Morti all'ospedale di Piombino, infermiera scarcerata. Le motivazioni
A 30 giorni dal provvedimento di scarcerazione di Fausta Bonino, il Tribunale del Riesame di Firenze dà le motivazioni
Il Tribunale del Riesame di Firenze ritiene che gli elementi indiziari che avevano portato in carcere Fausta Bonino, con l'accusa di essere l'assassina dei 13 pazienti morti per scompenso della coagulazione tra il 2014 e il 2015 nell'ospedale di Piombino, "non sono connotati da gravità, precisione e concordanza".
A 30 giorni dal provvedimento di scarcerazione arrivano le motivazione a quella decisione dei giudici. Una quindicina di pagine che smontano parte dell'indagine della procura di Livorno e dei Nas. La conclusione è che l'accusa non è abbastanza solida per giustificare una misura cautelare nei confronti dell'unica sospettata.
"Dalle intercettazioni traspare a momenti un senso di impotenza, la sensazione di accerchiamento, la rabbia per essere stata sacrificata dalle colleghe e comunque non sono in alcun modo rilevanti posto che la Bonino era consapevole di essere intercettata", si legge.
I giudici valutano singolarmente i 13 casi. La tesi è che per nessuno esiste una certezza riguardo al momento in cui sarebbe stata somministrata l'eparina, il farmaco che provoca una "scoagulazione" in grado di uccidere chi ha ferite o problemi infiammatori gravi. L'indagine, stando a queste conclusioni, è stata condotta senza raggiungere la certezza del momento in cui sarebbe stato iniettato il medicinale da parte dell'accusata. In alcuni casi, poi, si esclude che possa essere avvenuto. "Appare evidente al collegio che la complessità delle questioni scientifiche sottese richiede necessariamente l'espletamento di una consulenza tecnica che tra l'altro risulta essere già stata disposta".