liberare, da stracci a vestiti che indossavo quella sera.

Andrai a pranzo da mia madre in auto, in auto c'era il cadavere di Giulia. Assolutamente nessuno mi ha aiutato a uccidere o a spostare cadavere, a mia madre e a nessuno ho svelato nulla. Ho somministrato il veleno a Giulia due volte, nella prima parte di maggio, solo in due occasioni a distanza ravvicinata, non è stata una cosa duratura. Le ho messo il veleno nella bocca mentre dormiva, non per recare del danno, del male a Giulia, ma per provocare a Giulia un aborto. Una parte di me sapeva dove fosse Giulia, ma l'altra parte la cercava e non credeva a quella realtà, ero io che attendevo che il telefono squillasse per trovarla. Questa falsità dell'allontanamento volontario l’ho portata avanti per tanto tempo, non solo con gli altri, ma anche a me stesso.

E ancora non andai dai carabinieri per l'avviso di garanzia ma perché non ce la facevo più, per svuotarmi da qualcosa che mi divorava e che ancora mi divora" conclude Impagnatiello, omettendo che furono i militari a convocarlo.

Alessandro Impagnatiello: il primo interrogatorio e le bugie

Non ero in me. Il corpo di Giulia è stato portato dal salotto in bagno e dal bagno al box, dove rimase fino al 29 maggio, da cui poi lo portai in cantina. Avevo detto alla mia famiglia di non dire del box, perché li coltivavo cannabis, mio fratello mi disse quindi di sbarazzarmi delle piantine. Lui voleva scendere con me ad aiutarmi a toglierle, ma cercai di dissuaderlo. Quindi la mattina del 29 maggio eliminai le piantine e spostai il cadavere in cantina. Ho acquistato io il carrello per sbarazzarmi del corpo il 30 maggio. Avevo intenzione di utilizzarlo per spostare il corpo di Giulia, cosa però non fatta perché è impossibile spostare un cadavere su un carrellino. Ho acquistato io il carrello per sbarazzarmi del corpo il 30 maggio. Avevo intenzione di utilizzarlo per spostare il corpo di Giulia, cosa però non fatta perché è impossibile spostare un cadavere su un carrellino. Cercai di spostare in più occasioni di nuovo il corpo di Giulia dalla cantina al box ma non ci riuscii perché c’era sempre qualcosa che me lo impediva. Lo feci nella giornata del 30, appunto per metterlo in macchina. Durante quella giornata, in cui sono stato a pranzo da mia mamma, il cadavere è rimasto nel bagagliaio della macchina.

Nella notte tra il 30 e il 31 maggio, con il cadavere ormai da un giorno nel bagagliaio, decisi di spostarlo nel luogo del ritrovamento, che non era stato precedentemente individuato, era un luogo da cui passavo spesso. Preciso che nessuno mi ha aiutato a occultare il cadavere. In quei momenti era come se avessi una lotta interna. Una parte sapeva dove fosse Giulia, un’altra parte la cercava, non credeva a cosa fosse successo. Infatti chiamavo parenti e suoi amici per avere sue notizie.

Alessandro Impagnatiello: il primo interrogatorio e l'intento di far abortire Giulia

Le somministrazioni del veleno a Giulia sono state fate a uno due giorni di distanza. Le ricerche datate da dicembre erano dovute al fatto che ero sconvolto per l’arrivo di un bambino, avevo il timore che l’arrivo di quel bambino potesse farmi interrompere la relazione con Giulia, visto che già senza bambino mal tollerava i miei orari di lavoro. Quelle ricerche avevano l’esclusivo scopo di interrompere la gravidanza di Giulia, non di fare del male a lei.

Io non volevo colpire Giulia, volevo colpire il bambino. Ero in uno stato di totale annebbiamento. Dopo aver fatto quelle ricerche mi rendevo conto di essere staccato dalla realtà ed era come se mi dessi dei pizzicotti per svegliarmi. Anche quando mi ero convinto di tenere il bambino capitavano questi momenti di totale noia, come quando ero in metropolitana, e allora facevo queste ricerche. Poi a maggio ricaddi in quello stato, impaurito dall’imminente arrivo del bambino. Così in un momento di fortissima debolezza agii per la prima volta. 

Alessandro Impagnatiello: "Ho ucciso Giulia Tramontano senza un reale motivo"

Quando Giulia, era il 5 gennaio, mi svegliò dicendomi che aveva già fissato l'appuntamento per abortire, perché vedeva in me l'indecisione, la rincorsi fin nel box e le dissi che il bambino lo volevo. Da un lato perché in quel momento era così e volevo rimboccarmi le maniche, dall’altro perché non sarei riuscito a prendermi la responsabilità di accompagnarla a un aborto.

Il suo consulente, a seguito del suo colloquio, riporta che in un vostro colloquio lei dice che Giulia era una donna cattiva, fonte dei miei mali

Giulia per me era una persona che doveva essere difesa e protetta da me, avere una maggiore attenzione da me, non ho mai covato odio e rancore nei suoi confronti.

Perché ha ucciso Giulia?

È una domanda che mi sono fatto e continuerò a farmi miliardi di volte. E non avrò mai una risposta. Non c’era un motivo. Giulia era una persona che tutto il mondo meritava. Certo, c’era lo stress di vivere due vite, una sul lavoro e una vera a casa. Io e A. non stavamo insieme, la nostra era solo una relazione carnale e mentale, partendo avrebbe riportato ordine nella mia vita. Io e Giulia non ci saremmo lasciati, Giulia non sarebbe tornata dalla sua famiglia a Napoli. Lo diceva solo per mettermi paura. Il 27 mattino stavamo parlando di passeggini; c’erano momenti di rabbia, ma poi tutto si affievoliva, tant’è che appunto dopo la lite del 25 il 27 mattina parlavamo del colore del passeggino.

Durante l'udienza è stata anche letta una lettera, datata al 2022, sequestrata nel corso della perquisizione del 27 giugno: "Ciao Juliet, sono in balcone, tra poco inizierò a cucinare. Juliet, io non ti farei mai nulla, forse ora mi consideri falso, non credi alle mie parole, eppure ti ho sempre dimostrato quanto tengo a te. Purtroppo o per fortuna non si è ancora presentata l’occasione per dimostrarti che darei la vita per te. A questo punto spero ce ne sia l’occasione, almeno capiresti quanto ti amo".