Cronache

Pedopornografia online, scoperta una rete di pedofili in 12 Regioni

Vendevano immagini e video pedopornografici in cambio di pagamenti su conti online, incluse sex chat e video chat dal vivo. Un minorenne ideatore del business

Pedopornografia online, scoperta una rete di pedofili in 12 Regioni

Sgominata dalla polizia postale una rete di pedofili italiani che su una nota piattaforma di messaggistica scambiavano materiale pedopornografico. Le immagini venivano realizzate anche da adolescenti e vendute online con un 'listino prezzi' per ogni prestazione richiesta. Oltre 100 investigatori del centro nazionale di protezione dei minori del servizio polizia postale di Roma e della polizia postale e delle comunicazioni di Bari e Foggia, hanno eseguito perquisizioni personali, informatiche e sequestri in 12 regioni e 17 province volte al contrasto della pedopornografia online, con il coordinamento delle Procure della Repubblica presso il Tribunale e per i Minorenni di Bari.

Vendevano online immagini e video pedopornografici

L'indagine, spiega una nota, scaturita da una segnalazione di due genitori insospettiti dall'intenso utilizzo di alcuni social network della figlia adolescente, ha portato all'emersione di un vero e proprio sistema consolidato di vendita online di immagini e video pedopornografici e pornografici autoprodotti da adolescenti e maggiorenni ed inviati in cambio di pagamenti su conti online. Gli accordi avvenivano attraverso chat private sulla scorta di un 'listino prezzi' pubblicato online che prevedeva oltre che l'invio di immagini e video gia' prodotti, anche sex chat e video chat dal vivo.

Un minorenne ideatore del business

Tra le figure perquisite, c'è anche un amico della ragazza adolescente, i cui genitori, con la loro segnalazione, hanno permesso l'avvio delle attività investigative. Il giovane, minorenne anche lui, è considerato a tutti gli effetti l'ideatore del business. In base a quanto ricostruito dagli agenti della polizia postale, utilizzando l’account della ragazza, in cambio di piccole somme di denaro, si sostituiva a lei chattando con diversi utenti, a cui prometteva l’invio di materiale a sfondo sessuale. Per le immagini o i messaggi inviati, poi si faceva pagare dei corrispettivi in denaro, differenziati per tariffe. Il punto fondamentale dell'indagine, denominata "Pay to see", sono state le perquisizioni eseguite in 12 regioni e 17 province, che hanno consentito di sequestrare un grande numero di dispositivi che contenevano materiale pedopornografico. Un centinaio di agenti hanno eseguito i decreti di perquisizione e sequestro nelle province di Bari, Foggia, Roma, Monza Brianza, Varese, Cremona, Siena, Agrigento, Palermo, Bologna, Fermo, Ascoli Piceno, Treviso, Chieti, Savona, Imperia e Torino. Dall’attività svolta è emerso un quadro preoccupante sul crescente utilizzo distorto dello strumento informatico da parte di soggetti sempre più giovani, inconsapevoli della portata delle azioni compiute. Sono in corso, da parte degli esperti della polizia Postale, analisi di tutti i supporti sequestrati per acquisire le prove informatiche e verificare il coinvolgimento di altri soggetti. Si sta anche cercando di tracciare con chiarezza la diffusione del fenomeno, che potrebbe essere anche più largo di come apparso in questa prima fase di indagine.

In chat anche il tariffario delle prestazioni

All'interno del cellulare del minorenne è stata trovata una sorta di listino prezzi per prestazioni di carattere sessuale on line, con tariffe differenziate a seconda delle richieste. Scioccanti alcune delle diciture trovate: “Videochiamata 45 min, omaggio 10 foto 1 video e 3 dediche = 40€”; “Videochiamata 1 ora e mezza (se si vuole anche in vari orari) = 50€”; “Sexchat 45 minuti in cui faccio da schiava = 30€”; “10 foto dei piedini. Omaggio audio in cui dico porcate =10 €”; “10 foto a scelta + video masturbazione. Omaggio audio in cui dico porcate = 20€”. L’attività degli agenti ha permesso di identificare gli utenti che avevano pagato per le prestazioni richieste: i pagamenti tracciati sono stati la prova che ha portato l'Autorità giudiziaria ad emettere 21 decreti.