Cronache
Morto Cesare Maestri: il "Ragno delle Dolomiti"
L’appellativo ‘ragno’ se lo era conquistato scalando con eleganza le pareti a strapiombo del ‘suo’ Brenta
È morto all’età di 91 anni Cesare Maestri, il 'Ragno delle Dolomiti'. La notizia del decesso è stata data dal figlio Gian che sui social ha scritto: “Questa volta Cesare ha firmato il libro di vetta della scalata sulla sua vita”. Maestri, nato il 2 ottobre del 1929 a Trento, per oltre 40 anni aveva vissuto a Madonna di Campiglio. La passione per la montagna lo ha portato a completare oltre 3.500 scalate, circa metà in solitaria.
E' stato l’ultimo alpinista dell’era dei mitici sestogradisti alla Emilio Comici e il primo climber, pioniere dell’arrampicata di pareti impossibili. Morto oggi a 91 anni, è stato un traghettatore e, quindi, un uomo discusso. Molto discusso, anche se di lui non si possono tacere le grandi imprese dolomitiche portate a termine prevalentemente in solitaria.
L’appellativo ‘ragno’ se lo era conquistato scalando con eleganza le pareti a strapiombo del ‘suo’ Brenta – il gruppo di montagne sopra Madonna di Campiglio – e ancor più per come riusciva a riscendere pareti verticali di sesto grado come nessuno prima di lui.
Ma la sua vita di eccelso arrampicatore è stata accompagnata troppo spesso da polemiche infinite che – a causa anche al suo temperamento sempre molto schietto e diretto, ma talvolta troppo ‘montanaro’ e sanguigno – hanno finito per oscurare la sua fama di grande arrampicatore.
La ‘lite’ tra Maestri e il suo contestatore Reinhold Messner, che gli contestò sempre la conquista della più difficile ed elegante vetta della Patagonia, il Cerro Torre, durò decenni. E proprio al Cerro Torre a El Chalten in Argentina – nel bene e nel male – è legata gran parte della carriera alpinistica di Cesare Maestri.
Risale al lontano 1958 il primo contatto del ‘Ragno delle Dolomiti’ con il Cerro Torre. Erano gli anni in cui gli alpinisti di grido erano impegnati in tutto il mondo in laboriose spedizioni per la ‘conquista’ – si diceva allora - delle montagne più belle.
E così, Maestri si trovò a dover sfidare e salire per la prima volta la guglia della Patagonia. Fu una tragedia. Morì il suo compagno di cordata Toni Egger.
Non vi fu una documentazione fotografica e nessuno volle credere che Maestri aveva conquistato la cima. Anche la successiva spedizione al Cerro Torre fu accompagnata dalle polemiche, in quanto Maestri avrebbe impiegato, per conquistate la parete impossibile, ben 300 chiodi a espansione, grazie a un compressore che riusciva a bucare la roccia. A rilanciare le contestazioni con veemenza fu Messner, che senz’altro era un purista della montagna.
Tuttavia, Maestri è stato un interprete della montagna dei suoi anni. L’importante era raggiungere la vetta, così come in Himalaya si usavano i respiratori dell'ossigeno, sulle pareti si ricorreva ai chiodi a espansione che consentivano l’impiego di ‘scalette’ e quant’altro. Era una montagna assai diversa da quella di oggi. Era un alpinismo che doveva trovare una sua strada. Era ‘sperimentale’, all’opposto della montagna dei nostri giorni. Il ‘Ragno delle Dolomiti’ è stato un interprete, gradissimo, dei suoi tempi e quindi non può certo essere giudicato con i parametri odierni.
Maestri è stato, comunque, un grande uomo di montagna, innamorato essenzialmente del ‘suo’ Brenta e delle Dolomiti che ha contribuito a rendere famose in tutto il mondo. Non era certo un alpinista himalayano o universale alla Bonatti o alla Messner, ma ha caratterizzato una difficile e controversa epoca di ‘passaggio’ nella storia dell’alpinismo.