Cronache

Migranti, le Camere Penali su Affari: "Apostolico? Ha superato il limite"

di Eleonora Perego

Intervista a Francesco Petrelli, neopresidente dell'Unione Camere Penali: "Ormai un giudice è bravo solo se si allinea al pubblico ministero"

"La giudice Apostolico si è delegittimata"

Ha sempre evitato il presenzialismo mediatico il neo presidente dell’Unione Camere Penali Francesco Petrelli, eletto domenica all’esito del Congresso Ordinario di Firenze.

Un dato non da poco, soprattutto se si pensa che il nome dell’avvocato del foro capitolino classe 1957 è legato a noti processi come quello per l’uccisione di Marta Russo (quando difendeva Giovanni Scattone), quello per la morte di Stefano Cucchi, durante il quale ha assistito il carabiniere Francesco Tedesco, e da ultimo anche quello per la morte del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, nel quale difende uno dei due americani.

A contraddistinguere il successore di Gian Domenico Caiazza rigore e un estremo garantismo, che lo hanno portato a ricoprire prima la carica di Vice-Presidente della Camera Penale di Roma, e poi il ruolo di Segretario nazionale dell’Unione Camere Penali Italiane con delega di Giunta alla Formazione, facendo anche parte di una delle Commissioni istituite dall’ex Ministra Marta Cartabia per la riforma del processo penale.

Affaritaliani.it lo ha interpellato per fare il punto sui temi caldi della giustizia, sul rapporto da sempre controverso tra avvocatura e magistratura e sul caso Apostolico, la giudice finita nella bufera dopo aver disapplicato il decreto Cutro sui migranti.

Avvocato Petrelli, Lei ha sempre mantenuto un basso profilo a livello pubblico. Che cosa pensa della partecipazione della giudice Apostolico alle manifestazioni anti-Salvini? 

Bisogna distinguere il piano della correttezza del provvedimento da quello della sua legittimazione. Sotto il primo aspetto vi sono gli strumenti già adottati dal Governo e che riguardano il profilo tecnico. Ma questo non basta: un provvedimento (in un senso o nell’altro) deve essere anche legittimato, visto come tale secondo le aspettative della collettività. Deve essere, cioè, percepito dalla collettività come un provvedimento emanato da un giudice che ha tra le sue qualità l’imparzialità e la terzietà. La legittimazione del magistrato stesso deve derivare in gran parte dalla sua immagine di imparzialità.

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In questo caso, però, dai video che circolano emerge chiaramente un atteggiamento non imparziale della giudice…

Non si può impedire o regolamentare il libero pensiero e la partecipazione dei magistrati alla vita sociale, ma anche in questo caso doveva esserci un punto di equilibrio. Tutto deve essere parametrato al genere di processi che si trattano, e centrali sono lo stile e i modi in cui si partecipa alla vita della collettività stessa.

Ho capito che non si vuole sbottonare troppo. Però, sempre sotto il profilo dell’esposizione mediatica Lei e altri avvocati non avete apprezzato la nomina di Gratteri a Napoli. In un Suo commento si legge: “Non seguite Gratteri, si è perso anche lui”…

Le critiche si rivolgevano alle ipotesi di riforma che Gratteri ha sempre portato avanti nella sua commissione ministeriale. Mi riferisco soprattutto al processo a distanza, la limitazione all’istituto dell’appello… una serie di riforme che andavano ad incidere sulle garanzie del giusto processo. Certamente non possiamo sindacare sulla nomina di Gratteri a procuratore capo di Napoli. Il dottor Gratteri ha dimostrato però uno stile nella gestione delle indagini (parlo di processi cumulativi, grandi lanci mediatici…), e un uso per noi distorto di quelle che dovrebbero essere le modalità con le quali si gestiscono i processi penali, che non sono macchine che contrastano i fenomeni criminosi.

Abbiamo sempre avuto posizioni differenti, anche se gli auguriamo buon lavoro a Napoli.

Parlando dell’Unione Camere Penali, quali saranno le priorità su cui concentrarsi ora che Lei è alla presidenza?

I fronti di intervento saranno molteplici, e riguarderanno soprattutto le riforme del Codice di Procedura Penale. Abbiamo già in passato fortemente criticato alcuni aspetti della riforma Cartabia sotto il profilo processuale, particolarmente lesivi del diritto di difesa, come quelli relative alle impugnazioni. La precedente Giunta aveva presentato al ministro una serie di proposte di intervento immediato che ponessero riparo dalle lesioni della riforma.

Dall’allora ministro non sono giunte risposte, nonostante gli impegni. Per cui è nostra intenzione riprendere il più presto possibile il dialogo con il governo.

Anche sull’attuale ministro Nordio, però, vi siete espressi criticamente, così come sugli ultimi Decreti Legge

Faccio un solo esempio, il D.L. “Caivano”, con il quale si sono introdotte nuove discutibili fattispecie di reato per il contrasto dell’abbandono scolastico, e operati nuovi aumenti di pena in materia di stupefacenti al fine di consentire cautele anche per le ipotesi lievi. Si è trattato dell’ennesimo caso di intervento che ha fatto seguito a un singolo caso di cronaca, secondo il copione della legislazione compulsiva reiterato nel tempo da tutti i governi. Del resto ormai, a prescindere dal colore politico, è invalso l’uso di utilizzare il diritto penale e l’innalzamento spropositato delle pene come uno strumento comunicativo, un messaggio lanciato alla collettività col semplice fine di rassicurare. In realtà questo è un sintomo di impotenza, e di incapacità di governare i fenomeni criminosi e le devianze. Non credo sia corretto andare avanti con blitz ripetuti e con questo genere di norme vessillo che non possono incidere in alcun modo sulla realtà dei fenomeni criminosi, soprattutto quelli legati al degrado sociale.

Che cosa pensa della discussa separazione delle carriere?

La riforma costituzionale della separazione delle carriere realizzerebbe un principio già scritto nella Costituzione, ossia quello dell’imparzialità e della terzietà, aspetto quest’ultimo che riguarda anche il rapporto ordinamentale tra pubblici ministeri e giudici. È fondamentale intervenire anche e soprattutto perché questa terzietà di fatto non si è mai realizzata: esistono dei condizionamenti interni (ne abbiamo avuto rappresentazione plastica nelle vicende Palamara) che hanno dimostrato come questa modalità di gestione delle carriere finiscono inevitabilmente per riversarsi nei rapporti tra giudici e pm.

Non solo, un’altra questione da affrontare sarà quella dei magistrati fuori ruolo: in Italia esiste un fenomeno peculiare, per cui all’interno dei ministeri, anche quello della Giustizia, siedono magistrati nell’ufficio legislativo. Questa è un’evidente anomalia, perché il potere giudiziario va a sedere all’interno del potere esecutivo, con una sovrapposizione francamente inammissibile. Soprattutto in una democrazia che si basa sulla separazione dei poteri.

E cosa mi dice dello “scontro” che sembra delinearsi tra giudici e pubblici ministeri, soprattutto nel caso di assoluzioni clamorose?

La questione riguarda sicuramente una distorsione che nel tempo si è andata determinando nella giustizia. L’asse del processo si è progressivamente spostato verso la fase delle indagini… Per cui la collettività si è abituata a vedere nel pm il solo portatore della verità processuale. Di conseguenza suscitano scandalo le decisioni contrarie dei tribunali (ad esempio quella sulla cosiddetta trattativa Stato – mafia). Ma questo è un danno gravissimo per l’economia del processo, che dovrebbe essere completamente ribaltata. È la figura del giudice che deve essere centrale, mentre oggi il “bravo giudice” è tale solo se asseconda il pm.