Cronache

Regeni: 007 egiziani, spunta il dossier: "Foto e incontri dal suo arrivo"

Gli inquirenti egiziani hanno preparato un dossier "completo" sul caso della morte dell'italiano Giulio Regeni contenente tutti i suoi spostamenti e gli incontri tenuti prima della sua scomparsa. Fonti della sicurezza egiziana citate dal quotidiano "al Akhbar", sostengono che il ministero dell'Interno avrebbe preparato un dossier completo sullo senario nel quale e' avvenuto il delitto del giovane italiano.

Nel rapporto che una delegazione della sicurezza egiziana "consegnera' il 5 aprile al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ci sono anche i risultati di indagini compiute dagli inquirenti egiziani sugli incontri del giovane ricercatore con ambulanti e sindacalisti al Cairo", si legge su "al Akhbar". Il giornale egiziano sottolinea come il rapporto contenga "molti documenti e informazioni importanti" tra cui "foto" e "tutte le indagini su Regeni dal suo arrivo al Cairo fino alla sua scomparsa", oltre ai suoi incontri con i lavoratori e i responsabili di alcuni sindacati sui quali conduceva ricerche e studi".

Nel dossier vi sarebbero anche le dichiarazioni dettagliate degli amici, dei testimoni e e gli ultimi spostamenti di Regeni al Cairo, oltre alle dichiarazioni dei suoi vicini di casa. La documentazione conterrebbe anche dettagli sull'uccisione dei membri della banda che aveva con se i documenti di Regeni.

Il procuratore generale egiziano Nabil Saddeq ha ordinato mercoledi' scorso, 30 marzo, la creazione di una nuova squadra di ispettori per completare le indagini sull'omicidio del ricercatore italiano. Saddeq ha spiegato che la decisione di nominare una nuova squadra di inquirenti e' dovuta alla complessita' delle indagini che riguardano piu' aree geografiche del paese. La scorsa settimana, infatti, gli effetti personali di Regeni sono stati trovati in un appartamento appartenente alla sorella di Tarek Saad Abdel Fatah, presunto capo di una banda criminale specializzate nelle rapine agli stranieri, nel distretto di Shobra al Khaima, nel governatorato di Qalyubia. Il sospetto criminale, originario di Sharqia, e' stato ucciso dalle forze di sicurezza egiziane insieme ad altre quattro persone la mattina dello scorso giovedi' 24 marzo.

Secondo la polizia egiziana, i cinque avrebbero sequestrato e ucciso Regeni. La versione della polizia di Shobra al Khaima, tuttavia, e' stata accolta con cautela dal ministero dell'Interno e dalla procura di Giza. La ricostruzione degli agenti egiziani non sembra inoltre trovare riscontri da parte degli inquirenti italiani che seguono il caso. Secondo quanto dichiarato ad "Agenzia Nova" martedi' scorso, 29 marzo, dal capitano di polizia Mohamed Refaat, la stessa banda criminale sarebbe responsabile di una rapina ad un altro italiano, le cui iniziali sono D.C., avvenuta il 15 febbraio. "Usavano falsi distintivi per fermare le persone in strada ed estorcere loro denaro. "Hanno fermato D.C. fingendosi membri della sicurezza specializzati in denaro pubblico e lo hanno trascinato a bordo di un microbus (lo stesso dove sono stati uccisi lo scorso giovedi' 22 marzo). Gli hanno rubato 10 mila dollari minacciandolo con le armi", ha detto Refaat.

"Una volta individuate, le vittime venivano percosse per consegnare carte di credito, bancomat e password", ha spiegato ancora il capitano. Tarek Saad Abdel Fatah e altre quattro persone, tra cui il figlio di quest'ultimo, sono stati uccisi dalle forze di sicurezza egiziane la mattina dello scorso giovedi' 24 marzo. Il ministero dell'Interno egiziano ha frenato sull'eventuale coinvolgimento diretto dei criminali uccisi e l'omicidio del giovane ricercatore italiano. Il portavoce del ministero Abu Bakr Abdul Karim ha precisato nei giorni scorsi che il ritrovamento della borsa non implica un coinvolgimento del gruppo nell'assassinio di Giulio Regeni. La moglie e la sorella di Tarek Saad Abdel Fatah hanno confermato che la borsa apparteneva al loro congiunto, ma hanno spiegato di non essere al corrente del suo contenuto. Non solo: secondo le due donne, inoltre, Tarek non sarebbe legato all'omicidio di Regeni. Nell'interrogatorio, infatti, la moglie di Tarek avrebbe affermato che il marito sarebbe entrato in possesso della borsa rossa, con all'interno alcuni effetti di Regeni, solo da cinque giorni e che la borsa sarebbe appartenuta a un suo amico.