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Cronache
“Le porcherie dei giudici” si può dire: storica vittoria della critica
giuliano ferrara

"Le porcherie dei magistrati" sono diritto di critica: clamorosa vittoria per Il Foglio in tribunale

Mai più “intoccabili”: se, evidente, lo era sul piano dell’applicazione della legge, ora lo è anche per la stampa, o meglio per la critica. L’ultimo alone di “casta” che avvolgeva i magistrati, infatti, sembra essersi dissolto grazie a una recente e storica – almeno per l’Italia – sentenza del Tribunale di Roma, lo scorso 9 gennaio. Che coinvolge direttamente Il Foglio, ma che è applicabile più o meno a quanto accaduto in Italia negli ultimi 30 anni.

La sentenza in questione, infatti, afferma "il diritto di non considerare i magistrati come delle entità intoccabili e non criticabili - sottolinea Claudio Cerasa, direttore del quotidiano - In sintesi estrema: sì, cari magistrati, care vestali del diritto, le sentenze si possono commentare". 

Tutto nasce da un articolo di Giuliano Ferrara datato 30 giugno 2020, titolato "Le porcherie rimosse contro Berlusconi", poiché in quei giorni un relatore della famosa sentenza sul processo Mediaset che portò Silvio Berlusconi a essere condannato per frode fiscale e quindi cacciato dal Senato nel 2013 per effetto della Legge Severino, ammise (al telefono con il Cav) che quel verdetto era "una porcheria". Lo stesso Ferrara, peraltro, aggiungeva: "Una manovra oscena di assoggettamento alla casta togata della volontà popolare, della rappresentanza politica e dei diritti dell’opposizione parlamentare". I magistrati che si sentivano chiamati in causa da queste critiche (Antonio Esposito e Claudio D'Isa) hanno querelato il Foglio parlando di "un brutale e volgare attacco portato violentemente" e sostenendo di essere stati accusati di "essere stati parziali, faziosi, non indipendenti nel giudicare il Dott. Berlusconi prestandosi ad un’operazione politica priva dei connotati dell’imparzialità ed indipendenza che devono caratterizzare la condotta del magistrato".

La difesa del Foglio – spiega Cerasa – allora basatasi sul diritto di critica, è stata vittoriosa: "Il tribunale ricorda, anche agli attori, che il diritto di critica si differenzia dal diritto di cronaca poiché non si concretizza nella narrazione di fatti ma nell’espressione di un’opinione - sottolinea Cerasa - 'che come tale non può pretendersi rigorosamente obbiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su una interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti'". E' un passaggio cruciale, perché porta il Tribunale a ricordare che la critica, "oltre che in forma di pacata espressione di una valutazione personale dell’autore", può esprimersi, legittimamente, "anche in forma di aperto dissenso". E questo vale – chiosa Cerasa nel pezzo – anche per quanto riguarda “il diritto di critica dei provvedimenti giudiziari e dei comportamenti dei magistrati”

Un successo per il giornalismo, e per il diritto.

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