Cronache

Massimo Galli dice addio alla TV, ma sarà vero? VIDEO

di Alessandro Grandi

L'infettivologo del Sacco aveva già detto molte volte di volersi allontanare dalle telecamere, ma poi ci ha ripensato

"Questa sarà la mia ultima volta in TV, quello che dovevo dire l'ho detto". Così il Prof. Massimo Galli ha annunciato la propria uscita dal circo mediatico nel corso della puntata de "L'Aria che tira" in onda oggi sul La7. Una svolta decisamente inattesa, visto che proprio grazie alle frequentissime apparizioni in tv da quando è scoppiata la pandemia il virologo dell'opedale Sacco di Milano è diventato un volto familiareper tutti gli italiani.



Chi è Massimo Galli? Il profilo di affaritaliani.it

Virologo di fama, poliglotta, presenzialista in tv grazie o a causa della pandemia, leader del movimento studentesco negli anni della contestazione, è ormai una figura che accompagna la nostra quotidianità televisiva, con le sue dichiarazioni forti - ma dette col sorriso - e con l'atteggiamento di chi ne sa più degli altri, tipico dei figli del '68.

Presenzialista, quindi, anche se a lui non piace apparire, come ha raccontato tante volte, è considerato un vero e proprio mito, tanto da avere schiere di fans che su Facebook hanno aperto una pagina a lui dedicata che ne decanta le doti e pubblica le sue performance televisive ogni qual volta entra nelle nostre case dagli schermi piatti.

Una volta disse che gli sarebbe piaciuto fare esperienze all'estero, ma l'epidemia di Aids lo bloccò in Italia. Erano i primi anni '80. Dovremmo ringraziare quell'epoca che l'ha trattenuto tra noi? Ai posteri l'ardua sentenza. Non ringraziamo di certo l'Aids, piaga drammatica che tanto dolore ha causato e continua a causare.

Amico di un altro illustre dottore, Gino Strada, con lui ha condiviso momenti di gioia, si narra di una sua presenza al matrimonio del fondatore di Emergency, e momenti politici, quelli spensierati dell'Università.

I due dottori sono quindi accomunati dalla militanza nella sinistra, quella di lotta e non di governo. Quella estrema. Quella della Hazet 36, la micidiale chiave inglese usata come mezzo di dissuasione per gli avversari politici negli anni della gioventù. Insomma la sinistra ormai preistorica, quella del comunismo.

C'è chi lo ama e pende dalle sue labbra. E c'è chi non lo ammira e prende come riferimento il suo maggiore avversario di questo momento, il Prof. Matteo Bassetti dell'ospedale San Martino di Genova, altro illustre medico, ma con idee sull'attuale situazione opposte a quelle di Galli.

Galli è sempre stato convinto che chiusure e lockdown fossero basilari per guerreggiare contro il Coronavirus. Lo ha detto, ridetto e ribadito nelle trasmissioni a cui partecipa. Dichiarazioni che giungono dall'alto della sua preparazione, ma che fanno fare gli scongiuri alla popolazione. E questo suo essere prezzemolino sottrae molto tempo alla sua attività professionale. Le sue dichiarazioni lo fanno bisticciare spesso, forse anche volentieri, con gli altri galli col camice bianco nel pollaio mediatico.

L'ultimo di una lunga serie di botta e risposta pepati c'è stato durante la trasmissione L'Aria che Tira, condotta dalla brava Myrta Merlino. Invitato a sentire le dichiarazioni dell'infettivologo genovese che velatamente aveva detto che il Prof. del Sacco di Milano lavorava più per sé che per la sua Regione, Galli ha esclamato: “No, non voglio sentirlo. Che interesse potrei avere a lavorare per me? Io sono un anziano professore che ha già fatto la carriera che voleva fare, che non ha altre aspirazioni e che è prossimo alla pensione. Non ho bisogno di inchinarmi a nessuno. Io non faccio né il nano né la ballerina per nessuno, non voglio dire che altri colleghi lo facciano”.

Spesso Galli dice di volersi prendere un periodo di stop dalla tv di qualche settimana. Lo dice. Poi però, lo ritroviamo ovunque: in Rai, a Mediaset, su La7.

Ci sono un paio di pettegolezzi che girano su di lui e che arrivano dai cortili dell'Ospedale Sacco di Milano. Il primo narra della poca o nulla presenza in reparto di Galli, forse perché è troppo impegnato in tv o nel suo ufficio a controllare carte piene di dati. Il secondo pettegolezzo racconta, invece, di una visita del viceministro Sileri che dopo una chiacchierata volle visitare i reparti ma entrambi si persero nei cortili del Sacco. Spielberg ci avrebbe fatto un film splendido e lo avrebbe titolato “Alla ricerca del reparto perduto”.