Cronache

Omicidio Pecorelli, chiesta la riapertura del caso.Il giallo della Beretta 765

La sorella di Mino Pecorelli chiede di riaprire l'inchiesta sull'omicidio. Da Licio Gelli ad Andreotti, un giallo mai risolto

OMICIDIO PECORELLI, LA SORELLA CHIEDE LA RIAPERTURA DELL'INCHIESTA

E' uno dei più grandi misteri degli ultimi decenni. E ha fatto anche la sua comparsa nel memorabile incipit del film di Paolo Sorrentino, "Il divo", che suggeriva un legame tra la sua morte e Giulio Andreotti. Stiamo parlando dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Da Licio Gelli (risultato estraneo ai fatti) a Cosa nostra, fino ad arrivare ai petrolieri e ai falsari di Giorgio De Chirico (Antonio Chichiarelli, membro della Banda della Magliana). Le piste e le ipotesi sui mandanti dell'agguato del 1979 si sprecano. Ora il caso potrebbe essere clamorosamente riaperto. "Ho combattuto 40 anni per sapere la verità sull'omicidio di mio fratello, adesso sembra esserci un appiglio e non mi arrenderò mai per arrivare alla verità. Mi aspetto di avere giustizia", ha detto Rosita Pecorelli, sorella di Mino, che assistita dall'avvocato Valter Biscotti si è recata al Tribunale di Roma per depositare un'istanza con cui si chiede la riapertura dell'inchiesta sull'omicidio del fratello. "Mio fratello era tutto per me - ha aggiunto - oggi ci sono elementi per cui pensiamo ci sia qualcosa di nuovo che possa aiutare a raggiungere la verità". 

IL GIALLO DELLA BERETTA 765

In particolare, la sorella chiede di svolgere accertamenti balistici sulle armi che vennero sequestrate a Monza nel 1995 a un uomo legato in passato ad Avanguardia Nazionale. La donna, 84 anni chiede di indagare su quelle armi, tra cui una Beretta 765 con 4 silenziatori artigianali, sulle quali nessuno ha mai fatto un confronto con i quattro proiettili con cui venne ucciso Pecorelli in via Orazio, nel quartiere Prati e che ancora potrebbero essere nell'ufficio dei corpi di reato del tribunale di Monza. Nell'istanza in particolare si fa riferimento anche a quanto dichiarò Vincenzo Vinciguerra (ex estremista di estrema destra) nel 1992 all'allora giudice istruttore Guido Salvini: Vinciguerra  sosteneva di aver sentito in carcere un dialogo in cui due 'avanguardisti' affermavano che un detenuto, arrestato 3 anni dopo a Monza, aveva la pistola usata per uccidere Mino Pecorelli.