Cronache

La Cei contro il decreto sicurezza: "Serve cultura dell'integrazione"

La Chiesa attacca la riforma, integrazione "anche a prezzo di un certo tasso di popolarita"

Cei, duro attacco al decreto sicurezza: "Serve cultura dell'integrazione"

Migranti: la Cei denuncia il decreto sicurezza, serve cultura dell'integrazione. "Anche a prezzo di un certo tasso di popolarita', la Chiesa avverte la necessita' di contribuire attivamente a una cultura dell'integrazione, oltre che al superamento dell'indifferenza davanti al dramma di quanti scompaiono nel Mediterraneo o sono torturati nei campi profughi della Libia". Si legge nel comunicato finale della sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente, svoltosi a Roma. I vescovi denunciano: "Il restringimento dei filtri d'accoglienza dei richiedenti asilo, la riduzione delle risorse destinate a qualificare i servizi alla persona, lo smarrimento di tanti operatori: sono questi i principali effetti indotti dalle disposizioni del Decreto Sicurezza".

Cei, duro attacco al decreto sicurezza: "Serve cultura dell'integrazione"

La Cei "ribadisce la dignita' della persona del migrante; il dovere dell'accoglienza, a cui lo stesso Santo Padre non cessa di richiamare; il servizio generoso sostenuto da tante Diocesi, parrocchie, comunita' e famiglie. Nello specifico, molte Diocesi - a fronte della prospettiva delle dimissioni dai Centri di persone titolari di un permesso di soggiorno umanitario, ma nelle condizioni di perderlo - hanno riaffermato la volonta' di continuare a ospitarle, facendosene carico e promuovendo iniziative di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e di raccolta fondi. L'orientamento condiviso dal Consiglio Permanente e' quello di rimanere nel sistema istituzionale di accoglienza - a stretto contatto con le Prefetture - integrando i servizi con attivita' completamente autofinanziate, che permettano un corretto processo di inclusione sociale. Fra le ipotesi in campo c'e' quella di riprendere in maniera strutturale il percorso gia' sperimentato positivamente con il modello 'Protetto. Rifugiato a casa mia'".