Cronache

Rientro a scuola, è caos: mancano insegnanti, educatori e interventi sul Covid

Di Lorenzo Zacchetti

L'anno inizierà con un esercito di supplenti: un problema soprattutto per i più fragili, che hanno bisogno di insegnanti di sostegno e di educatori

Il ritorno in classe si presenta traumatico: un problema in più per le famiglie, già stressate dalla crisi

 

Gli italiani lo sanno: il rientro dalle vacanze si presenta piuttosto traumatico, con il combinato disposto tra crisi energetica ed inflazione, che metterà in crisi molte famiglie. La prospettiva di un “autunno caldo” come quelli degli anni '70 è tutt'altro che remota. Ad aggravare il quadro, sette milioni e mezzo di famiglie dovranno fare i conti con il rientro a scuola dei propri figli che, anche quest'anno, sarà una sorta di via crucis. Il problema di fondo è sempre lo stesso: mancano gli insegnanti, nonostante la diminuzione degli studenti (il calo è di 100.000 unità, soprattutto per via del calo demografico), il ritorno in classe dei professori No Vax (circa 4.000), le 60.000 nuove assunzioni effettuate nel 2021, con sette concorsi e un investimento di 20 miliardi.

Eppure la scuola continua a vivere nel suo caos endemico, provocato specialmente dalle disparità territoriali. Le lezioni inizieranno con non meno di 150.000 supplenti, alla faccia della continuità educativa, soprattutto chi più ne ha bisogno: due terzi dei provvisori saranno impegnati come insegnanti di sostegno. E questi ragazzi fragili hanno anche una diagnosi di disabilità (quelle motorie, attentive e comportamentali ormai spuntano come i funghi), a loro serve anche un educatore dedicato.

Qui il problema (che abbiamo già trattato in QUESTO ARTICOLO) si ingrossa, come spiega A., che svolge questa professione a Milano: “Non mi è mai capitato di iniziare a lavorare a metà settembre, insieme all'inizio delle lezioni. A parte il problema che questo causa a noi, questo significa che i ragazzi rimangono scoperti fino a ottobre/novembre, quando vengono assegnate le ore di intervento. In genere non tutte insieme, ma poco alla volta, rendendo così ancora più difficile la ripresa della didattica dopo tre mesi di pausa”.

Un copione che si ripete, immutabile, ogni anno in questo periodo, nella più totale indifferenza della politica. Solo che quest'anno ci sono le elezioni e in effetti si è parlato di benefici per gli insegnanti: cosa giustissima, ma speriamo che non resti lettera morta come gli interventi sul patrimonio edilizio scolastico per fronteggiare meglio il Covid.

Già, perché se entriamo in queste dolenti note vediamo che anche su questo siamo fermi al febbraio del 2020, con la sola differenza che è stato eliminato l'obbligo delle mascherine. Molto si è detto e poco si è fatto (l'unica che almeno ci ha provato, Lucia Azzolina, è stata travolta da un'ironia francamente fuori luogo). E quindi si riparte come se nulla fosse successo e, considerando anche che oltre la metà degli studenti tra 5 e gli 11 anni non è vaccinato, la filosofia è sempre quella del libro, poi diventato anche un film, sulle scuole sgarruppate: io speriamo che me la cavo.

 

PS: a proposito di politica e di elezioni, recentemente si è anche sottolineata l'importanza di conquistre il voto dei giovani. Bene, ma forse potrebbe essere utile dimostrare un po' più di interesse per i problemi dei giovani, a partire dalla scuola. Non occuparsene e poi mandare allo sbaraglio qualche ragazzino in lista è una tipica soluzione all'italiana...