Cronache
Mafia, il pentito Nino Pipitone svela i segreti dei delitti anni '80 e '90
L'ex capomafia pentito Nino Pipitone fa luce sulle trame più oscure della mafia anni '80 e '90
LE RIVELAZIONI DEL PENTITO DI MAFIA NINO PIPITONE
L'ex capomafia pentito fa luce sulle trame piu' oscure della violenza mafiosa. E cosi' la verita' avanza su delitti irrisolti e responsabilita'. I fermi di quattro persone, tra boss e gregari, disposti dalla Dda di Palermo ed eseguiti dai carabinieri del Nucleo investigativo, segnano un punto di svolta concreto nella decriptazione di una parte degli orrori di Cosa nostra. E' un fatto che le dichiarazioni del carinese Nino Pipitone, raccolte dai magistrati da settembre, fanno luce su tanti delitti dimenticati di fine anni '90, inizio e meta' dello scorso decennio. E cosi' tra i destinatari del provvedimento adesso ci sono i boss Antonino Di Maggio, 62 anni, e Giovan Battista Pipitone, 67 anni, nonche' l'imprenditore 67enne Salvatore Cataldo e Ferdinando 'Freddy' Gallina, 39 anni. Drammatico il caso della Fiat Uno con i corpi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto, sepolta in una voragine aperta e poi ricoperta da un escavatore: i carabinieri la stanno cercando attivamente, nelle campagne fra Carini, Torretta, Villagrazia, Capaci e Cinisi, in provincia di Palermo, con l'aiuto di speciali metal detector e di georadar. Ora, secondo gli inquirenti Giovan Battista Pipitone, Di Maggio e Salvatore Cataldo, in concorso con Gaspare Pulizzi e Vincenzo Pipitone, attirarono all'interno di un'abitazione Failla e Mazzamuto, i quali, ritenuti responsabili di un incendio, vennero uccisi il primo a colpi di accetta, il secondo con un colpo d'arma da fuoco. Gallina, in concorso con Antonino Pipitone, Pulizzi e Giovanni Cataldo, avrebbe ucciso invece Francesco Giambanco a colpi di bastone alla testa e nascosero il cadavere nel bagagliaio di un'auto poi data alle fiamme. L'ordine di uccidere Giambanco proveniva dal capomafia di Carini Giovan Battista Pipitone e dal fratello Vincenzo che ritenevano la vittima responsabile della scomparsa di Federico Davi' e di alcuni incendi nel territorio.
LA CONFESSIONE APRE LO "SCRIGNO DEGLI ORRORI"
Sono tanti i delitti di cui sta parlando il collaboratore di giustizia: fra questi l'eliminazione del boss Benedetto Spatola, detto Lino, attirato in un tranello al quale si presento' con due regali, un coniglio e una bottiglia di champagne, destinati a coloro che sarebbero diventati poi i suoi carnefici, i capimafia di Tommaso Natale Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio. Fu quest'ultimo, poi, a strangolare Spatola, che pago' cosi' - nel settembre del 2006 - la sua voglia di tornare a comandare, dopo essere stato scarcerato e avere espiato l'ennesima condanna per mafia, riportata al "maxiquater". Spatola tra l'altro non capi' di dover stare in guardia: il mese prima, il 22 agosto di dieci anni fa, era infatti scampato alla morte, perche' un commando di killer aveva ucciso al suo posto Giuseppe D'Angelo, un tranquillo - e soprattutto estraneo all'ambiente mafioso - ex barista, scambiato proprio per Spatola. Pipitone, che si autoaccusa di otto omicidi, completa, in un certo senso, quanto affermato, a partire dal 2008, dall'altro pentito di Carini, Gaspare Pulizzi: ma a suo tempo cio' che aveva sostenuto l'ex capomafia era rimasto privo di riscontro e non aveva portato a condanne nei confronti di altri mafiosi. Solo lui, Pulizzi, era stato giudicato colpevole in abbreviato. Failla e Mazzamuto vennero assassinati perche' sospettati di avere partecipato alla "lupara bianca" costata la vita a Luigi Mannino, anche lui di Carini e parente di Salvatore Lo Piccolo, ma anche per avere rubato in un supermercato "protetto" da Cosa nostra. La sparizione di Mannino e' del 19 aprile 1999 e una settimana dopo scomparvero i due presunti assassini: Failla fu strangolato, Mazzamuto ucciso con un colpo di pistola alla testa. I corpi, caricati sulla Fiat Uno, vennero "vurricati" - cosi' racconto' Pulizzi, per dire sepolti, in dialetto - con tutta l'auto. Le due vittime, prima di essere uccise, furono torturate ma respinsero le accuse di avere ucciso Mannino e rubato dove non avrebbero dovuto. I loro resti non sono stati ancora ritrovati, mentre un piede e altre parti del cadavere di Spatola e di Giovanni Bonanno, altro boss inghiottito dalla lupara bianca, ma a gennaio 2006, furono recuperati nel fondo Pottino di Villagrazia di Carini. A seppellirli era stato infatti Pulizzi: particolare non trascurabile, quando la polizia si presento' per scavare nel terreno indicato dal collaboratore, trovo' Salvatore Cataldo, impegnato a fare una buca con un piccolo escavatore: l'uomo, poi condannato, stava cercando di cancellare le prove che avrebbero potuto - cosa in effetti poi avvenuta - consacrare l'attendibilita' di Pulizzi.