Cronache

'Ndrangheta e autobomba a Vibo. La verità sulla zona dove i clan possono tutto

Antonio Amorosi

Limbadi, Vibo Valentia. Dopo l'autobomba ecco il luogo dove vivere è impossibile e c'è uno dei clan più potenti d'Europa. I cittadini onesti abbandonati...

“Non siamo a Baghdad. Noi siamo Baghdad. Abbandonati a noi stessi”, ci ripete la legale Lia Staropoli, presidente dell’Associazione ConDivisa, sicurezza e giustizia e componente del movimento Ammazzateci tutti, “nel senso che qui a Limdabi può succedere di tutto. Ieri l'autobomba, qualche giorno fa un maggiore dei carabinieri, Valerio Palmieri (a capo del Nucleo investigativo di Vibo Valentia, ndr), è stato minacciato di morte da un esponente della 'ndrangheta come se nulla fosse. Io ho chiesto il porto d'armi...”.

 

Limbadi, piccolo Comune di tremila abitanti dove si conoscono tutti, è la casa madre di uno dei clan più potenti d'Europa, i Mancuso, e sembra la metafora dell'immobilismo del Belpaese e del sud Italia, abbandonato a se stesso da decenni, tra abitanti terrorizzati, ispettori che rischiano la vita ad ogni passo e interi territori lasciati ai clan. I Mancuso sono una delle più potenti cosche d’Europa che grazie al narcotraffico e agli accordi con i clan colombiani hanno esteso le loro spirali dal Canada all'Australia ma da decenni sono anche presenti nel nord Italia, come a Bologna e in Lombardia.

 

Queste, secondo il quotidiano Il Vibonese, le parole rivolte al maggiore Valerio Palmieri da Leone Soriano (fermo di indiziato di delitto eseguito l’ 8 marzo scorso) ritenuto dagli inquirenti il vertice dell’omonima “famiglia” di Pizzinni della località Filandari (un altro gruppo): “Devi proteggere la famiglia tua, non la mia. Nonostante io non uscirò di casa vi farò vedere che ci sarà qualcuno che verrà a trovarvi. So dove abiti e ve la farò pagare. Ma secondo te il kalashnikov lo tengo a casa? Ce l'ho nei terreni e se vuoi venire, togliti la divisa e te lo faccio vedere, ma da uomo a uomo”. Poi rivolto agli altri carabinieri: "E' inutile che vi mettete i passamontagna, tanto vi conosco a tutti mentre entrate ed uscite dalle autovetture".

 

Limbadi non è solo terra di 'ndrangheta, è un territorio in cui le nuove 'ndrine sono cresciute mentre tutta l'attenzione e le forze degli inquirenti erano concentrate sulle cosche reggine. Ti senti piccolo piccolo quando passi da Limbadi, lo raccontavo nel 2016 nel libro Coop connection e non era una metafora. Terra di agrumi e immigrazione, di sudore, olio d'oliva, vino rosso e sparatorie, dove i profumi del liquore Vecchio Amaro del Capo (si produce lì) si mescolano con una natura aspra e con gente ancora più dura.

 

Alle 15 di ieri un’ordigno piazzato nel cofano della Ford Fiesta ha ucciso un uomo, Matteo Vinci di 42 anni, ex rappresentante di medicinali ed ex candidato alle ultime elezioni comunali (aveva preso 12 voti) nella lista “Limbadi libera e democratica”. Al rumore delle bombe, il palcoscenico nazionale ha riscoperto il paesino dei Mancuso ma lo farà per poche ore. Presto tutto tornerà come prima. Pochi dubbi sulla matrice dell’attentato. E non si muovono ordigni in zona senza che i clan lo sappiano. In auto anche il padre dell'uomo ucciso, un 73enne, salvatosi ma ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale di Vibo Valentia. Nel 2014 padre e figlio, senza precedenti di sorta, vennero arrestati dai carabinieri al termine di una violenta e strana rissa con i loro vicini. Dei vicini non comuni. I Mancuso. Finì in manette anche Rosaria Mancuso, assieme ai fratelli appartiene alla cosiddetta generazione degli 11, la formazione del clan che negli anni ha ereditato l'impero di famiglia. Sembra che di mezzo ci fosse un problema di vendita di terreni che i Vinci non volevano cedere.

 

“Manca una risposta della giustizia. La maggioranza della gente è onesta ma vive nel terrore”, spiega Staropoli, “ci vuole una risposta dello Stato incisiva. Non a parole. Ci vogliono ispettori, agenti, magistrati, persone che hanno voglia di fare cose speciali che in altri posti sarebbero normali perché la demarcazione tra buoni e cattivi qui non è mai così netta. I tribunali dovrebbero dare risposte subito, non dopo anni perché qui l'investigatore, il prefetto, il magistrato onesto, si trovano soli come i cittadini. I magistrati giovani che arrivano ci mettono anni prima di capire. E qui anche l'antimafia è border line se non peggio”.

 

Anche il Comune di Limbadi è stato sottoposto alla commissione d'accesso, la particolare procedura per verificare se l'ente è infiltrato dalla criminalità organizzata. La relazione della commissione è stata inviata da qualche giorno al ministero dell'Interno. Ma poco cambia. Il tema mafia in Italia è stato relegato alle parate e alla retorica di facciata. Gli inquirenti restano spesso soli e parte di giochi più grandi che si orchestrano sulle loro teste. Ma di questo passo la presenza dei clan non potrà che aumentare in potere ed egemonia. Se non si useranno nuovi mezzi e nuove energie per occuparsene il sud è più che perduto. E' spacciato.