Cronache
Saman Abbas, il fidanzato si costituisce parte civile nel processo
I genitori della 18enne uccisa non saranno alla sbarra: la madre è introvabile, il padre è ancora in Pakistan, la sua estradizione non è ancora stata eseguita
Saman Abbas, l'udienza per l'estradizione del padre si terrà il 14 aprile. Il suo fidanzato si è dichiarato parte civile al processo in Italia
Il processo per l’omicidio di Saman Abbas si apre il 10 febbraio e vede il fidanzato parte civile. Gli imputati sono 5, tutti familiari della vittima, ma solo 3 saranno alla sbarra: ci si chiede se il Pakistan stia proteggendo i genitori della vittima. Si svolgerà in Pakistan il 14 aprile la prossima udienza di estradizione per Shabbar Abbas, il padre di Saman, la 18enne trovata morta in un casolare di campagna a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, e che si ritiene sia stata uccisa dai familiari la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021.
L'udienza di estradizione riguarda la consegna, da parte di uno stato a un altro stato legati da un preciso accordo internazionale (in questo caso dal Pakistan all'Italia) di un individuo che si trovi nel territorio del primo e contro il quale sia stata intentata nel secondo un'azione penale o pronunciata una condanna. Per l'appunto, nel procedimento di oggi in Pakistan si è dibattuto sulla documentazione inviata dall'Italia. In Italia, invece, si aprirà venerdì il processo sulla morte della ragazza con 5 imputati, di cui solo tre saranno presenti in aula: lo zio Danish e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq.
Mancheranno quindi il padre, la cui estradizione non è ancora stata eseguita, e la madre, tuttora irreperibile. La continua diluizione dei tempi che separano Shabbar Abbas dalla decisione del giudice di Islamabad sulla sua eventuale estradizione è una situazione davanti alla quale occorrono maggiori sforzi diplomatici da parte dell’Italia: "I dieci rinvii d’udienza per la decisione sull’estradizione sono scandalosi. Ho letto parole inaccettabili da parte della difesa di Shabbar che mette in discussione la nostra magistratura", ha detto il legale Claudio Falleti. Nelle sue parole anche un appello all’attuale ministro degli Esteri, Antonio Tajani: "Nel 2021 disse che la vicenda non può lasciare indifferenti. Ora che è al Governo, agisca e convochi l’ambasciatore pakistano".
Il fidanzato di Saman, Saqib Ayub, ha annunciato tramite il suo avvocato Claudio Falleti che si costituirà parte civile nel processo, con l'obiettivo di istituire una "Fondazione Saman" per tutelare le vittime di matrimoni forzati. Ma non si presenterà in aula. "Andrò solo io, lui non vuole trovarsi davanti quei mostri", ha precisato l’avvocato.
Secondo quanto si apprende da Ansa, il giovane, che prima abitava in provincia di Frosinone, ora vive in Piemonte, ospitato dal suo stesso avvocato. "Non l'ho mai considerato un mio cliente, ma come un secondo figlio. La sua storia mi ha colpito e mi sono subito offerto di aiutarlo, sia dal punto di vista legale sia nella vita. Così io e la mia compagna lo abbiamo preso sotto la nostra ala protettiva e l'abbiamo tenuto a casa con noi per un periodo. Da qualche mese ha ottenuto il permesso di soggiorno e ha trovato lavoro come chef in un ristorante. Vive in un appartamento in Piemonte, ma viene spesso a trovarci. Ha passato anche il Natale da noi", ha raccontato Falleti.
Alla famiglia Abbas, che aveva promesso in sposa la figlia Saman a un cugino in patria, Saqib non era mai piaciuto. Alle nozze combinate Saman si era opposta e, nel 2020, aveva denunciato tutto ai servizi sociali che l'avevano collocata in una struttura protetta.
In questo periodo aveva conosciuto Saqib, col quale si era fidanzata. Nonostante la famiglia avesse minacciato più volte il ragazzo e i suoi genitori in Pakistan, Saman voleva sposarlo e, nella primavera del 2021, è tornata a casa proprio per prendere i documenti e continuare la sua vita con Saqib. Ma, complice anche la foto di un bacio fra i due nelle vie di Bologna, pubblicata su TikTok, il padre - secondo l'accusa - avrebbe deciso di uccidere la figlia perché aveva disonorato la famiglia.