Cronache
Mattarella, autogol politico-giudiziario dei suoi familiari
Autogoal politico-giudiziario dei familiari di Sergio Mattarella, a Palermo, dove è in corso un delicato dibattimento. Potrebbe, presto, testimoniare un "pentito" di mafia, Francesco Di Carlo, che ha già dichiarato : "l’on. Bernardo Mattarella senior, padre di Sergio e Piersanti Mattarella, era affiliato alla famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo" e di tale affiliazione gli fu riferito dal capomafia della provincia di Trapani, don Nicola Buccellato.
Come era prevedibile, i legali del Capo dello Stato e dei figli di Piersanti Mattarella hanno rifiutato la conciliazione, proposta dal giudice del tribunale civile di Palermo, Enrico Catanzaro, nel processo, provocato dalla querela affibbiata ad Alfio Caruso. Secondo i Mattarella, lo scrittore, nel suo librone del 2000, "Da Cosa nasce Cosa", avrebbe diffamato la memoria di Bernardo Mattarella, attribuendogli contatti con personaggi di spicco di Cosa Nostra, in Sicilia e negli Stati Uniti.
Quale dimostrazione di buona volontà, l'avvocato Repici, che assiste Caruso, aveva anche rinunciato al risarcimento delle spese legali che, per i Mattarella, avrebbe rappresentato il marchio della sconfitta. "Loro, in realtà- ci ha detto lo scrittore-pretendevano un atto di sottomissione, del tutto fuori luogo".
Dunque, il processo continuerà. E all'orizzonte si profilano udienze, che potrebbero riaprire vecchie, dolorose, ferite, rievocando amare vicende di contiguità tra politici e mafiosi, in Sicilia.
Nell'istanza, presentata dall’avvocato Repici, viene chiesto, infatti, di mettere agli atti una serie di articoloni, con le recenti interviste del collaboratore di giustizia, don Francesco Di Carlo, ritenuto fino al 1984 il più importante trafficante internazionale di droga. Repici ha pure domandato la testimonianza in aula di Di Carlo, lo abbiamo già accennato, perché venga a confermare le innumerevoli affermazioni, nelle quali il boss "pentito" sostenne che "Bernardo Mattarella era affiliato alla famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo".
E che, "per salvare la vita del suo "caro amico" Piersanti Mattarella, poi ucciso a Palermo il 6 gennaio del 1980, lo stesso Di Carlo sarebbe piombato da Bontate e Buccellato, i quali, però, rifiutarono, per i comportamenti, assunti dallo stesso Mattarella come Governatore della Regione Sicilia".
Infine, l'avvocato di Caruso ha chiesto al giudice Catanzaro, sinora dimostratosi sereno e super-partes, di acquisire la sentenza sull’omicidio del giornalista Mauro Rostagno, in relazione a quanto scritto nella motivazione: "Di Carlo è un collaboratore completamente attendibile".
Non sarebbe opportuno che il successore di Napolitano, su questioni così delicate, come la libertà di critica su vicende, che fanno parte, ormai, della storia di Cosa Nostra e della Sicilia, rinunciasse alla richiesta di ritirare il libro, documentato, di Caruso?
Giulianone Ferrara, da ministro dei Rapporti con il Parlamento del primo governo Berlusconi, decise di rinunciare alle querele, che aveva appioppato a numerosi colleghi giornalisti.
Il Capo dello Stato faccia altrettanto e accetti la ragionevole proposta del giudice di Palermo di far pubblicare, sul sito della Longanesi, la casa editrice del volume di Caruso, una breve nota, che "neutralizzi gli effetti lesivi, derivanti dal contenuto, ritenuto diffamatorio", dai familiari dei defunti Bernardo e Piersanti Mattarella.
Pietro Mancini