Cronache

Girare i fondi russi all'Ucraina è un pericolo: investitori in fuga dall'Ue

di Antonio Amorosi

Violerebbe il principio dell’immunità dello Stato e il che farebbe dell'Europa un luogo non sicuro agli occhi degli investitori internazionali

Decisioni controverse: armi all'Ucraina con i soldi russi

La Commissione europea, spiegano fonti Ue, presenterà questa settimana una proposta su come gestire i cosiddetti fondi russi, congelati a causa della guerra in Ucraina. Si tratta d’intervenire per capire l’uso di interessi e profitti dei capitali russi, non l’utilizzo dei beni veri e propri finiti in naftalina.

Il capitale russo bloccato genera ogni giorno nuovi interessi e profitti. Ma grazie al sistema delle sanzioni imposte dall’UE, questi non vengono pagati ai proprietari russi, la crescita, in alcuni casi esponenziale, ha procurato un cumulo economico. Cosa farne? Per capire l’ordine di grandezza, solo gli Stati europei hanno congelato 260 miliardi di euro delle riserve della banca centrale russa. E parliamo ovviamente di una parzialità di beni.

In questo caso, che non è isolato, i profitti prodotti non appartengono allo Stato russo, bensì a soggetti ritenuti a tutti gli effetti privati.

A gennaio gli Stati della UE hanno preso la decisione di parcheggiare i profitti su un conto bloccato, anche perché le pressioni statunitensi, a fornire risorse all’Ucraina, sono diventate sempre più importanti: Kiev va aiutata. La strategia iniziale era quella di usare tali fondi per la ricostruzione dell’Ucraina, una volta finita la guerra, ma, ora, con la mancanza di risorse economiche e le difficoltà del bilancio UE che ha già stanziato miliardi di euro, si dovrà decidere il da farsi. Continuare la guerra richiede risorse.

Alcuni giorni fa la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in un discorso al Parlamento UE, ha sostenuto che l’utilizzo dei fondi congelati per sostenere l’esercito ucraino sarebbe un modo “giusto ed efficace” per aiutare il Paese a difendersi dall’aggressione di Mosca. Un tabù che potrebbe in queste ore essere violato. Von der Leyen: "È ora di iniziare a discutere l'utilizzo dei profitti eccezionali derivanti dai beni russi congelati per acquistare congiuntamente attrezzature militari per l'Ucraina".

Ma per gli esperti un approccio simile genererebbe problemi sia giuridici che economici, come ha ricordato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Toronto.

L’accesso a queste risorse violerebbe il principio dell’immunità dello Stato e l'Eurozona non verrebbe più intesa dagli investitori internazionali (non esiste solo l’Occidente) come un luogo sicuro e un rifugio giuridicamente difendibile. Lo stesso vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, si è espresso in termini negativi sul possibile passaggio della UE: “L’euro è la seconda valuta più importante al mondo e dobbiamo tenere conto della sua reputazione a lungo termine. Penso che ci siano altri modi per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina”.

Da indiscrezioni si apprende però che Francia, Germania e Italia veleggerebbero verso un voto favorevole alla proposta von der Leyen. Anche se all’interno delle stesse coalizioni che appoggiano il presidente vi sarebbero distinguo e difficoltà ad accettare il passo e i pericoli connessi.

La guerra intanto non vede svolte. In rete è stato più volte rilanciato l’intervento del parlamentare croato Mislav Kolakušić che eletto come Indipendente ha duramente attaccato la von der Leyen proprio sul conflitto: di non essere stata in grado di puntare sui negoziati ma di guardare principalmente alle armi, che non possono fermare la guerra e le migliaia di morti conseguenti. Kolakušić: “L’invio di armi non può fermare la guerra. Lo sappiamo tutti”.

Ma non sembra questa la strada che seguirà la UE che già da fine anno va in tutt’altra direzione. Il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ha così dichiarato al Financial Times: "È importante considerare come possiamo utilizzare i beni immobilizzati russi e i proventi di tali beni immobilizzati per sostenere l'Ucraina".